Le cicatrici tra i miei denti: la poesia in lotta vista da Gianluca Costantini
Gianluca Costantini è uno dei più stimati graphic journalist italiani. Politicamente impegnato e in prima linea nelle battaglie in difesa dei diritti umani, Costantini si è sempre distinto per i suoi disegni e il suo tratto semplice.
A novembre ha pubblicato, con la casa editrice riminese NdA Press, il libro dal titolo Le cicatrici tra i miei denti, in cui si uniscono alla perfezione il disegno e la poesia.
Si tratta più propriamente di un’antologia, la cui introduzione è affidata al poeta Lello Voce, che contiene 61 ritratti di poeti e scrittori conosciuti e meno, accompagnati dai loro versi o frasi più celebri. Si va da Hikmet a Majakovskij, poi Che Guevara, Zanzotto, fino al recente premio Nobel Bob Dylan. Volti che hanno rappresentato molto nella nostra cultura e società, volti che hanno fatto la rivoluzione, che hanno denunciato, volti che hanno lottato con la loro unica arma: la scrittura. C’è Alda Merini che omaggia la donna, rea e ripudiata perfino da Dio, Pasolini che tiene in mano “Le ceneri di Gramsci” e nel suo silenzio dice tutto, Rimbaud ribelle e passionale, Ginsberg quasi nudo che esprime tutta la libertà degli anni della Beat Generation e tanti altri ancora.
Un album da sfogliare che ci aiuterà ad andare oltre, a non fermarsi mai alle prime impressioni e a riscoprire come la poesia sia alla base di ogni lotta contro i muri dell’indifferenza e vuole oggi scuotere le coscienze.
Abbiamo fatto alcune domande all’autore il quale ci ha gentilmente risposto.
Ci racconti un po’ com’è nata l’antologia.
L’antologia è nata dalla mia passione per il poeta turco Nazim Hikmet, per il suo essere poeta ma anche per uomo politicamente e idealmente attivo nel suo tempo. Nazim è stato definito “rivoluzionario romantico”, da qui è partito il bisogno di realizzare una serie di ritratti di poeti di lotta. Il primo ritratto è stato proprio quello di Hikmet.
“Le cicatrici tra i miei denti”, perché questo titolo?
Il titolo è un omaggio all’omonima poesia di Amal Kassir poetessa siriana-americana. Le parole poetiche sono rimaste incastrate tra i miei denti e hanno costruito la struttura del mio pensiero, proprio come cicatrici non se ne sono più andate.
Secondo quale criterio ha scelto i poeti e i versi?
L’obiettivo era quello di creare un discorso unico, come se il poeta fosse un’unica identità. La sequenza diventa un flusso. La scelta è data dalle mie passioni e da incontri casuali. Non era una strada dritta, ma un’autostrada con varie uscite possibili. È stato un bel viaggio nella parola.
Le parole circondano e quasi ruotano attorno ai volti dei poeti, sembra come se ne facciano parte. Come mai questa scelta?
Spesso guardando la foto da cui sono tratti i disegni le parole mi si attaccavano addosso, come se il segno e la parola fossero la stessa traccia. Non è stato difficile trovare le parole giuste. È una sorta di calligrafia che non fa differenza tra il segno del disegno con quello della parola.
Parla di poesia in lotta, ma come essa può esserlo secondo lei?
La poesia è alla base di ogni lotta, le parole servono e aiutano in questo. Le persone che ho disegnato non erano solo poeti ma poeti in mezzo alla gente, camminavano nelle piazze, non tutti ma quasi.
Io credo che in questo periodo storico, di ingiustizie e guerre, ci sia bisogno di tornare alla poesia “viva”.
Ha disegnato, tra gli altri, Ginsberg, Rimbaud e Pasolini poeti ribelli e attivi nella loro società. Attivista e politicamente impegnato lo è anche lei, ma a quale poeta assomiglia? O quale sente più vicino?
William Blake, il suo modo di essere nel mondo e contemporaneamente in un altro, quello più spirituale, fa sopportare l’assurdità di questa vita. L’arte e la vita sono indivisibili.
Ecco altri disegni e altri volti:
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