Inediti di Domenico D’Addabbo | L’Altrove
Era sempre il ciliegio
che apriva le sue gemme
tra le nostre ginocchia
sbucciate nei rovi
del poco tempo vissuto
e quando i frutti rosseggiavano
era sempre il ciliegio
ad accoglierci nell’estate
sulla porta coi profumi
della sua corteccia
Oggi so che quelle sue radici
sono il mio profumo
i miei gesti presenti
che quei suoi rami
abbracciano ancora
i miei paesaggi
in un fiorire di versi
nel rosseggiare dei miei frutti.
Ci sono lune rossastre dietro ai comignoli o è solo il
[violaceo albeggiare dei ricordi nelle sue corrispondenze?
Sembra quasi ogni tempo lo stesso tempo incagliato nel
[ripetere i paesaggi e nel chiudere gli stessi occhi
Sui tetti e nei terrazzi la stessa umidità gareggia contro
[tutto per restare ma seccherà tra luce ed ombra
nell’attesa delle piogge
Il mare mangia le sue rocce sotto i piedi ma i riflessi nei
[nostri occhi non danno ancora nuovi monti e ponti e valli
Appollaiati su tronchi di salsedine si stendono panni a
[seccare per le stagioni passate e si sentenzia il fastoso
tramonto tra poche menzogne a pochi spiccioli
Questi venti portano scialli fasulli nelle nebbie recondite di
[questa storia di monete strazianti e membra
strappate
Portati sulla scena del crimine sorseggiano caffè caldo in
[cambio di un’umanità dimezzata ma così non rimarrà
alcuno per narrare lo splendore delle nostre macerie.
Ho spalmato
gomma arabica
sui mattoni
e tra le fughe
ho setacciato le voci
seduto in pizzo
sotto un cielo
disfatto e suicida
ci sono spazi
di silenzio imposti
tra le guaine del giudizio
dove i sogni scorrono
e abitano
coi propri abiti
albergano tra le proprie ombre
già svestite
lì ho visto una torre
di lingue intrecciarsi
senza neanche una parola
in un’unica Babele di corpi
ben riuscita
e gli dei non c’entrano nulla
ognuno l’incastro perfetto
di tutto il resto
in un spazio
continuo e sconfinato
tutto da costruire
Abbiamo saputo
aprire la dispensa
delle verità divine
ed era lo sportello
sbagliato
abbiamo saputo rubare
ben poco
e solo il peggio
era l’anta
dei divini scarti
ma tutto il resto è ancora qui
nei nostri sguardi
come lontane essenze
per un viaggio
senza più ritorno
L’AUTORE
Domenico D’Addabbo è nato n 1974 a Turi, (BA) ed è laureato in Etnologia.
Durante questi anni, intervalla gli studi all’attività teatrale con diverse compagnie; l’impegno sociale e politico.
Ha partecipato a diversi concorsi letterari riuscendo, in qualche caso, ad arrivare tra i finalisti: diverse poesie sono pubblicate nelle antologie dei premi.
Nel 2012 è tra i fondatori del gruppo teatrale “nontantoprecisi”, con cui tutt’oggi lavora producendo spettacoli e laboratori aperti in diverse parti d’Italia. Nel 2013 vince il concorso Premio Letteratura Italiana della Laura Capone Editore con tre poesie, poi pubblicate dalla stessa casa editrice nel volume “Il volo del poetare”. Nel 2021 è protagonista nel film “I morti rimangono con la bocca aperta”, del regista Fabrizio Ferraro, che nel 2022 partecipa in concorso alla Festa del Cinema di Roma e tra il 2023 e il 2024 partecipa in diversi festival europei. Nel novembre 2024 si classifica secondo nel Premio Letterario Internazionale “Gaetano Cingari” con la raccolta “Geometrie asincrone”.