Riscoprire i poeti

Le poesie più belle di Wystan Hugh Auden | L’Altrove

Blues in memoria

Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforte, e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.

Incrocino aeroplani lamentosi lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui È Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.

Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l’amore fosse eterno: e avevo torto.

Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.


La verità vi prego sull’amore

Dicono alcuni che amore è un bambino
e alcuni che è un uccello,
alcuni che manda avanti il mondo
e alcuni che è un’assurdità
e quando ho domandato al mio vicino,
che aveva tutta l’aria di sapere,
sua moglie si è seccata e ha detto che
non era il caso, no.

Assomiglia a una coppia di pigiami
o al salame dove non c’è da bere?
Per l’odore può ricordare i lama
o avrà un profumo consolante?
È pungente a toccarlo, come un prugno
o è lieve come morbido piumino?
È tagliente o ben liscio lungo gli orli?
La verità, vi prego, sull’amore.

I manuali di storia ce ne parlano
in qualche noticina misteriosa,
ma è un argomento assai comune
a bordo delle navi da crociera;
ho trovato che vi si accenna nelle
cronache dei suicidi
e l’ho visto persino scribacchiato
sul retro degli orari ferroviari.

Ha il latrato di un alsaziano a dieta
o il bum-bum di una banda militare?
Si può farne una buona imitazione
su una sega o uno Steinway da concerto?
Quando canta alle feste è un finimondo?
Apprezzerà soltanto roba classica?
Smetterà se si vuole un po’ di pace?
La verità, vi prego, sull’amore.

Sono andato a guardare nel bersò
lì non c’era mai stato;
ho esportato il Tamigi a Maidenhead,
e poi l’aria balsamica di Brighton.
Non so che cosa mi cantasse il merlo,
o che cosa dicesse il tulipano,
ma non era nascosto nel pollaio
e non era nemmeno sotto il letto.

Sa fare delle smorfie straordinarie?
Sull’altalena soffre di vertigini?
Passerà tutto il suo tempo alle corse
o strimpellando corde sbrindellate?
Avrà idee personali sul denaro?
È un buon patriota o mica tanto?
Ne racconta di allegre, anche se spinte?
La verità, vi prego, sull’amore.

Quando viene, verrà senza avvisare,
proprio mentre sto frugando il naso?
Busserà la mattina alla mia porta
o là sul bus mi pesterà un piede?
Accadrà come quando cambia il tempo?
Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
Darà una svolta a tutta la mia vita?
La verità, vi prego, sull’amore.


Ninnananna

Posa il capo assopito, amore mio,
umano sul mio braccio senza fede;
tempo e febbri avvampano e cancellano
ogni bellezza individuale, via
dai bambini pensosi, e poi la tomba
attesta che effimero è il bambino:
ma finché spunti il giorno mi rimanga
tra le braccia la viva creatura,
mortale sì, colpevole, eppure
per me il bello nella sua interezza.

Anima e corpo non hanno confini:
agli amanti che giacciono sul suo
tollerante declivio incantato
in preda al deliquio ricorrente,
solenne la visione manda Venere
di soprannaturale armonia,
di universale amore e speranza;
mentre un’astratta intuizione accende,
in mezzo ai ghiacciai e tra le rupi,
dell’eremita l’estasi carnale.

Passano sicurezza e fedeltà
allo scoccare della mezzanotte
come le vibrazioni di campana,
e forsennati alla moda lanciano
il loro pedantesco, uggioso grido:
il costo fino all’ultimo centesimo
– sta scritto in tutte le temute carte –
andrà pagato, ma da questa notte
non un solo bisbiglio, né un pensiero,
non un bacio o uno sguardo sia perduto.

Bellezza muore, e mezzanotte, ed estasi:
che i venti dell’alba, mentre lievi
spirano intorno al tuo capo sognante,
mostrino un giorno di accoglienza tale
che occhio e cuore pulsante ne gioiscano,
paghi di un mondo, il nostro, che è mortale;
meriggi di arsura ti ritrovino
nutrito dei poteri involontari,
notti di oltraggio ti lascino andare
sorvegliato da ogni umano amore.


Un altro tempo

Per noi come per gli altri esiliati,
come per gli incontabili fiori che non sanno contare
e tutti gli animali che non devono ricordare,
è oggi che viviamo.
Tanti provano a dire Non Ora,
tanti hanno dimenticato come
si dice Io Sono, e si sarebbero
persi, se avessero potuto, nella storia.
Per esempio, chinandosi con grazia tanto antiquata
alla bandiera giusta nel posto giusto,
borbottando come vecchi mentre s’arrampicano per le scale
del Mio del Suo o del Nostro e del Loro.
Proprio come se il tempo fosse quel che volevano
quando ancora era dato in dono e in possesso,
proprio come se avessero torto
a non desiderare più d’appartenere.
Nessuna meraviglia se tanti muoiono di dolore,
tanti sono così soli quando muoiono;
nessuno ha ancora creduto o gradito una bugia:
un altro tempo ha altre vite da vivere.

Da W. H. Auden, La verità, vi prego, sull’amore, Adelphi Edizioni (Traduzione di Gilberto Forti)

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