Inediti di Michele Trizio | L’Altrove
Edifica una salvezza questa sete.
Tutto giace in un rossore australe
finge l’invidia per la forma nuda,
impeto mortale d’una migrazione,
di immota stele plasma le assenze.
Ora gli oggetti dal moto ripiegano
infinito, generano delicati crateri,
il reale è solo somma dei dettagli
che non si contorcono su se stessi.
Questi reggimenti nutrono l’alba
di incerti respiri, quelle preghiere
non basteranno oggi, ancor lontana
è la vetta del sole, ma ora già spicca
un istante, lo smarrimento tocca
quelle movenze estreme, pensiero
d’immobile fissità, la città, i paesi,
esser qui a malapena, non so più,
da lontano tutto viene incontro.
Dici che ciò che ci resta, alla fine,
sono solo gli odori, e forse poco altro,
questi altri colori sulle superfici vive
mentre noi ci spegniamo piano piano.
Ed invece infinite volte quel profumo
richiama la memoria al suo compito,
preservare delle fratture quelle amate
crepe che del ricordo fan tormento.
Manchi, e per questo sei ovunque,
nella materia primordiale imprimi
le plastiche forme di questo congedo.
Posso solo vivere accanto alla trama
di questi vetri, tagliarmi con il sorriso
tuo impercettibile, staccarmi dal corpo
nella scena del giorno e amare questo
esistere in cui né si va né si rimane.
L’AUTORE