“Coi baci che imparai dalla tua bocca” Pablo Neruda, 2015
Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto alias Pablo Neruda, premio nobel 1971, poeta delicatissimo, appassionato, partorì diverse poesie meravigliose e, ad oggi, non smette di essere presente nel panorama della poesia grazie all’uscita di una deliziosa raccolta postuma. Si tratta di poesie inedite ritrovate durante una catalogazione completa dei documenti esistenti nell’archivio della Fondazione Pablo Neruda. Così, nel 2015, esce una nuova raccolta chiamata Coi baci che imparai dalla tua bocca, edito da Passigli Poesia e contenente poesie inedite che vanno dai primi anni Cinquanta a poco prima della morte del poeta, annotate su quaderni universitari, fogli, sui menù dei ristoranti e persino sui programmi musicali delle navi su cui viaggiava.
Questa, tuttavia, pur essendo una raccolta postuma non smette di contenere al suo interno un mondo e tanta meraviglia.
Ecco un assaggio, che parte proprio dalla poesia titolo della raccolta.
Coi baci che imparai dalla tua bocca
Tocco i tuoi piedi nell’ombra, le tue mani nella luce,
e nel volo mi guidano i tuoi occhi di aquila
Matilde, con i baci che imparai dalla tua bocca
le mie labbra impararono a conoscere il fuoco.
Oh gambe ereditate dell’assoluta avena
cereale, estesa la battaglia
cuore di prato,
quando poggiai le orecchie sui tuoi seni,
il mio sangue propagò la tua sillaba araucana.
Ed eccone ancora un’altra, dove il tema è proprio l’assenza dolorosa, l’incredulità, la fine inesorabile che non può esser fermata.
Dove sei Cos’hai fatto
Dove sei Cos’hai fatto
Ahi amore mio!
quando da quella porta
fu l’ombra a entrare e non tu,
il giorno
che si sprecava, tutto
ciò che non sei,
presi a cercarti
in ogni dove,
mi pareva tu fossi
nell’orologio, che magari
ti eri nascosta nello specchio,
che avevi ripiegato la tua risata pazza
e tu
l’avevi lasciata
perchè saltasse fuori
da dietro il portacenere
non c’eri tu, e non la tua risata,
né i tuoi capelli
né i tuoi passi veloci
che corrono.
Un libro consigliatissimo, insieme a tutte le sue raccolte.
Su Neruda concludo lasciando questa frase che Federico Garcìa Lorca disse di lui:”Un uomo vero che ormai sa che il giunco e la rondine sono più eterni della guancia dura della statua” .