Riscoprire i poeti

Un’intervista ad Amelia Rosselli | L’Altrove

«Non pensavo di vivere a lungo», dice, «credevo romanticamente di bruciarmi entro i quarant’anni al fuoco di un rischio troppo grosso, quale è stato la scelta della mia vita. La scelta della poesia come l’ho vissuta, voluta, io. Quasi spaccavo la macchina a volte per l’intensità con cui scrivevo. Ora mi trovo ad affrontare una seconda metà dell’esistenza a cui sono completamente impreparata e che m’interessa fino a un certo punto. La poesia non si addice alla vita normale, quella di tutti i giorni. Ora mi dibatto nella realtà, la osservo con altri occhi. Scrivere è chiedersi come è fatto il mondo: quando sai come è fatto forse non hai più bisogno di scrivere. Per questo tanti poeti muoiono giovani o suicidi. È come se lo scrivere dovesse essere legato a una visione adolescenziale del mondo, e quando si raggiunge la cosiddetta maturità il desiderio di scrivere viene meno. È una tesi possibile».

A parlare è Amelia Rosselli in un’intervista del 1978 a cura di Sandra Petrignani.

A novantun’anni dalla nascita, ricordiamo la poetessa italiana riproponendovi di seguito l’intervista.

Non tutti i poeti si uccidono o smettono di scrivere…

Certo, c’è Majakovskij e c’è Pasternak. V’è il poeta della saggezza e il poeta della ricerca, v’è il poeta della scoperta, quello del rinnovamento, quello dell’innovamento…

E tu?

Della ricerca. E quando non c’è qualcosa di assolutamente nuovo da dire, il poeta della ricerca non scrive. Non mi riconosco più scrittrice da cinque anni. Non sento di avere talento, ora. È come non riuscire a parlare una lingua. È terribile.

Sei dunque in attesa che il talento ritorni?

No, non sono neanche in attesa. Continuo a leggere, a studiare.
Qualche volta scrivo ma butto tutto. Mi lascio vivere e sono stanca e insoddisfatta. Non so in che direzione andare.

Che cos’è il talento, come si può riconoscerlo?

È una sensazione. Il sapere che non si sta perdendo tempo quando si scrive. Ma non bisogna fare troppe domande ai poeti, loro stessi non sanno perché hanno scritto.

Si parla oggi di una maggior attenzione del pubblico alla poesia e ogni giorno aumentano le pubblicazioni di nuovi poeti. È il segno di un fiorire di talenti?

II livello poetico è in generale alto, ma si stenta a riconoscere una personalità di rilievo. Pubblicare non è molto difficile oggi. Direi che negli ultimi anni si è parlato molto di poesia, si è discusso molto sulla poesia. Non vuol dire che si faccia poesia. E quanto a un pubblico più numeroso, ho i miei dubbi. Per amare la poesia bisogna essere degli introverso, persone lontane dai gusti mondani e queste persone non sono mai molte. Se il pubblico è più vasto vuol dire che la poesia è andata incontro ai suoi gusti. È pericoloso pensare a un pubblico in carne ed ossa, presente; il pubblico del poeta è immaginario, vive nel suo immaginario.

È la posterità?

Si scrive soprattutto per la posterità, quando si scrive bene. Il pubblico dei posteri è inimmaginabile e così i suoi gusti.

E dai contemporanei la tua poesia è stata apprezzata quanto desideravi?

Ho avuto più di quanto mi aspettassi, o per lo meno di quanto mi aspettavo. E ora che non riesco a scrivere, mi sorprende e fa piacere vedere che la poesia continua ad avere significato per gli altri quando lo perde per il suo autore. Si vede che non ho perso il mio tempo. Ma non è del passato che ho rimpianti, è il presente che mi preoccupa.

Cosa ti preoccupa di più del tuo presente?

In questo momento l’incapacità di guadagnarmi da vivere. La mia è sempre stata una vita balorda. L’indipendenza di cui parlano le donne oggi non sono mai stata brava a costruirmela. Sono sempre stata sola, anche nei momenti più critici, anche quando ho avuto delle brutte malattie ma aiutata dagli amici, lavorando sodo di tanto in tanto per i giornali. Ho avuto un’eredità. Ma tutto lasciato al caso e nella più assoluta precarietà. Prima non me ne preoccupavo, anzi ne gioivo. Ora mi pesa. Prima avevo la poesia. Ho scelto di non sposarmi per non distrarmi da lei. Ma ora che la scrittura mi ha abbandonata non ho più nulla.

Se tornassi indietro faresti scelte diverse?

Non ho rimpianti. La mia vita non poteva essere differente da quella che è stata. Si è solo esaurita. Ora potrei chiuderla tranquillamente. A meno di non trovare finalmente una sintesi fra la poesia e la quotidianità. E mi riferisco alla lavatrice che si rompe, per esempio. Per me è un evento drammatico.

Sei religiosa?

Da giovane sono stata addirittura mistica, ora non sono religiosa.

Ma un poeta può non essere mistico?

No, dici bene. Lo è.

Quale poeta ti e più caro?

Campana, naturalmente. Poi Penna, Montale. Non sono gusti originali.

A cosa stai pensando in questo momento?

Al pubblico immaginario di cui parlavamo prima, ma non chiedermi di descriverlo. Non riesco a figurarmelo. Non bisogna chiedere troppo ai poeti.

Foto di Dino Ignani.

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