Recensione: “La notte passerà senza miracoli” di Daniele Vaienti | L’Altrove
La notte passerà senza miracoli di Daniele Vaienti (Edizioni del Faro 2019 – Collana “Sonar. Parole e voci” diretta da Paolo Agrati) è il libro d’esordio del poeta e performer cesenate attivo nel circuito dei poetry slam e della recitazione, dettato dalla libera e smaniosa tenacia descrittiva, ritmata in un andamento sonoro che emana le sue radici nella misura tagliente e drammatica dell’umanità celebrata come “un gruppo di bambini all’angolo della strada che parlano della fine del mondo”(Jack Kerouac).
I versi ricercano l’esistenza della familiarità e si riappropriano delle espressioni private, quotidiane e semplici, comuni alle confessioni emotive che rivelano il rifugio consolatorio di ogni esperienza ideologica e pratica, tangibile e autobiografica. La diffusione della poesia è la magnetica registrazione esistenziale incisa su materiale resistente all’usura del tempo. La deformazione di visioni concrete e carnali, (una foto, le sigarette, l’autunno) permette di immaginare una licenza onirica e reale, in cui la vita è il passaggio comunicativo di ciò che si scrive con passione e per la propria felicità. La scrittura ipnotica e confidenziale di Daniele Vaienti, è una benevolenza dell’ebbrezza, nella padronanza di un vissuto in cui la tecnica e la battuta serrata ed incisiva decantano un’autonomia sentimentale che tormenta le imprevedibilità e le contraddittorietà degli affetti, gli ostacoli della disperazione nella loro profondità allusiva. L’intensità scritta oltre i versi segue il distacco dalla poetica convenzionale e si nutre dell’improvvisazione letteraria coinvolgendo i simboli emotivi del magico vortice teatrale, compagno, in ogni commento, delle risorse emotive del poeta. Il poeta esiste nell’istantaneo presente liberando l’agguato della nostalgia e del ricordo nelle vibrazioni svincolate dei sentimenti. I testi catturano l’inviolabilità dell’amore, contro l’inevitabile sconfitta del mondo e la lacerazione delle sue costrizioni ed esortano alla necessità di una nuova concezione di beatitudine, di salvezza verso il richiamo alla vita autentica e alla complicità dell’istante. La scoperta di sé stessi, del pensiero assolto dai pregiudizi, dei valori umani, della coscienza collettiva è il traguardo di una compiuta affinità poetica con il viaggio individuale verso un’assegnazione alla speranza. L’esigenza artistica nasce da un desiderio di libertà di espressione, di dinamismo vitale e indagando nel senso del bene comprende l’universalità dei contenuti e la ricerca intima del tutto.
Ecco alcune poesie tratte da La notte passerà senza miracoli
Nient’altro
Si tratta di imparare
l’esistere
senza la pretesa
d’essere.
Accadere,
attenti
a non cadere.
Quel silenzio
Sparo sorrisi a salve
contando i treni
persi e da perdere
per riuscire a scordare
quella voce che assente
alza di una tacca
il volume del silenzio.
Autunno
Cosa me ne dovrei fare
di questo autunno
bagnato
che fa paura
tutto sbagliato
come la mia punteggiatura
questo autunno
che ha tolto il sorriso alla città
che ci si abbraccia per necessità
ché fuori fa freddo
e dentro
non si può fumare.
Ecco
di questo autunno
cosa me ne dovrei fare?
La foto
Conservo una foto di noi sui polpastrelli
tu che mi saluti, mi abbracci e dici:
“torna a trovarci”.
TrovarCi
Ti nascondi dietro un plurale
di gente che non importa.
Io
codardo più di te
capisco
non dico niente
conservo la foto.
Occhi chiusi
A volte
quando chiudo gli occhi
capita
che poi non vedo niente
e fa paura.
Ci sono sogni mancati
e sogni mancanti.
La differenza è enorme,
credimi.
A cura di Rita Bompadre – Centro di Lettura “Arturo Piatti”
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