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Recensione: “Bruciare la sete” di Lorenzo Pataro | L’Altrove

Lo scrittore Erri De Luca disse: “Sono predisposto al soccorso della poesia, che non è un’arte di arrangiare fiori, ma urgenza di afferrarsi a un bordo nella tempesta”. Allo stesso modo, la silloge di Lorenzo Pataro, intitolata per l’appunto Bruciare la sete tenta di esorcizzare la fine di un amore adolescenziale, intangibile, autodistruttivo, fugace, aggrappandosi ai versi come in un naufragio.
Questa silloge, edita Controluna (2018), è suddivisa in quattro sezioni: L’attesa, L’incendio, La cenere, Il riiniziarsi. Ogni sezione inizia con una poesia diversa da quella dell’autore stesso.

Quest’amore raccontato dal Pataro può essere riassuntato con una sua poesia intitolata Icaro: “un giorno di questi / voleremo via / come storni di uccelli / impauriti dai temporali. / E se il sole / brucerà le nostre ali, / cadremo in mari senza fondali / stringendoci le mani, / liberandoci le mani.” Dunque, perché proprio la scelta di Icaro? Questa sete, che alla fine porta a salire sempre più in alto, a volare, volteggiare con leggiadria per poi ritrovarsi ustionati. Da qui, l’urgenza di dover bruciare la sete, annullarla, respingerla e recuperare ciò che resta del proprio Essere, se davvero è rimasto qualcosa che non sia stato depauperato da questo amore impossibile.

Abbiamo mani d’acciaio / troppo dure / per stringersi”, un frammento della poesia Pentole rotte, che si unisce con un filo invisibile a tante altre: “abbiamo sempre amato fare tardi / agli appuntamenti”, quest’essere fuori tempo, senza una fissa dimora relazionale, accomuna molte storie d’amore impossibili. Ed è proprio questo il centro di questa silloge: l’impossibilità.
Tuttavia, la vera storia d’amore possibile e vittoriosa è proprio quella con se stessi.
Anche perché, queste storie narrate in successione, rappresentano dolore, lotte interiori, lacerazioni mentali e ferite sanguinose invisibili se non agli amanti stessi: baceremo le vipere più velenose / per scoprire quanto siamo più crudeli noi / che non sbuchiamo dall’Ignoto per morderci alle spalle, / ma lo facciamo tutte le notti a viso scoperto / quando ci amiamo.”

Dunque, se questa silloge può accompagnare il lettore lungo la strada impervia di una elaborazione del lutto dovuto alla perdita di un’amore, può soprattutto, condurlo ad una via d’uscita finale: cioè recuperare il tempo rubato al proprio mondo interiore. In ogni fase di una relazione impervia, Pataro accompagna chi legge. E forse, questa è una scialuppa di salvataggio, così come tutta la poesia stessa lo è. Ad ogni lettore, il suo farmaco.

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L’AUTORE

Lorenzo Pataro

Lorenzo Pataro, nato a Castrovillari il 14/11/1998, vivo a Laino Borgo, provincia di Cosenza, in Calabria. Diplomato al liceo scientifico di Lagonegro (Pz), sono al secondo anno di Lettere Moderne all’università degli studi di Salerno. Scrivo anche racconti e uno di questi, “Storia di un violino e di un corallo”, nel 2015, è stato pubblicato in un’antologia per scopi umanitari, Uomini su carta vol. 2, a cura di Gemma Gemmiti. Lo scorso giugno è stato pubblicato il mio primo libro di poesie, “Bruciare la sete”, per Controluna-Edizioni di poesia con la prefazione della poetessa Eleonora Rimolo. Due testi del libro sono stati pubblicati in anteprima dalla rivista Atelier Poesia (online) e uno di questi è stato tradotto in spagnolo dal Centro Cultural Tina Modotti di Antonio Nazzaro. Altri testi sono usciti per altre riviste e Lit-blog come Poetarum Silva, YAWP: giornale di letterature e filosofie, Frequenze poetiche, Menti sommerse per la rubrica “I fiordalisi”, Poesia Ultracontemporanea, Poesie sull’albero e di recente alcuni sono stati tradotti in romeno.

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