Alla scoperta della poetry therapy con lo psicoterapeuta Enrico Maria Secci | L’Altrove
Per capire quanto possano essere importanti le parole, i versi e la poetry therapy applicata in vari ambiti, abbiamo fatto qualche domanda allo psicoterapeuta Enrico Maria Secci, autore del best seller I narcisisti perversi e le unioni impossibili. Sopravvivere alla dipendenza affettiva e ritrovare se stessi ed impegnato da anni nel progetto BlogTherapy.
Ecco l’Intervista.
Il poeta francese René Char disse: “Le parole che sorgono sanno di noi ciò che noi ignoriamo di loro”, qual è il suo pensiero al riguardo?
Penso che le parole siano rivelatrici della psicologia di ognuno di noi. Crediamo che ci appartengono, che siano un prodotto esclusivo della nostra volontà cosciente mentre, come scrive Char, rivelano la nostra essenza, dicono più di quanto siamo disposti a voler sapere di noi stessi, e di noi rispetto agli altri e al mondo.
La parola e il discorso sono ‘il filo rosso’ che attraversa i nostri “labirinti interiori”, un filo che ci salva se dipanato attentamente attraverso i suoi significati più profondi. Per questo il linguaggio è centrale in psicoterapia ed è lo strumento elettivo della cura, del cambiamento e della salute mentale.
Può un percorso di Poetry Therapy considerarsi una vera e propria terapia o di affiancamento?
Le psicoterapie costituiscono una costellazione vastissima di strategie, metodi e strumenti, tutti finalizzati al recupero del benessere psicologico. Si parla di centinaia approcci diversi, ma credo che si tratti di una realtà non numerabile.
Nella mia prospettiva, i modelli terapeutici validati (per esempio la terapia cognitivo-comportamentale, la sistemico relazione e la terapia strategica) rappresentano una cornice in cui inscrivere la psicoterapia di ogni persona, che è irripetibile e perciò abbisogna di un trattamento “sartoriale”, completamente individualizzato.
Oggi le psicoterapie stanno convergendo nell’integrazione dei rispettivi contributi, nelle metodologie e nelle strategie, e questa integrazione si costituisce come una vera e propria “tecnologia del cambiamento” che armonizza e include ogni strumento risulti utile per una specifica persona e considera attentamente la sua speciale storia. Fuori dai protocolli.
Dunque, la Poetry Therapy può essere inclusa, se non nel panorama delle psicoterapie, nel filone delle tecniche che possono contribuire, in molti casi, all’efficacia e all’efficienza di un lavoro psicoterapeutico.
Nel 2009 nasce il progetto pilota negli ospedali intitolato Leggere, con cura nel quale sono state somministrate 7 poesie al giorno ai pazienti dei reparti ortopedia e riabilitazione cardiologica. Può illustrarci i possibili benefici di tale applicazione?
Sono interessato a questo progetto, ma non ne conosco il disegno. Ipotizzo che introdurre il linguaggio emotivo in contesti ospedalieri, solitamente percepiti come iper-razionali, spersonalizzanti e scarsamente empatici, possa facilitare enormemente le persone in cura, perché permette loro di esprimersi nel modo non-razionale, personale ed empatico attraverso cui si sentiranno comprese. La poesia è anche il linguaggio del sintomo.
Ogni patologia ha una conseguenza sul piano emotivo, e questo è un ambito troppo spesso trascurato. La mancanza di connessione emotiva può fortemente condizionare il trattamento, sia esso medico, psicologico o psichiatrico.
Ricordiamo la prima antologia edita Mille Gru Scacciapensieri poesia che colora i giorni neri e Ninniamo. Ninne nanne per dire sogniamo, secondo lei che ruolo può avere la poesia nei più piccoli?
Penso che il linguaggio della poesia sia il linguaggio dei bambini e che i poeti siano quelle persone speciali che hanno mantenuto un profondo contatto con la parte bambina di sé, regalandoci meravigliose intuizioni terapeutiche.
I bambini comprendono la poesia più degli adulti e, a differenza degli adulti, faticano a elaborare un codice razionale. Perciò credo che il ruolo della comunicazione poetica, creativa e analogica, sia cruciale nell’interazione coi più piccoli e che possa favorire il loro sviluppo e la loro salute mentale.
Può illustrarci qualche pratico esempio di poesia terapia da applicare nel quotidiano come auto aiuto?
Nel mio ultimo libro “Amori Supernova. Psico-soccorso per cuori spezzati senza un perché” – un libro che affronta il tema dell’abbandono traumatico e apparentemente immotivato nell’ambito di coppie felici da anni, ma distrutte in un attimo da uno dei partner – ho documentato l’utilità della poesia in terapia .
In particolare, prescrivo ai miei pazienti di scrivere poesie, secondo lo schema giapponese degli haiku: tre versi brevissimi – 5, 7 e 5 sillabe – per rappresentare il loro stato d’animo. Ho raccolto nel libro poesie straordinarie e potentissime. Urla di rabbia, di abbandono, di vergogna. Ma soprattutto, alla fine, testi di liberazione, dì consapevolezza. La compassione e l’accettazione dette attraverso una poesia giapponese sono un balsamo per l’anima.
Noto che scrivere haiku facilita l’elaborazione dei traumi psicologici, perché, grazie alla regola minimale delle poche sillabe, ci invita a cogliere l’essenza delle nostre emozioni e ne favorisce la trasformazione. Gli haiku in terapia cambiano il vissuto, mano a mano. Non più arido e muto dolore, ma bellezza. Non più dedalo, ma passaggio. Non più rumore e perdita, ma versi poetici e valore. Sussurri di saggezza.
“L’arte è una specie di impulso innato che cattura l’essere umano e lo trasforma nel suo stesso strumento”, cosa ne pensa?
Come psicoterapeuta sono intimamente convinto che l’arte rappresenti, da sempre, la più antica e coraggiosa delle psicoterapie. Una forma nobilissima, sublime, di ritrovare se stessi e di riconoscersi, di mostrarsi al mondo e, così, di essere nel mondo. Oltre la depressione, oltre la deprivazione e l’abuso psicologico, oltre l’ansia, il panico e persino al di là della psicosi. Dovremmo avere il coraggio di riconoscere che il pensiero creativo sia il caposaldo della salute mentale, e che la psicoterapia sia, di per sé, un’arte, oltre che una scienza basata ormai sulle evidenze della neurobiologia.
In qualche modo, negli anni, ho coltivato questo approccio nei miei libri, sul blog BlogTherapy e nella pratica professionale: scelgo la comunicazione poetica e faccio il possibile perché la psicologia e la poesia restino, come all’origine, un tutt’uno.
Non a caso, i miei lavori presentano aforismi originali e testi poetici, come questo, che introduce “I narcisisti perversi e le unioni impossibili. Sopravvivere alla dipendenza affettiva e ritrovare se stessi”. Best seller da ormai tre anni, forse perché in qualche modo intreccia il linguaggio della psicologia coi fili preziosi della poesia e della narrativa. Sono grato di poterlo condividere attraverso questa intervista:
Per uno che va, uno arriva.
A un fallimento corrisponde un successo.
Per un amore finito, un amore si prepara.
Per un amico perso, un amico è già alla tua ricerca.
Per ogni giorno gelato, c’è una stagione di sole.
E, ricorda, non associare mai la parola “bruttezza” a te.
Lo sai? La tua vita, la gente e il mondo sarebbero generosi con te,
se solo dessi loro il modo di dimostrarlo.
Fai una cosa, apri le finestre, fai spazio nella tua casa, scrivi una poesia…
Nulla, come la speranza, è simile all’energia dell’amore.
Enrico Maria Secci, cit. “I narcisisti perversi e le unioni impossibili”.
Potete seguire il blog di Enrico Maria Secci al link http://enricomariasecci.it/
Un commento
natipervivereblog
Come sono perfettamente d’accordo!