
Gozzano e il rovesciamento ironico del lirismo dannunziano
ÂŤIo mi vergogno,
sĂŹ, mi vergogno dâessere un poeta!Âť
(La Signorina Felicita)
CosĂŹ il maggiore dei crepuscolari, Guido Gozzano, esprime se stesso nel celebre poemetto in versi contenuto ne I colloqui, raccolta datata 1911.
Il Crepuscolarismo, corrente stilistica dei primi anni nel â900, riuscĂŹ ad imporsi sullo scenario poetico italiano generando un rinnovamento del linguaggio poetico sovvertendo alcuni tratti caratteristici del simbolismo europeo, di cui DâAnnunzio era stato il maggiore dei rappresentati in Italia.
Non stupisce, allora, che la rivoluzione operata sul piano linguistico e ideologico dai crepuscolari, si fondi su un capovolgimento del lirismo decadente che chiama in causa, primo fra tutti, proprio DâAnnunzio, la cui poetica viene spesso ripresa e capovolta dai poeti crepuscolari. Al vitalismo inimitabile di DâAnnunzio e al suo misticismo aristocratico, i crepuscolari oppongono una visione del mondo piccolo-borghese pervasa dalla malinconia; al lusso e allo sfarzo, i crepuscolari sostituiscono scenari provinciali, oggetti squallidi, rappresentati attraverso un linguaggio che si fa volutamente banale. Soprattutto, nei crepuscolari si perde il senso etico e civile che il Vate aveva affidato alla poesia e il ruolo di guida che, per lui, il poeta assumeva nei confronti del popolo. Lâintellettuale, al tempo dei crepuscolari, è tuttâaltro che una guida: diventa un personaggio debole e marginale e la poesia stessa, da attivitĂ privilegiata, diviene il terreno di sfogo degli inetti alla vita.
Questa è la chiave di lettura attraverso la quale leggere la vergona di Gozzano che, formatosi a Torino sulle immagini estetizzanti del Simbolismo europeo e, in particolare, sui valori dannunziani della vita inimitabile, man mano riscontra la distanza esistente tra quelle immagini e la realtĂ della societĂ borghese, interessata al profitto e per nulla interessata alla cultura e allâarte. Questo disagio si esprime nelle due opere maggiori di Gozzano: La via del rifugio (1907) e I collqui (1911). In queste opere, attraverso un processo di continua riduzione di sĂŠ (Gozzano arriva ad autodefinirsi ÂŤun coso con due gambe / detto guidogozzanoÂť), lâautore svela la menzogna dannunziana tramite un punto di vista crudamente realistico. Lâinnovazione di Gozzano è data dallâapparente imitazione del lirismo decadente, dannunziano, che finisce con lo stravolgere la tradizione letteraria del passato, in un gioco di rovesciamento ironico e corrosivo dello stesso. A tal proposito è importante evidenziare ciò che scrisse Montale:âGozzano fu il primo dei poeti del Novecento che riuscisse ad âattraversare DâAnnunzioâ per approdare a un territorio suoâ: Gozzano, quindi, acquisisce la poetica di DâAnnunzio ma la rielabora in modo critico e personale, fino al punto di superarla e capovolgerla.
Da un simile quadro ideologico, discende una delle caratteristiche formali tipiche di Gozzano, tramite la quale manifesta lâopposizione a DâAnnunzio: lâironia fondata sullâaccostamento di elementi contrastanti. Sul piano linguistico, lâironia si riflette â come ha fatto notare Montale â nella capacitĂ di Gozzano di far cozzare aulico e prosaico, ovvero nel descrivere vicende quotidiane e banali attraverso un linguaggio ricco (spesso desunto dal repertorio dannunziano), creando un effetto di contrasto. Unâanaloga scelta di opposizione spiega la presenza di una metrica tradizionale, contraddetta da rime eccentriche e ironiche e da una sintassi spezzata che sottolinea lâartificiositĂ del racconto in versi.
Articolo della nostra collaboratrice Irene

