Riscoprire i poeti

Poesia come Amuleto, autentica e profonda. In ricordo di Lorenzo Pàtaro | L’Altrove

Lorenzo Patàro, giovane poeta calabrese, è venuto a mancare prematuramente all’età di 27 anni, lasciando un vuoto nel panorama letterario italiano. La sua poesia, caratterizzata da una profonda sensibilità e una capacità di introspezione rara, ha saputo conquistare l’attenzione di critici e lettori, rendendolo una figura di spicco nella nuova generazione di poeti italiani.

Patàro ha pubblicato due raccolte di poesie: Bruciare la sete (Controluna, 2018) di cui trovate la nostra recensione qui e Amuleti (Ensemble, 2022). Quest’ultima raccolta, in particolare, ha ricevuto numerosi riconoscimenti e lo ha portato a essere finalista al Premio Strega Poesia nel 2023. La sua poesia si è distinta per la capacità di evocare immagini vivide e potenti, che riescono a trasmettere emozioni profonde e universali.

Uno degli aspetti più affascinanti della poesia di Lorenzo è stata la sua capacità di esplorare temi complessi con una semplicità disarmante. I suoi versi spesso trattano di esperienze quotidiane, ma riescono a trasformarle in momenti di riflessione profonda.

Amuleti

Nella raccolta di poesie Amuleti, l’autore riflette sull’essenza della poesia e sulla sua capacità di esprimere una necessità profonda, interna attraverso una poetica che si avvale di strumenti linguistici solidi e raffinati.
Il titolo Amuleti è da interpretare come simbolo di oggetti e soggetti che modulano significati e creano connessioni emotive, richiamando anche le idee di Gianni Celati sulla funzione delle parole come richiami che ci legano a esperienze e significati.
Nel libro si evince bene il tema della vigilanza e dello stupore di fronte alla vita, l’autore non si limita a riflettere il dolore e il dubbio, ma mantiene viva la speranza e il desiderio di felicità. Tutto ciò facendo uso di ritmo denso e pacato dei versi, che si muovono tra tradizione e libertà espressiva, creando un senso di unità e coesione.

Ad esempio, nella poesia Sentire come allora, contenuta in Amuleti, Patàro descrive la sensazione di tornare bambini e rivivere momenti di gioco e scoperta, riuscendo a catturare l’essenza di quei ricordi con una precisione e una delicatezza straordinarie.

Sentire come allora. Bambini-parco-giochi.
Sentire la vita come allora e in un punto
preciso, dentro al petto. Chiaro nitido
pungente. Accorgersi del noto.
Lo spazio tra le cose, tra il piede che si alza
nella corsa e il piede-ancora che tiene.
Polvere, il radioso nello spazio
tra le dita. Sentire un freddo che è lontano,
acuminato. Universo che semina nel petto
qualcosa di antico e benedetto.
In cerchio si osserva la ferita al ginocchio
del bambino, sangue e pelle, il suo frantumo.
Sentire come allora. Farsi tana e nascondersi
era un modo per lasciare il mondo vuoto, farsi
mondo nel mondo e nascondersi nel vuoto
lasciato dalle cose. Qualcuno ci cercava.
E noi acquattati come i morti. In attesa.
Trattenendo il respiro come loro.

La sezione Richiami, amuleti, esplora il potere evocativo delle parole, paragonandole a richiami che ci collegano a esperienze e ricordi. Le immagini di amuleti e oggetti simbolici suggeriscono un legame tra il mondo materiale e quello spirituale, sottolineando l’importanza di mantenere le cose vicine a noi per non perderne il significato.

In Nostalgia del grembo viene affrontata la tematica della nostalgia, descrivendo il desiderio di tornare a uno stato di innocenza e sicurezza. L’uso di immagini legate al grembo materno evoca un senso di protezione e di ricerca di un ritorno a un passato ideale, dove il dolore e la complessità della vita non erano presenti.

La sezione I morti sono i tarli della neve riflette sulla memoria e sulla continuità tra vivi e morti. L’immagine dei morti come “tarli della neve” suggerisce una presenza persistente e silenziosa, che continua a influenzare il presente. I testi presenti invitano a considerare il legame tra le generazioni e come le esperienze passate permeano la nostra esistenza attuale.

Per ultimo, La fatica dello stare esplora il tema della resistenza e della perseveranza. “La fatica dello stare” diventa un modo per affrontare le sfide della vita, suggerendo che, nonostante le difficoltà, c’è un valore intrinseco nell’essere presenti e nel continuare a cercare un significato.

La scrittura è caratterizzata da un linguaggio chiaro e diretto, che riesce a comunicare in modo efficace le emozioni e i pensieri dell’autore. Patàro non si è limitato a descrivere le esperienze, ma le vive e le fa vivere al lettore, creando un legame empatico e profondo. Questa capacità di coinvolgere il lettore è uno degli elementi che ha reso la sua poesia così potente e memorabile.

Lorenzo è stato anche un critico letterario apprezzato, collaborando con diverse testate giornalistiche e riviste di poesia. La sua passione per la letteratura e la sua capacità di analizzare e interpretare le opere altrui con intelligenza e sensibilità lo hanno reso una figura rispettata nel mondo letterario. La sua gentilezza e umiltà, rare in un ambiente spesso dominato da narcisismo e competizione, hanno contribuito a creare un’immagine di lui come “bravo ragazzo”, una figura che incarnava valori di rispetto e umanità. È stato un autore radicale, influenzato da figure come Coleridge, Celati e Benedetti ed anche un poeta fragile e forte al tempo stesso, capace di lanciare una parola di verità e di luce in un universo spesso vittima del buio. La sua prematura scomparsa lascia un vuoto difficile da colmare, ma le sue poesie continueranno a vivere e a ispirare le future generazioni di lettori e poeti.

Di seguito alcune poesie tratte da Amuleti:

La testa sul cuscino, un sasso
nello stagno a sprofondare, nella stanza
si propagano i pensieri come cerchi
e tu non senti dal tuo regno bianco ovatta
la ferita che mi buca la corteccia.


Se dico casa, non avrai riparo. Se dico pane.
Se dico grano tu lieviti e ti spalanchi nel mio nome.
Siamo nati. “Alberi case colli per l’inganno consueto”.
Se dico àncora, mi abissi. Siamo nati.
Gettati in un nome verso un nome.
Se dico tetto mi scoperchi, se dico cielo
mi nevichi e mi scardini dal corpo.
Con la grazia dei vulcani. In quello
stare delle cose illuminate per sé stesse.
Se dico sillaba, fonemi si sparpagliano
e poi il gelo li ricuce, li spoglia
e fa nuda la parola, esposta
e divina come un barbaro in esilio.
Adesso. Se lo dico, già è passato.
Siamo nati. Gettati in un nome verso un nome.


Nell’attesa di un chiarore
ci passiamo il talismano come un fuoco
da bruciare lento sulle dita, l’amuleto

di carta velina da mordere coi denti –
tu accendi un’altra fiamma nel calice
verde sulla tavola, leggi i tuoi tarocchi

e sui fiori illustrati segni al contrario i vaticini
mentre fuori un altro anno
rovescia i nostri nomi e l’alfabeto.

Foto del poeta di Dino Ignani.

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