Riscoprire i poeti

Poesie scelte di Dario Bellezza | L’Altrove

La vedo tutta lì la sorte mia:
unico interesse di giornate
smarrire ormai è dietro di me,
e tanta avanti ne avrei potuto
avere, con dedizione e calma
al quotidiano scorrere del tempo.
Ignoro perché Qualcuno abbia
deciso il contrario!
Poveri, pochi anni
sono rimasti, gelidi, limitati;
li dubito e li annuso sperando
di moltiplicarli e cedo deluso
al rimpianto calunnioso – non so
più poetare, lo so, l’idea lucente
del nulla stasera non aggiunge
allegra compagnia. Oh come è finita
la speranza! Dio non punirci
ancora se siamo vivi.

Da L’avversario (Mondadori, 1994)


Forse mi prende malinconia

Forse mi prende malinconia a letto
se ripenso alla mia vita tempesta e di
mattina alzandomi s’involano i vani
sogni e davanti alla zuppa di latte
annego i miei casi disperati.

Gli orli senza miele della tazza
screpolata ai quali mi attacco a bere
e nella gola scivola piano il mio
dolore che s’abbandona alle
immagini di ieri, quando tu c’eri.

Che peccato questa solitudine, questo
scrivere versi ascoltando il peccatore
cuore sempre nella stessa stanza

con due grandi finestre, un tavolo
e un lettino di scapolo in miseria.

E se l’orecchio poso al rumore solo
delle scale battute dal rimorso
sento la tua discesa corrosa
dalla speranza.

Da Invettive e licenze, (Garzanti, 1971)


È avventizio il mio essere reale.
Sleale è insistere su chi sono io.
II punto di partenza è scontato –
l’arrivo è certo nello stato
attuale: morte come sostanza
o strato finale di un cuore malato.

Oh, vorrei rinascere, ritornare indietro
ma non posso. Troppo ho peccato
di peccati non miei, attribuiti
a posteri, mancati inganni.
Cerco amori nuovi, violente sere.
Perdono chiedo a chi non amai.
Forse verrò domani ad un prato
verde, – e non sarò più solo.

Da LʼAvversario, (Mondadori, 1994)


Delinquente mio delinquente
non lasciando Roma azzardo
contro i maschi stazionari una offesa
e falsa virilità.

Vecchi discorsi, logori, remoti,
che tu con i tuoi denti adolescenti
mi spegnevi in una bocca piena di saliva.

Il tempo era ancora
un carnefice che non dava paura.

Ora esisti. So che sei lì, dal mio
rivale. Mangi ogni tanto caviale
e molte volte salti il pranzo.

Io non tramonto lentamente
ma t’assicuro di essere già morto!

Da Libro d’amore (Guanda, 1982)


Per sempre

Eri una emozione per vivere,
per stridere durante il pasto
serale. Era emozionante ricevere
posta. La mattina in fretta
le scale scendevo e lì
trovavo le ingiurie tue
alla mortale natalità.

Accuse per andare avanti.
Ma dopo ti rendevi inquieta
al delitto del non detto
se non rispondevo per le rime.
O rima che dirti non sapevo
senza la fuga in avanti
di terzine squilibrate
sul dolce stil vecchio della
Musa canterina a presiedere
gli ozi di Sodoma. Dirti
che ero pieno di sonno
se l’immortalità era un pio
desiderio, lugubre sospiro
ti avrebbe annoiato.

Talvolta una stradina
mi risucchia indenne
dove non alberga strepito di auto;
allora sciolto dai tuoi lunghi
sensi camminare ti vedo per sempre.

da Serpenta (Mondadori, 1987)

Foto di Dino Ignani.

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