Nasceva oggi Tomas Tranströmer | L’Altrove
Tomas Tranströmer è stato uno dei poeti svedesi più importanti della sua generazione.
Nato a Stoccolma il 15 aprile del 1931, Tranströmer studiò poesia e psicologia all’Università di Stoccolma. Numerose (più di quindici) furono le raccolte di poesie pubblicate. La prima è del 1954 17 dikter (17 poesie), nella quale racchiudeva anche alcune opere realizzate all’età di tredici anni.
La sua amicizia di lunga data con il poeta Robert Bly, che tradusse e curò alcune delle sue opere, venne documentata in Air Mail (2001), una raccolta di oltre 25 anni della loro corrispondenza. Nel 1990 fu colpito da un ictus, ma quedto non gli impedì di continuare a scrivere, nel 1993, infatti, pubblicò Minnena ser mig (I ricordi mi guardano), la sua prima autobiografia, e nel 2004 Den stora gåtan, (Il grande enigma), la sua più celebre – a livello europeo – raccolta di versi. Le sue opere sono pubblicate in più di 50 lingue; in Italia è tradotto da Crocetti Editore e Bur.
Nel 2011 vinse il Premio Nobel per la letteratura. Oltre al Nobel, ricevette altri riconoscimenti tra cui il Lifetime Recognition Award del Griffin Trust for Excellence in Poetry, il Premio letterario Aftonbladets, il Premio Bonnier per la poesia, il Premio internazionale per la letteratura Neustadt, il Premio Oevralids, il Premio Petrarca in Germania, il Premio Svedese dell’International Poetry Forum e il Premio Nordico dell’Accademia Svedese.
Lavorò anche come psicologo, concentrandosi sulla popolazione carceraria minorile, sui disabili, sui detenuti e sui tossicodipendenti. È morto nel 2015.
La poesia di Tranströmer, basata sul Modernismo, sull’Espressionismo e sul Surrealismo, contiene immagini potenti che riguardano questioni di frammentazione e isolamento. Ha perfezionato un particolare tipo di lirica epifanica, spesso in quartine, in cui la natura è il soggetto attivo ed energizzante, e il sé (se il sé è presente) è l’oggetto. Le poesie di Tranströmer immaginano gli spazi che allora abitano gli abissi, come l’acqua sotterranea che sgorga in un pozzo appena scavato.
Negli anni ’70 altri poeti accusarono Tranströmer di essere distaccato dalla sua epoca, poiché non trattava apertamente questioni sociali e politiche nelle sue poesie e romanzi. Il suo lavoro, tuttavia, si colloca all’interno e sviluppa ulteriormente il linguaggio modernista ed espressionista-surrealista della poesia del XX secolo; le sue immagini chiare e apparentemente semplici della vita quotidiana e della natura, in particolare, rivelano una visione mistica degli aspetti universali della mente umana.
Di seguito una selezione di sue poesie:
La luce fluisce dentro
Fuori dalla finestra c’è il lungo animale della primavera
il drago trasparente dello splendore del sole
corre via come un treno locale
interminabile – non siamo mai riusciti a vederne la testa.
Le ville sulla spiaggia si spostano di lato
sono disdegnose come granchi.
Il sole fa sbattere le palpebre alle statue.
Il furioso oceano di fuoco fuori nello spazio
si fa terra e diviene carezza.
Il conto alla rovescia è cominciato.
Sfere di fuoco
Nei mesi oscuri la mia vita scintillava
solo quando ti amavo.
Come la lucciola si accende e si spegne, si accende e si spegne,
– dai bagliori si può seguire il suo cammino
nel buio della notte tra gli ulivi.
Nei mesi oscuri l’anima stava rannicchiata
e senza vita
ma il corpo veniva dritto verso di te.
Il cielo notturno mugghiava.
Furtivi mungevamo il cosmo e siamo sopravvissuti.
Aprile e il silenzio
La primavera giace deserta.
Scuro come il velluto il fossato
si snoda al mio fianco
senza immagini riflesse.
Soli a splendere
sono dei fiori gialli.
Mi porta la mia ombra,
come la sua nera custodia
un violino.
La sola cosa che voglio dire
brilla fuori dalla mia portata
come l’argento
del banco dei pegni.
I ricordi mi vedono
Un mattino di giugno, troppo presto
per svegliarsi, troppo tardi per riprendere sonno.
Devo uscire nel verde gremito
di ricordi, e mi seguono con lo sguardo.
Non si vedono, si fondono totalmente
con lo sfondo, camaleonti perfetti.
Cosí vicini che li sento respirare
benché il canto degli uccelli sia assordante.
Una notte d’inverno
La tempesta poggia la sua bocca alla casa
e soffia per emettere un suono.
Dormo inquieto, mi giro, leggo
il testo della tempesta assopita.
Ma gli occhi del bambino sono spalancati al buio
e il temporale mugola per lui.
Entrambi amano le lampade che dondolano.
Entrambi sono a metà strada dal linguaggio.
La tempesta ha mani infantili e ali.
La carovana si lancia verso la Lapponia.
E la casa avverte la sua costellazione di chiodi
che tiene insieme le pareti.
La notte è immobile sul nostro pavimento
(dove tutti i passi attutiti
riposano come foglie affondate in uno stagno)
ma fuori infuria la notte!
Sul mondo passa una piú grave tempesta.
Poggia la sua bocca alla nostra anima
e soffia per emettere un suono – temiamo
che la tempesta soffiando ci svuoti.
Poesie tratte da La gondola a lutto, in Poesia dal silenzio, Crocetti Editore. Traduzione di Maria Cristina Lombardi