Riscoprire i poeti

Poesie scelte di Alberico Sala | L’Altrove

La verde garitta

Sirena di mare non saprebbe
legarmi di più all’isola
del tuo silenzio. È rimasta
più tonda del popone sul granturco
la luna; i merli della torre non fischiano,
li avvolge la nebbia del fiume
e le zanzare. Ora so che il tuo sangue
è più dolce.
Tra i gradini dell’argine è cresciuta
l’erba dell’Appia (il nostro fiume
è più domestico del Tevere, la vedova
vi coglie il pesce per la cena):
stordito il luccio abbocca
all’amo della lucciola; la rondine
dalle chiatte s’impenna con nel becco
una stella.
La tua mano mi guida sulla riva
che scivola. Sprofondare è un passo.
In fallo, o a segno? Il vecchio
fiumarolo dalla verde garitta
sorride alle tue spalle: non sa
per dove paghi libero il pedaggio.

Ticino Pavese, luglio 1956

Da Epigrafi e canti, Vallecchi.


Ora il vivere

L’ultima madre chiama dalla duna
già cupa il figlio che rincorre
il sughero sfuggito alla rete:
ombrelloni spaventapasseri disperdono
i pensieri. Ora il vivere
è questo sereno essere accanto
con il sangue fresco e leggiero
nelle vene di sale. Gli errori
macchiano meno dell’acqua
il tuo costume. Se guardiamo
oltre la spiaggia di nailon, il cielo
è il mare. Non aspettiamo nessuno.

Milano Marittima, ’60

Da Sempre più difficile, Rebellato.


Nunc

Almeno questo è certo, è primavera
da me e da te, nella gola delle primule,
e nel vaso sul davanzale della tua stanza
verboten (anche programmare i giorni).
Al contrario di me che debbo uscire
per vivere dal nunc, spingermi avanti
anche se è dangereux.
Faremo il giro
del mondo, può darsi, per ritrovarci.

22 marzo 1973

Da Chi va col lupo, Rusconi.


Improvviso il vento

Le donne di casa si chiedono perché
mi ostini con le finestre chiuse al sole
che spinge le gemme fra le spine, i bambini
fra le primule degli argini. Non sanno,
temo il crollo improvviso del vento
dai colli, che disperda il tuo odore,
ti scompigli dimenticata nelle stanze.

Febbraio 1973

Da Chi va col lupo, Rusconi.


Non sanno, fanno

Un meteorite così, di mezzo chilo,
è niente, ma è caduto in un cortile
di Lodi (le case rosse, i fieni, il latte,
la bicicletta greve di classici).
Io torno
da bastioni di vento e pioggia, statue
di luce azzurra e rossa al Forte, pianeta
di Giotto e Michelangelo, isola di Pasqua.
In treno ho guardato per cento chilometri
il massacro a colori di An Loc, un cesto
rovesciato d’avanzi di verdura, e mani
contadine.
Nell’orto lombardo misuro
la pazienza della foglia: vecchio Ho,
non è vero che «la rosa s’apre, la rosa
appassisce senza sapere quello che fa»,
gli uomini non sanno, e spensierati fanno.

Giugno 1972

Da Chi va col lupo, Rusconi.

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