Estratto da “L’Oltranza” di Francesco Elios Coviello | L’Altrove
C’è una continua stasi verticale, un’onda magnetica, sottile eppure melliflua, in questa raccolta d’esordio di Francesco Elios Coviello, dal suggestivo titolo L’oltranza. E titolo non fu mai più azzeccato, dato che, leggendo l’intero lavoro, si ha come la percezione che il giovane autore barese proceda per esasperazione, per un eccesso di ossessione (qui sempre necessaria e mai accessoria) e dunque per una sorta di espiazione spirituale tramite la parola stessa della poesia. Ed è questa una poesia densa, che risulta sgangherarsi per dirsi al mondo, in quel mondo visto sempre di sbieco, quasi liturgicamente rivolto verso un assente che però è pregno di segni vitali, di echi e suggestioni sia terrene che metafi siche e astrali. Un cortocircuito dei sensi e dei suoni più che dei meri signifi cati; un verseggiare barocco, dotato di una rara ridondanza positiva, salvifi cama allo stesso tempo imprigionante.
Dall’introduzione di Antonio Bux.
Se nel palmo ho tutto il piano
dipinto sul capo sono sereno. Mi tocco
piano la testa, raccolgo tutti gli steli
prendo misure ideali, raduno, cambio
accentro, meglio così. È come un porto
pontile nel biado postaccio del tre
volte tremore albatro perso e stanco e
incanutito, la cenere tegola, seme
cemento e frolla fanno a pezzi
il mio foglio. Ecco, sì, è tutto in ordine
prendo le assi per non fare a meno di
versare caff è negli specchi
fi umi di nevischio tigli astratte
suppellettili. E la porta è vuota.
Con chi fare a pugni di notte?
Non lacrima più un sole se non
per cortesia, eppure le notti sono
valli di smarrimento, chiarore
autoindotto, fermentazione utile
per farci le steppe, per costruire
i bisogni con tegole e acciarini.
Fregarsi le mani, chi lo spiega
ai bisogni piani che la straccia
carta diviene muta per stagioni
più oneste? Nessuno prende per buone
le variopinte stigmate a coste
del santo, del mendico pianto
che istanze porta al livido
immane. Una, due serrature
sciolgono i muscoli rinserrati
ruvidi canti di novena
attesa baluginante pretesa
di stare a terra e muovere dita.
Ho pure il mio intrattieni. Più giù
sotterraneo balcone fai clangori
di cotone. Anziano signore vecchia
ferraglia fai a pezzi qualcosa
che soffi a fi schiando ciniglia
e vapore, mi cola un’occhiata
a stormire la nebbiolina fi ne
del bucato.
Privilegio intatto
ti stendo un formato che abbevera
tutti, uno stelo stracciato di soglie
ai meriggi inutili forbiti e
sbiancati. Basterebbe intonaco
no schegge no stridi solo
blu dissapore e quindici
giorni di pioggia dentro ai cortili.
Le parole fatte a trucioli, gli apostrofi
le notti disegnate e i colori spiegati
sparsi come calici di tulipani.
Prendere parola per poi tacere.
Attorno alla dura piazzola di sosta
c’è il velo, c’è la statua di schiena
e portare rose è un lucido aff ronto
all’eremo sciolto nel fondo chiarore.
Senti le vecchie lagne e le tele
dei sarti, sentimi coi digiuni stanchi
non divaricare sonni, non inciampare
nel bozzolo primo, nel sordina munito
tostapane, parla ad libitum sui
nidi del casale scolastico. Dubita
sola partenogenesi è arresa
al dubbio, desiderio dei miti.
Dialogo della solitudine.
I numeri a parete, le stanze
i sollievi sorridenti i bagagli
per nervi, la luna è taciuta
è infante scomoda rinuncia
nel camminare di raso, asprezze
cocci di marmitte, digiuni
proteste oscene, visibilio.
Non ha senso frammenti spegnere
se il disturbo chiama, irretito
sospinge le strette coperte e suda
brama attende cernite compie.
Scòmodati, fatti da parte,
distendi le briglie disciolte
nel velcro e ulula nel vuoto
nel secchio duro che nessuno senta.
L’AUTORE
Francesco Elios Coviello è nato a Bari nel 1994. Suoi scritti, di argomento letterario e musicale, sono apparsi su alcune riviste di settore (Avamposto, Il Colophon, Indieforbunnies, Il Cibicida, Traks, ExitWell, CSI Magazine). A diciassette anni è presente nell’antologia di racconti brevi La puglia ieri oggi e domani edita da Stilo (2011). L’oltranza è la sua opera prima.