Recensione: “Cronache dalle rovine” di Emiliano Cribari | L’Altrove
Emiliano Cribari torna con una nuova raccolta dal titolo Cronache delle rovine pubblicata da Pequod per la collana Porto Sepolto di Luca Pizzolitto.
In questo libro, il poeta camminatore ci accompagna in un percorso intenso, interiore, esplorando terre, luoghi, tradizioni, emozioni.
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In cronache delle rovine ci ritroviamo, dispersi e ritrovati. In caverne, cavità dell’io nascosto e taciuto, nel buio nero, scrive il poeta,
un buio nero che ho che ho tradito
in cui ho deciso di vivere solo
al buio dei miei occhi sepolti
due gelidi morti
che ritornano al buio
sono io la colpa di questa lunghissima
notte
buia
E l’oscurità è presente, in questo chiudere gli occhi il bisogno di prendersi tempo o perdersi in tempo, in tempo per smarrirsi. Il fitto bosco accoglie, celando con sé il terrore, l’assurdo, lo stupore, la meraviglia. È possibile allora sentire suoni, sentire il fiabesco come un profumo di vero e stimolante piacere e sentire subito dopo la preoccupazione, l’infelicità del non aver mai vissuto concretamente, di trovarsi sempre con desideri inespressi e persi via via:
cos’hanno
questo buio più veloce
questo vento quest’aria inavvertitamente
gelata?
cos’ha di preoccupante quest’autunno
che ancora mi spaventa?
eppure esulta
nell’aria
quest’ora partoriente del mattino
poesia delle luci
delle forme
delle parole raschiate
arcaiche
poesia della materia di cui è fatto il visibile
morirò pieno di desideri
Qualche pagina dopo:
[…] ascolto i boschi unica immensa gioia della mia vita
se resto qui con il pensiero
faccio luce in tutto il mondo
se non evado dalle felci
se non sento il fondovalle ruggire e vomitare
stavo scrivendo cose poetiche e mannare
quando dal fitto delle querce
è spuntato un cacciatore:
«vestiti di rosso, ti stavo per sparare»
Ecco, la poesia viene incontro: io scrivo poesie/per non tremare, scrive in seguito e poi: scrivere scrivere scrivere/senza troppo pensare/senza chiedermi il destino di tutte le parole. Ma è una scrittura non liberatoria o semplice da attuare. È più un doloroso impulso, arma di grande potere, la poesia è l’eco nel bosco: poeta per mancanza di attenzione.
Tanti i nomi presenti nella raccolta, nomi di amici, di persone care ed amate, e c’è anche Emiliano. Sì, il poeta chiama più volte se stesso, scrive il suo nome ripetute volte come se fosse un mantra da ripetere per non scordarsi, si dice resta, resta.
essere Emiliano è momentaneo
essere forte essere lucido e intuitivo
camminare è momentaneo
essere e anche scrivere
è momentaneo
quali parole avrei dedotto
da un viaggio a Diamante a Vrasi a Maierà
da un pellegrinaggio a Verbicaro
quali immensità avrei sottratto
all’odore dell’erba dei prati di Estoul
oltre i larici in giacenze di silenzio
mi attrae l’idea di trasfondermi in un dittero
qualunque
in un insetto momentaneo e indifferente
capace di fare senza scegliere
mi attrae l’idea di non farmi intimorire dai concetti
più di quanto accada con le cose
uso la parola cose
per distinguere le mie ossessioni
la mia impermanenza
dalla fragranza mattutina della primavera
essere Emiliano è momentaneo e fallimentare
mi attrae l’idea di distendermi in un bosco
e di lasciarmi trafugare
di essere un monito un’antireliquia
(nato dopo un terremoto sono subito sfollato
e vago)
a chi mi chiede se respiro ancora
io rispondo: abito in cielo
ma non volo
Respirare, scrivere, stupirsi e ringraziare sono i verbi che si incontriamo nel libro, che si ripetono più volte nei testi; verbi compiuti nell’incompiutezza che il poeta avverte. Cribari scrive in mezzo alle rovine, via via il libro si fa un racconto ed un epistolario, c’è l’urgenza di scrivere, riscrivere e scavare nell’essenziale.
È un Emiliano che si mostra in tutto, tra il suo lasciarsi andare in queste inquietudini e il riemergere o il voler mischiarsi ad esse. Il poeta dunque trova posto? No, cammina, ripete, rimurgina, fotografa, scrive.
Lettere all’Inquetudine termina la raccolta. È una senzione formata da una ventina di lettere ad I. che in questo caso altro non è che la personificazione dell’inquetudine.
Cara I.,
c’è qui un incaglio di nuvole scure. Gioia di luce
scattante. Silenzio. Un sentiero scavato fra falesie
distese di grano. Un’erranza di pecore e campane.
Un filo spinato. Ci sono i pini acquattati fra la neb-
bia ad annusare lucertole e pensieri. Ci sei.
E.
Con questo “Ci sei” E. sa che non può far a meno della sua I. forse vorrebbe anche, ma questa sensazione l’accompagnerà sempre, è diventata una compagna di viaggio. In questo autoritratto, dal poeta disegnato e scritto, resta la certezza di trovare anche la sua inquietudine.
Nell’ultima lettera la risoluzione:
Cara Inquietudine,
ora so che la quiete non è il silenzio ma la disponibilità a lasciarsi andare.
Emiliano
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L’AUTORE
Emiliano Cribari è poeta, fotografo, camminatore.
Dal 1999 ha iniziato a sperimentare nel contesto di svariati ambiti artistici: dalla poesia al teatro, dalla fotografia all’audiovisivo.
Parallelamente, ha maturato esperienze professionali anche nel campo dell’editoria e del giornalismo.
Dal 2015 ha iniziato a sviluppare progetti fotografici di carattere personale, soprattutto su tematiche sociali.
Nel 2019, come guida ambientale escursionistica, ha dato vita alle “camminate letterarie”, escursioni in ambienti naturali caratterizzate da letture poetiche.
Ha pubblicato La cura degli istanti (Transeuropa, 2019), La vita minima (AnimaMundi, 2020), Errante (AnimaMundi/emuse, 2022), Mar d’Appennino (Edizioni dei Cammini, 2022), Il valore dell’aria (EC, 2022) e I diari del libraio errante (EC, 2023). Ha inoltre curato il riadattamento in lingua italiana della raccolta di poesie La saggezza del condannato a morte e altre poesie di Mahmud Darwish (emuse, 2022).