Recensione: “Alcyone 2000 vol 17” | L’Altrove
La composita, corposa ed eclettica pubblicazione, che prendiamo in considerazione in questa sede, Alcyone 2000 – vol.17, costituisce un volume che per la sua essenza, vista la commistione di saggi di critica letteraria, recensioni, sillogi poetiche, con articoli su pittori e scultori, corredati da belle riproduzioni a colori delle opere, si può considerare un ipertesto, per l’infinito gioco di rimandi tra le varie parti per la qual cosa il fortunato lettore immergendosi nella lettura affonda nelle pagine incantato da tanta bellezza e intelligenza.
I volumi Alcyone 2000, pubblicati da Guido Miano Editore, pur essendo impaginati come una rivista sono dei veri e propri repertori di critica letteraria e poesia e si occupano anche di arte: si distinguono per la qualità dei saggi pubblicati, la cura e la professionalità. Per esempio i nomi dei critici letterari e dei poeti nonché dei pittori e degli scultori che hanno firmato le parti letterarie e figurative sono tutti importanti nel panorama letterario, artistico e culturale non solo italiano. Un simile repertorio, nel mare magnum di una società postmoderna, globalizzata, liquida e consumistica come la nostra, che vede la caduta dei valori e il prevalere della mentalità dell’avere su quella dell’essere, come già stigmatizzato da Erich Fromm negli anni ottanta del secolo scorso, nella sua fruizione può divenire un’ancora di salvezza per ogni suo lettore, antidoto contro l’alienazione tipica nella vita attuale, attraverso una salutare immersione a trecentosessanta gradi nell’arte e nella cultura.
Ben vengano questi quaderni quasi come espressione del pensiero divergente anche perché cartacei, non destinati solo a un limitato numero di cultori, ma a chiunque abbia voglia di fare propri felicemente gli alti contenuti eterogenei del repertorio, che evoca per il lettore atmosfere simili a quelle degli oceani della tranquillità lunari, o la vicinanza con i grandi laghi portatori di pace allo spirito per usare delle metafore.
Non avendo la possibilità, nello spazio di una recensione, di analizzare tutti gli articoli presenti nel volume, ci si limita ad esaminare – a livello esemplificativo – per la saggistica l’articolo Paesaggio di Quasimodo di Giuseppe Zagarrio; per l’arte l’articolo sullo scultore e poeta Don Marco Morelli e per la poesia la silloge di Cinzia Magarelli, per me una scoperta, una nuova poetessa di Milano alla sua prima pubblicazione.
In Paesaggio di Quasimodo il saggista scrive sul tema affascinante del senso della notte per il Premio Nobel siciliano, la sua percezione anche di paura della notte, una notte che partendo dal dato fenomenico delle atmosfere del buio del firmamento, redento dalle stelle e dalla luna viene interiorizzata dal poeta e ovviamente diviene occasione per i componimenti poetici di Quasimodo stesso che il critico cita: «…Dammi vita nascosta / e se non sai me pure occulta, / notte aereo mare…» (Vita nascosta). «…mobile d’astri e di quiete / ci getta notte nel veloce inganno: / pietre che l’acqua spolpa ad ogni foce…» (Mobile d’astri e di quiete). Scrive Giuseppe Zagarrio che Quasimodo è poeta che ama a questo modo la notte per quella sensazione che da essa viene: di pienezza nell’annullamento e di delirio nell’angoscia. Per il poeta il timore di sperdersi nella notte, fa venire in mente L’infinito leopardiano e in particolare il verso «e il naufragar mi è dolce in questo mare», ma se il recanatese trova dolce la sua fusione con il cosmo, Quasimodo la vive anche con dolore e inquietudine: «…Ti cammino sul cuore / ed è un trovarsi d’astri / in arcipelaghi insonni, / notte, fraterni a me / fossile emerso da uno stanco flutto…» (Dammi il mio giorno). La notte è per Quasimodo ambivalente portatrice di un sogno ad occhi aperti pauroso e soave nello stesso tempo, residenza per l’anima in un misticismo naturalistico vissuto e sentito con tutti gli strumenti umani.
Per la sezione arte ci soffermiamo sull’articolo di Enzo Concardi riguardante Don Marco Morelli scultore, poeta e filosofo, del quale sono inserite varie riproduzioni di opere in terracotta e in bronzo. Nato nel 1942, il nostro come scultore autodidatta ha avuto la prima commissione pubblica nel 1973 e ad essa sono seguite decine di commissioni per varie chiese. Dalle forme armoniche e plastiche in altorilievo le sue sculture hanno qualcosa di neoclassico; tra queste spicca una Crocefissione in bronzo, originale perché in essa Cristo, accolto dal Padre, è circondato da vari Santi e Sante che condividono il suo atrocissimo dolore per consolarlo. Come afferma lo stesso Don Morelli nella sua arte ritroviamo una commistione di Fede e filosofia che sottendono una consapevole coscienza artistica che non a caso raggiunge esiti mirabili.
La poetessa Cinzia Magarelli è presente con la silloge La carezza della vita composta da poesie brevi e concentrate neo liriche tout-court. Scrive nella sua nota Concardi: «…e vita è la dimensione, il luogo esistenziale, l’esperienza emotiva più visitata nel dipanarsi della sua ricerca di una serenità vissuta e forse conquistata…». Un ottimismo intelligente pervade queste liriche nel senso di ammirazione per il Creato e la pratica della poesia stessa fa in modo che la creatura diventi persona. È forte il tema dell’amicizia in Amica componimento pervaso da gioia: «Aperta era la porta / selvatica amica / dal cuore gitano / rifugio, / minuti rubati / alla vita che era / luce negli occhi / cuore intelligente. / La vita è bella». Nella lirica Per mio marito leggiamo: «Oggi ti vedo / luce nuova / vera promessa / le mani ti ho dato / arrese nelle tue, / coraggioso compagno / ti seguo». Il poiein di questa opera prima della Magarelli brilla per bellezza, originalità, icasticità, leggerezza e luminosità.
A cura di Raffaele Piazza.