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Recensione: “Danza con me” di Giuseppe Bertòn | L’Altrove

Danza con me – Dance with me (Guido Miano Editore, 2023), di Giuseppe Bertòn con traduzione in inglese di Luisa Randon, la raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede ha come cifra dominante nel suo inverarsi una poetica intellettualistica sottesa ad una matrice che determina accensioni e spegnimenti di tipo neolirico e a volte elegiaco.

Composito e articolato architettonicamente il volume nel suo essere scandito nelle seguenti sezioni: Parte I: L’ultima sera dell’anno; Parte II: Marocco; Parte III: Mille anni; Parte IV: Una volta ho scritto una poesia; Parte V: Alla luna; Parte VI: Danza con me.
Il testo presenta una prefazione di Floriano Romboli esauriente e ricca di acribia nel metterne in luce i molteplici aspetti.
Affascinante la prima composizione intitolata Il tempo che ha per argomento la stessa percezione soggettiva del tempo da parte del poeta e non solo del poeta, tempo che fugge inesorabilmente.

Del resto il tempo è una dimensione imprescindibile nella letteratura e anche nell’arte in generale perché ogni forma estetica è nel tempo e per esempio T. S. Eliot aveva una forte coscienza del tempo che è segno di limite e di morte a meno che non sia presente nel bagaglio del poeta una categoria religiosa e mistica per la quale il tempo è infinito e sconfina nell’eternità come per esempio in Dante: «Questa sera, l’ultima sera dell’anno, / ho messo la legna / nella stufa di montagna, // e miracolosamente la casa si è scaldata, / ed è l’ultima sera dell’anno, / ed il tempo passa, e qualche volta vola. // E pensavo come pensiamo il tempo, / che i fisici misurano, i poeti soffrono, / i religiosi credono infinito. // Io penso che il tempo è un’illusione, / è solo un’illusione in questa vita sconosciuta. / E vale meno di un bacio» (Il tempo).

Una parvenza di rêverie è presente costantemente nei versi e una magia e una malia caratterizzano gli stessi versi detti con urgenza, versi raffinati, ben cesellati e perfettamente controllati.
Giustamente il prefatore parla di anafora e di iterazione lessicale e sintagmatica in questo poiein accattivante e intelligente.
Intrigante per il lettore la traduzione a fronte in inglese che intensifica il piacere del testo.
Anche un’aurea di mito e sacralità pagana è presente in queste pagine quando sono dette le divinità Apollo e Dioniso che per il correlativo oggettivo divengono simboli e metafore di bellezza e armonia cosmica che riportano alla Grecia attica dell’armonia per antonomasia di quando il tempio è costruito sul monte per una fusione ontologica con la natura.
Anche l’amore è una tematica della poesia e l’io poetante non si rivolge alla persona amata ma parla genericamente d’amore.

In Un giorno leggiamo: «Un giorno ero innamorato, / e guardavo il mio amore, / e guardavo le persone, / e le case, / e l’aria, / e le strade. // Guardavo il mio amore, / e sentivo le cose intorno cambiare. / Sentivo lo spazio ed il tempo modificarsi, // in qualche modo come la gravità modifica / lo spazio ed il tempo, / intorno all’universo. // Dove lo spazio è diverso, / dove il tempo è diverso. / Mentre guardavo il mio amore», poesia veramente notevole.

I versi procedono per accumulo e il ritmo crea musicalità e a volte ci sono epifanie di freschezza e dolcezza come nel distico: «…Oggi è una bella giornata / e ho baciato il mio amore», Una bella giornata).

A cura di Raffaele Piazza

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