Estratti ed Inediti

Estratto da “Vora” di Mara Venuto | L’Altrove

Vora è una voce dialettale pugliese che significa ‘voragine, inghiottitoio’. Etimologicamente risale al latino vorare ‘inghiottire’, benché Rohlfs ipotizzasse addirittura, alla base del termine, la radice prelatina *vora. Tale voce forma curiose coppie minime con altri dialettismi: con la vura, ad esempio, parola con cui si indica in Puglia il misterioso folletto che conduce all’incubo; o con la vara, carro su cui vengono poste le statue o le immagini dei santi nel corso delle processioni. Sembra di entrare, anche solo articolando questi suoni, in una dimensione altra, un luogo nascosto alla vista dei più o, al contrario, ostenso, sciorinato; entro un sogno popolato dai mostri e dalle violente gioie dell’infanzia, e dal sangue dei santi.
Mara Venuto dà ascolto, in questo libro, a
quelle voci in grado di crepare il suolo, di farci letteralmente mancare la terra sotto i piedi, insegnandoci che è nell’ascolto – ancor prima che nella scrittura – il vero mestiere del poeta.

Dalla prefazione di Giovanni Laera

Ho perso la mia innocenza,
una culla dove posare un corpo piccolo
e trovare un sudario.
Quanto tempo a ritrarsi
nel buco della terra
nel buio attraversabile con un pugno
eppure manca la forza del gesto.
Uno sguardo che non vede.

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L’impeto e il nulla
non azzannare la coda
non cedere all’autolesione,
un appello alla sapienza degli embrioni
prima di arrogarsi in cellule complesse.

Al mattino giochiamo
a intercettare folate di corrente
con gli avambracci in croce
nel punto di consegna tra le stanze.
Esporsi con la fronte al soffio
dove arriva più forte,
mentre il carnefice alle spalle
è già debole, e resta vocale morente.


Qualsiasi clamore andrà a sbiadire,
non rimane impressione
dei nostri debiti generazionali
di quando abbiamo prevalso,
siamo liberi al fronte.
Tornati seme poi getto
fuoriéscere alla lattescenza
dalla forma adulta, che sa quanta lotta.


Sulla tua bocca
le strade della città di notte,
il silenzio della neve prima che soffra
un’orma scura sull’innocenza.

Insieme cerchiamo un posto al nero,
una casa al rumore complesso.

L’avvento è il nostro tempo,
un respiro di ferro nelle narici
quando il cielo si straccia
e scopriamo da soli
quello che altrimenti viene.


L’attesa evoca l’origine
sepolta nei ricordi degli altri,
un’incarnazione lunghissima.

Vivo a terra,
la piombatura nera dei molari
nascosta in tutte le giunture,
la leggerezza in una sola parola,
furia.

Quando è venuto il tempo
non emanava odore.

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L’AUTRICE

Mara Venuto

Mara Venuto è nata a Taranto nel 1978, vive a Ostuni. Tra le sue pubblicazioni premiate: i monologhi teatrali Leggimi nei pensieri (2008), The Monster (2015, testo finalista al Mario Fratti Award 2014 di New York per la drammaturgia italiana); le raccolte poetiche Gli impermeabili (2016), Questa polvere la sparge il vento (2019), La lingua della città (2021).
Ha collaborato con note testate giornalistiche pugliesi, televisive, cartacee e online; in qualità di ghostwriter ed editor ha curato romanzi di grande successo per editori nazionali. Ha curato e pubblicato alcune antologie di prosa e poesia, tra cui un ciclo di volumi al femminile; è inclusa in numerose opere collettive di poesia, prosa e teatro; è presente in monografie critiche dedicate alla poesia italiana femminile contemporanea. Suoi testi originali e corti teatrali sono stati rappresentati con buon riscontro di pubblico e critica. Sue poesie sono state tradotte e pubblicate in sette lingue. È stata ospite di Festival internazionali di Poesia, tra cui: IX Festival di Poesia Slava a Varsavia nel 2016; XV Festival Trirema e poezisë Joniane a Saranda (Albania) nel 2021; XXVI Festival Ditët e Naimit a Tetova (Macedonia) nel 2022.

La sua raccolta di poesie Vora in versione inedita, è menzione d’onore al Premio Lorenzo Montano 2021; finalista al Premio di Letteratura Contemporanea Bologna in Lettere 2022; seconda classificata al III Premio Letterario nazionale Gianmario Lucini 2022.

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