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Poesie scelte di Salvatore Toma | L’Altrove

Vorrei ficcarmi le dita
allo stomaco
spaccarmi le costole
spezzarle con grandissimo dolore
aprirle
so che non verrebbero fuori
viscere fegato cuore
verrebbero fuori
neve alberi fuoco
vento pioggia
perché io sono fatto così
vegetale e libero.
Io non sono cervello
ossessioni inibizioni
società paure
io sono vita
vita libera libertà foreste
gioia di esistere.


All’improvviso
ecco che qualcosa non va più,
un meccanismo perfettissimo
funzionante a meraviglia
di colpo si inceppa,
i giorni diventano secoli
la mente non conosce più il tempo.
L’istinto scatta affannoso
alla ricerca di un’ancora antica,
ma qualcosa, irreparabile e grandioso,
è successo. Il passato è uno stagno,
il futuro ancora più oscuro.
L’idea di morte è qui, a un passo da me,
posso coglierla,
come sollevare un bambino.
La mia idea di morte si fa
chiara in questo vuoto, come l’idea di Dio.
A me Dio piace indovinarlo
in una pietra qualunque,
in un’infanzia serena,
in un frutto maturo,
nell’onda del mare
che come la morte cancella il mio nome.


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Non ti credo
ma c’è chi giura che esisti,
forse non ti so cercare
o rassegnarmi a cadere
e tu giochi a nasconderti
non ti fai trovare,
sembriamo
due strani innamorati
ma io ti sento
qui alle mie spalle,
a volte mi sento toccare.


Un amore

Non si può soffocare a lungo
un amore.
Lo si può ritardare questo sì
per vari comodi
o per estreme deludenti sensazioni
ma alla fine trionfa.
Lo si può nascondere
con violenza per anni
o con indifferenza
lo si può pietosamente subire
e soffrire in silenzio
ma alla fine trionfa.
E’ un plagio istintuale
rapace che ci assale
serenamente ci opprime.
Così accadde a noi
tanti anni fa.
Dopo il fulmine
cercammo storditi
umanamente il sereno
il refrigerio del distacco
sperammo a lungo con passione
nella morte dell’altro
adducendo l’imprevedibile
trincerandoci ostili a combatterlo
armati di nuove prove
e insormontabili difficoltà.
Ma l’ultimo appuntamento
sarà inesorabile
più delle nostre vili paure.
Come tanti anni fa
riaccadrà.


Testamento

Quando sarò morto
che non vi venga in mente
di mettere manifesti:
è morto serenamente
o dopo lunga sofferenza
o peggio ancora in grazia di dio.
Io sono morto
per la vostra presenza.

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Da Canzoniere della morte, Einaudi.

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