Riscoprire i poeti

Poesie scelte di Seamus Heaney | L’Altrove

Scavare

Tra il mio indice e il mio pollice riposa
la tozza penna, comoda come una pistola.

Da sotto la finestra, un suono aspro e netto
quando la vanga affonda nella terra ghiaiosa:
mio padre, che scava. Mi affaccio e guardo

finché la sua groppa tesa nello sforzo tra le aiuole
s’abbassa, si rialza vent’anni addietro
curvandosi ritmicamente tra i solchi di patate
dove stava scavando.

Il rozzo scarpone annidato sulla staffa, il manico
saldo contro l’interno del ginocchio a fare leva.
Sradicava gli alti ciuffi, affondava la lama lucente
per sparpagliare le patate novelle che raccoglievamo
stringendole con piacere fredde e dure tra le mani.

Per Dio, il mio vecchio la sapeva maneggiare, la vanga.
E così il suo.

Mio nonno tagliava più torba in una giornata
di ogni altro nella torbiera di Toner.
Una volta gli portai del latte in una bottiglia
con un tappo di carta abborracciato. Si raddrizzò
per bere, poi si rimise subito al lavoro,
fendenti e affondi netti, gettandosi le zolle
sopra la spalla, andando sempre più giù
dove la torba era migliore. Scavare.

L’odore freddo del terriccio sulle patate, il risucchio e lo schiaffo
della torba impregnata, i tagli netti di una lama
su radici vive mi si ridestano nella mente.
Ma non ho vanga per seguire uomini come loro.

Tra il mio pollice e l’indice riposa
la tozza penna.
Scaverò con questa.

Da Morte di un naturalista, Mondadori, 2014


Metropolitana

Eravamo là a correre per il tunnel a volta,
tu davanti col cappotto nuovo da viaggio affrettandoti
e io, dietro come un dio veloce cercando di raggiungerti
prima che ti trasformassi in un giunco

o in uno strano fiore bianco screziato di cremisi
mentre il cappotto sventolava selvaggio e i bottoni
uno dopo l’altro saltavan via lasciando una traccia
fra la Metropolitana e l’Albert Hall.

Luna di miele, indugi al chiar di luna, tardi per il concerto,
i nostri echi muoiono in quel corridoio e adesso
io scopro come fece Hänsel le pietruzze di luna
ripercorrendo il sentiero, raccogliendo i bottoni

per finire in una stazione illuminata e ventosa
coi treni ormai partiti, il binario bagnato
nudo e teso come me, attento solo a captare
i tuoi passi, e dannato se guardo indietro.

Da Poesie, Mondadori, 2016


Post Scriptum

E trova il tempo prima o poi di andare verso ovest
fino al County Clare, lungo la Flaggy Shore,
in settembre o in ottobre,
quando il vento e la luce confliggono,
e da una parte l’oceano si scatena
di schiuma e di bagliori, e nell’interno tra i massi
la superfìcie di un lago grigio ardesia è illuminata
dal lampo atterrato di uno stormo di cigni,
le penne irruvidite e arruffate, bianco su bianco,
il lungo capo dall’aria ostinata
nascosto o increstato o indaffarato sott’acqua.
Inutile pensare di parcheggiare e catturare tutto
più interamente. Tu non ci sei, c’è solo
un’urgenza in cui passano l’estraneo e il noto,
mentre grandi sbuffi ventosi colpiscono soffici la fiancata
e colgono il cuore alla sprovvista e lo spalancano.

Da Poesie, Mondadori, 2016


Sul dono di una penna stilografica

Ora che ho in mano la tua penna
e ho paura
che cessino le poesie,

che dire degli anni
di tutti gli altri doveri
imposti o intrapresi?

Tutto quel «Fa’ agli altri
ciò che vorresti fosse fatto a te»?
Un errore? Virtù?

Sì e no. Intingo e riempio
e ricomincio: dubbi
o non dubbi, lascia scorrere.

Da Poesie, Mondadori, 2016


Rilke: dopo l’incendio

La mattina di primo autunno esitava,
restia alla novità, un vuoto dietro
i tigli arsi che ancora s’affollavano attorno
alla casa nella brughiera, ora solo un altro muro

dove i giovani si raccoglievano da chissà dove
si inseguivano e gridavano e correvano selvaggi in branco.
Eppure al suo apparire cadde il silenzio,
il figlio del luogo che con un lungo bastone biforcuto

estrasse una latta sformata o un pentolino
da sotto le travi calde e mezzo bruciate;
e poi, come chi ha un racconto ambiguo da fare,
si voltò verso i presenti e si affannò

per fare loro capire cosa c’era stato, lì.
Perché ora, ogni cosa svanita, tutto sembrava
molto più strano, più irreale del faraone.
Lui pure era cambiato: straniero in mezzo a loro.

Da District e Circle, Mondadori, 2009

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