Non era previsto che sopravvivessimo

Non era previsto che sopravivessimo: Anite di Tegea | L’Altrove

Anite fu una poeta ellenistica vissuta a Tegea, in Arcadia.

Nessuna informazione affidabile sulla vita di Anite sopravvive e può essere datata solo approssimativamente dallo stile del suo lavoro. Sulla base di ciò, e di possibili imitazioni delle sue opere nella seconda metà del III secolo a.C., si ritiene generalmente che fosse attiva intorno al 300 a.C. Secondo Giulio Polluce, che scrisse nel II secolo dC, era di Tegea in Arcadia. Una tradizione alternativa, registrata nell’Antologia greca, sosteneva che Anite provenisse da Mitilene su Lesbo, ma il suo uso di un dialetto dorico, e menzioni nel suo poema di Tegea e del dio arcadico Pan, suggeriscono che un’origine tegea è più probabile. Sebbene si sappia poco della vita di Anite, sopravvive più della sua poesia che di qualsiasi altra donna dell’antica Grecia, ad eccezione di Saffo.

La poesia di Anite di Tegea

Sono giunti a noi venticinque epigrammi a lei attribuiti nell’antichità, uno citato da Giulio Polluce e il resto nell’Antologia Palatina o Planudea. Di questi, diciannove sono certamente considerati di Anite, i rimanenti sono attribuiti sia ad Anite che ad altri autori. È probabile che Anite abbia raccolto in un libro i suoi epigrammi – potrebbe essere stata la prima a farlo. L’Antologia greca si riferisce due volte a lei chiamandola “la poetessa lirica”, Pausania menziona invece la sua poesia epica, ma non conosciamo suoi testi con i due particolari generi.

Anite compose la sua poesia in un dialetto misto, con elementi di linguaggio dorico ed epico, oltre ad alcuni atticismi. È spesso diretta a donne e bambini, e Kathryn Gutzwiller sostiene che sia stato deliberatamente composto in opposizione agli epigrammi tradizionali, che avevano a una prospettiva maschile e urbana. Di conseguenza, dei cinque epitaffi scritti da Anite che sopravvivono, solo uno segna la morte di un giovane, come era tradizionale nel genere; i restanti quattro commemorano donne morte giovani. È famosa soprattutto per i suoi epitaffi per animali ed epigrammi pastorali che descrivono paesaggi idilliaci. Sopravvivono anche due epigrammi dedicatori di Anite.

La poesia di Anite fa uso del vocabolario omerico per scrivere su temi personali e domestici. Ad esempio, l’epigramma 6 di Anite, un epitaffio dedicato alla nubile Antibia, riecheggia ripetutamente frasi dell’Iliade e dell’Odissea. Il suo lavoro fa anche riferimento alla lirica greca arcaica e al dramma attico e mostra la prova che conosceva gli epigrammi di Simonide di Ceos e Anacreonte.

Epigramma 6:

ς’.

Οὐκέτι μ’ ὡς τὸ πάρος πυκιναῖς πτερύγεσσιν ἐρέσσων
ὄρσεις ἐξ εὐνῆς ὄρθριος ἐγρόμενος·
ἦ γάρ σ’ ὑπνώοντα σίνις λαθρηδὸν ἐπελθὼν
ἔκτεινεν λαιμῷ ῥίμφα καθεὶς ὄνυχα

6.

(Antologia Palatina, VII, 202)

Non più come prima, con fitte ali remando,
mi farai levare dal letto destandomi di buon’ora:
un predatore, infatti, mentr’eri assopito,
giunto furtivamente, celermente ti affondò
nella gola i terribili artigli.

(Traduzione di Gabriele Mantineo)

Le poesie pastorali e gli epitaffi per animali domestici di Anite furono innovazioni importanti, con entrambi i generi che divennero standard nella poesia ellenistica. Le sue opere pastorali potrebbero aver influenzato sia Teocrito che Ovidio e Marco Argentario scrisse adattamenti delle sue poesie; Antipatro di Tessalonica la elenca nel suo canone delle nove poetesse. Secondo Taziano, una statua di Anite fu scolpita da Cephisodotus.

Epigramma 5:

ε’.

Ἀκρίδι, τᾷ κατ’ ἄρουραν ἀηδόνι, καὶ δρυοκοίτᾳ
τέττιγι ξυνὸν τύμβον ἔτευξε Μυρώ,
παρθένιον στάξασα κόρα δάκρυ· δισσὰ γὰρ αὐτᾶς
παίγνι’ ὁ δυσπειθὴς ᾤχετ’ ἔχων Ἀίδας.

5.
(Antologia Palatina, VII, 190)

Per una cavalletta, usignolo dei campi,
e per una cicala che abita fra le querce
la fanciulla Mirò fece una tomba comune,
mentre versava lacrime puerili:
i due suoi compagni di gioco, infatti,
li prese e li portò via l’inesorabile Ade.

(Traduzione di Gabriele Mantineo)

All’inizio del ventesimo secolo, la poesia di Anite venne molto apprezzata. Richard Aldington la descriveva nelle sue traduzioni come la “donna-Omero”; altri studiosi furono più critici nei confronti del lavoro di Anite, considerando i suoi argomenti frivoli. Tuttavia, Josephine Balmer descrisse la sua poesia come “sbalorditiva” e sostiene che dimostra sia educazione che abilità tecnica. Anite è una delle donne incluse nell’Heritage Floor dell’artista Judy Chicago.

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