Poesie ritrovate

Poesie ritrovate: Gabriela Mistral | L’Altrove

Gabriela Mistral, pseudonimo letterario di Lucila Godoy Alcayaga, è stata la prima autrice ispanoamericana a ricevere il Premio Nobel per la letteratura; in quanto tale, sarà sempre vista come una figura rappresentativa nella storia culturale cilena.

Nata il 7 aprile 1889 a Vicuña, in Cile, venne cresciuta da sua madre e da una sorella maggiore di quindici anni più grande di lei, che fu la sua prima insegnante. Suo padre, un insegnante di scuola elementare con un debole per l’avventura e la vita facile, abbandonò la sua famiglia quando Gabriela era una bambina di tre anni; lo vedeva solo in rare occasioni, quando faceva visita a sua moglie e ai suoi figli, prima di scomparire per sempre. Questo padre evasivo, che scriveva piccole poesie per sua figlia e le cantava con la sua chitarra, ebbe una forte influenza emotiva sulla poeta. Da lui ottenne, come soleva commentare, l’amore per la poesia e lo spirito nomade del perpetuo viaggiatore. Sua madre fu la forza centrale che sviluppò in lei quell’attaccamento sentimentale alla famiglia, alla patria e influenzò il suo desiderio di avere successo. Non meno influente fu la figura della nonna paterna, le cui letture della Bibbia la segnarono per sempre. Persona estremamente religiosa, la nonna incoraggiò la giovane Gabriela ad imparare e recitare a memoria brani della Bibbia, in particolare i Salmi di Davide. Come la poeta affermò, la Bibbia fu uno dei libri la influenzarono maggiormente.

Gabriela, una delle più note poete latinoamericane del suo tempo, come fu chiamata con ammirazione in tutto il mondo ispanico, incarnava nella sua persona, così come nelle sue opere, i valori culturali e le tradizioni di un paese – il Cile – che non era stato riconosciuto fino ad allora con il più prestigioso premio letterario internazionale. “È per rendere omaggio alle ricchezze della letteratura ispanoamericana che oggi ci rivolgiamo soprattutto alla sua regina, la poetessa di Desolación, che è diventata la grande cantante di misericordia e maternità”, conclude la citazione del Premio Nobel letta da Hjalmar Gullberg alla cerimonia del Nobel.

Le opere di Mistral, sia in versi che in prosa, trattano della passione fondamentale dell’amore come si vede nei vari rapporti tra madre e figlio, uomo e donna, individuo e umanità, anima e Dio.

Dammi la mano

Dammi la mano e danzeremo;
dammi la mano e mi amerai.
Come un sol fiore noi saremo,
come un fiore, e niente più…

Lo stesso verso canteremo,
lo stesso passo ballerai.
Come una spiga ondeggeremo,
come una spiga, e niente più.

Ti chiami Rosa e io Esperanza;
ma il tuo nome scorderai,
perché saremo noi una danza
sulla collina, e niente più…

Educatrice e intellettuale impegnata, la Mistral difese i diritti dei bambini, delle donne e dei poveri; le libertà della democrazia, il bisogno di pace in tempi di conflitti sociali, politici e ideologici, non solo in America Latina, ma nel mondo intero. Si è sempre schierata dalla parte di coloro che erano maltrattati dalla società: bambini, donne, nativi americani, ebrei, vittime di guerra, lavoratori e poveri, e cercò di parlare per loro attraverso la sua poesia, nei suoi numerosi articoli di giornale, nelle sue lettere, nei suoi discorsi e nelle sue azioni in quanto rappresentante cilena nelle organizzazioni internazionali. Soprattutto era preoccupata per il futuro dell’America Latina, della sua popolazione e della loro cultura, in particolare quella dei gruppi autoctoni. I suoi interessi altruistici e le sue preoccupazioni sociali avevano un sottofondo religioso, poiché scaturiscono dalla sua comprensione del mondo profondamente spirituale e francescana. La sua vita spirituale personale è stata caratterizzata da una ricerca instancabile, apparentemente mistica, dell’unione con la divinità e con tutto il creato.

Gli scritti della Mistral sono altamente emotivi e colpiscono il lettore con uno stile originale caratterizzato dal suo disprezzo per gli elementi esteticamente gradevoli, comuni tra gli scrittori modernisti, suoi immediati predecessori. Ritmo, rima, metafore, simboli, temi, così come altre tecniche poetiche tradizionali, sono tutti diretti nella sua poesia verso l’espressione di emozioni profondamente sentite e forze contrastanti in opposizione: amore e gelosia, speranza e paura, piacere e dolore, vita e morte, sogno e verità, ideale e realtà, materia e spirito sono sempre in competizione nella sua vita e trovano espressione nell’intensità della sua ben definita voce poetica.
Nelle sue poesie parlano la donna abbandonata e l’amante gelosa, la madre, l’insegnante, colei che conforta e nutre compassione, quindi un insieme di voci differenti tra loro. Tutte queste voci liriche rappresentano i molteplici aspetti della sua personalità e sono state intese dalla critica e dai lettori come le voci autobiografiche di una donna la cui vita è stata segnata da un’intensa consapevolezza del mondo e del destino umano.

Canto che amavi

Io canto ciò che tu amavi, vita mia,
nel caso ti avvicini e ascolti, vita mia,
nel caso ti ricordi del mondo che hai vissuto,
nel rosso del tramonto io canto te, ombra mia.

Io non voglio restare più muta, vita mia.
Come senza il mio grido fedele puoi trovarmi?
Quale segnale, quale mi svela, vita mia?

Sono la stessa che fu già tua, vita mia.
Né infiacchita né smemorata né spersa.
Raggiungimi sul fare del buio, vita mia;
vieni qui a ricordare un canto, vita mia;
se tu questa canzone riconosci a memoria
e se il mio nome infine ancora ti ricordi.

Ti aspetto senza limiti né tempo.
Tu non temere notte, nebbia o pioggia.
Vieni per strade conosciute o ignote.
Chiamami dove sei, anima mia,
e avanza dritto fino a me, compagno.

La parola poetica nella sua bellezza e intensità emotiva aveva per lei il potere di trasformare e trascendere la debolezza spirituale umana, portando consolazione all’anima in cerca di comprensione. La sua poesia è quindi carica di un senso di rito e di preghiera.

Sebbene usi principalmente metro e rime regolari, i suoi versi a volte sono difficili da recitare a causa della loro durezza, risultante da rotture intenzionali delle regole prosodiche. Questa apparente carenza è usata di proposito dalla poeta per produrre un effetto voluto: la spiacevole sensazione di incertezza che pervade il lettore e che corrisponde all’atteggiamento tormentato della voce lirica e al carattere appassionato della sua visione del mondo. Anche quando i versi di Mistral hanno una semplice musicalità, vibrano di un’emozione controllata e di una tensione nascosta. Anche nella sua scrittura in prosa la Mistral distorce e intrica il linguaggio in modi espressivi insoliti come se lo stile comune e diretto non fosse appropriato al suo argomento e alla sua interpretazione intensamente emotiva.

La donna forte

Ricordo il tuo viso, fissato nei miei giorni,
donna con gonna azzurra e con fronte abbronzata;
quando nella mia infanzia, in terra mia d’ambrosia,
ti vidi aprire un solco nero in un ardente aprile.

Nella fonda taverna, l’impura coppa alzava,
chi un figlio appiccicò al tuo petto di giglio;
sotto questo ricordo, che t’era bruciatura,
cadeva dalla mano, serena, la semente.

Io ti vidi in gennaio segare il grano al figlio,
e in te, senza capire, trovai quegli occhi fissi,
ugualmente ingranditi da meraviglia e da pianto.

Poesie tratte da Sillabe di fuoco (Bompiani, 2020)

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