Giovani Poeti

Giovani poeti: Caterina Golia | L’Altrove

Da sempre sosteniamo che la poesia fatta dai giovani sia da scoprire.

Per questo motivo vi segnaliamo quella di Caterina Golia. Nata a Portogruaro nel 1999 Caterina è una studentessa dell’università di Bologna ed è da sempre appassionata di fotografia e scrittura. Partecipa a diverse mostre e unisce con arte versi ed autoritratti, creando particolare e significative esperienze visive ed intime con l’io poetico narrante e l’io del lettore.

Per presentarvela meglio, le abbiamo fatto alcune domande.

Grazie Caterina. La domanda è d’obbligo: quando hai iniziato a scrivere poesie?

Domanda mai banale. Ho iniziato a scrivere poesie a sedici anni, circa. Adesso ne ho 23, ma l’emozione è sempre la stessa dopo aver scritto e prima di scrivere.

Poetare è rivelarsi? Quanto pensi di scavare a fondo di te, scrivendo?

Penso e spero di dire molto, però mai tutto. Non bisogna, io credo, esaurirsi. Abbiamo sempre bisogno di un margine di mistero, nei confronti degli altri e di noi stessi.
Scrivevo e scrivo per necessità, per dare un nome a ciò che mi spaventa, che desidero esca dalla mia testa. Scrivere è dare un corpo, dare un volto, dare nome e perciò vita a tutto.
Credo che questa sia una delle modalità di ricerca interiore maggiore. È come essere un investigatore: alla ricerca continua di indizi, che alla fine porteranno a scovare il colpevole. Il poeta è l’indagatore di sé stesso.

“Prima del canto, prima del silenzio | il poeta deve vivere”, scrisse Goethe. Quanto il tuo vivere influenza la tua poesia? Ed il poeta, secondo te, riesce a vivere appieno? Riuscirebbe a scrivere senza vivere?

Il vivere quotidiano credo influenzi qualsiasi artista. Siamo la categoria degli ipersensibili, non riusciamo a rimanere indifferenti a nulla. Anche ai piccoli avvenimenti quotidiani diamo l’opportunità di provocarci dentro una ferita.
Per questo sono certa che sì, il poeta viva tutto alla massima potenza che la realtà esige. E sono certa anche che no, chi non vive non può scrivere. Perché l’arte, che è un’esigenza, anche lei esige qualcosa da noi: ovvero, come ho detto prima, una provocazione esterna che deve venire dalla realtà, dal vissuto quotidiano.

Quanto è importante fare poesia al giorno d’oggi?

È importantissimo, ma lo è altrettanto rispettare la poesia. Quello che intendo dire, è che nella società odierna ci sono una quantità esorbitante di voci, e non tutte hanno realmente qualcosa da dire.
Vorrei citare, a questo proposito, Leo Longanesi: “L’arte è un appello al quale troppi rispondono senza essere stati chiamati”.

Di seguito tre inediti di Caterina Golia

È da anni che cerco di sfilacciarmi
e perdere tracce di me
da questi luoghi a cui ormai
troppo somiglio.

Ma c’è sempre una mano
che mi cura prendendo l’ago
ricomponendo i fili consumati.

Non c’è spazio per l’altrove
io devo restare qui,
me lo dice un amore
più forte dell’abbandono.


Il vuoto non è mai purezza,
lo vedo perché non entra
neanche un po’ di bellezza.

Sento un’eco di beatitudine
smorzata, non sopravvive
all’addio della vita.

Il vuoto assorbe anche il silenzio,
è nulla intorno che mi trascina:
non sopravvive neanche il dolore.


Il dolore mi riporta alla vita
come una garanzia di esistenza,
un ricordo indelebile: morire
significa essere esistiti.

Mi aggrappo al dolore,
bozza di morte;
mentre sanguino, già penso
con gioia e certezza
alla resurrezione: vivere ancora
significa essere amati.

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