Estratto da “Ogni cosa sta in bilico sul fiore di un’àgave” di Vincenzo Mirra | L’Altrove
C’è una questione antica e essenziale che reclama la sua attualità perenne: l’essere ciò che si sente. La poesia di Vincenzo Mirra assolve a questo proposito. Mirra rivela senza svelare, senza togliere i veli alla dea, e lo fa con una naturalezza tanto semplice quanto disarmante. Il suo logos fa vibrare di naturale chiarezza la parola, al punto che la realtà diventa la nostra interiorità rispecchiata nel mondo.
Una volta Vincenzo Mirra mi ha detto: È così inerte la materia del cielo, se la guardi senza accendere gli occhi. Ed è tutto qui, il succo del discorso. I suoi versi questo ci suggeriscono: che siamo noi il luogo, siamo noi il tempo, e siamo noi ancora che possiamo trascenderli.
Dalla postfazione di Chiara Catapano.
Come il mattino di un giorno di grandi imprese (Preghiera laica)
Siate come l’erba profumata
Come il mattino di un giorno di grandi imprese
siate amorevoli, generosi, solidi
non tanto in quello che appare atutti
se non è un sorriso per l’altro
ma piuttosto nell’invisibile
che sia come l’alba di un miracolo.
Non fate del vostro calco un tribunale
né che il vostro viso diventi il Sant’Uffizio,
inginocchiatevi invece, sopra un filo d’erba.
Siate uno specchio davanti alla Vita dell’altro
come l’atleta che fa il record del mondo.
Portate nel mondo la dolcezza di un sorriso
l’intimità di un bacio, la tenerezza delle carezze
l’umanità delle ciglia.
Siate lo stupore e la meraviglia.
Fate tornare i miracoli.
Algebra essenziale
Nella stanza tutto è ridotto ai minimi termini
io stesso sono una frazione elementare:
La goccia si è prosciugata
Le ore della notte lo sono
La piccola lampada sul comodino è accesa
Il bicchiere d’acqua a metà
Il sangue lo è
Le mie carni lo sono
Prendo un respiro
Misuro il perimetro di ciò che manca:
Minimo comune multiplo
Massimo comune divisore.
21 grammi
È notte.
Ho membra rotte
Tendini scarnati
Occhi decrepiti.
Resto impastato di silenzi e di botte
e taciturne rovinose stelle
mi stringono nel petto un unico dolore.
Tu mi credi “un bene del mondo”
Ma no, non si è di nessun globo rotondo
Se del bene provato resta soltanto il deposito,
vuoto a perdere di 21 grammi.
Cocoon
Pensavo così, tra me
e me, alla natura delle cose prodigiose:
a quella del bozzolo per esempio
ché per quanto la crisalide può volere
lei lo rompe solo quando è il tempo
per le ali, di volare.
Così pensavo, tra me
e me, che la metamorfosi
non è volere, ma è volare.
Vieni, entra / immergiti nei miei occhi blu
Vieni, entra / immergiti nei miei occhi blu
Distenditi nei miei mari
Come, come in / dive in my blue eyes
Lie down in my seas
Non sono che un pazzo pescatore di nuvole
lancio ogni mattina il mio amo nel cielo
I’m just a mad cloud fisherman
I throw my hook in the sky every morning
Una volta ho pescato le sue ali
Once I caught his wings
L’AUTORE
Vincenzo Mirra (Napoli, 1973) è ingegnere aerospaziale, poeta e scrittore di libri per ragazzi. Sue poesie sono state pubblicate su importanti riviste poetiche e quotidiani nazionali.
Ogni cosa sta in bilico sul fiore di un’àgave è la sua quarta raccolta edita di poesie. Suoi lavori precedenti sono: Moleskine. Poesie a matita (Ensemble, 2019), Sursum corda. Ad Ovest dei versi (Augh!, 2018) e Isole (Augh!, 2016).