Estratto da “C’è un sacco di spazio sul fondo” di Elisa Malvoni | L’Altrove
La poesia non si spiega e tanto meno si spiega quella di Elisa Malvoni, che ha la cifra della poesia vera e quel mistero che ci fa chiedere il perché delle cose: perché succedo no, perché semplicemente esistono?
Bisognerebbe chiederlo all’autrice, e sicuramente ella stessa risponderebbe: “Perché mi va”. Sarebbe una risposta saggia e completa, per quanto sintetica, che ci dice qualcosa anche del piacere di creare da cui sprizzano i suoi versi. Quelli della Malvoni sono un’osservazione serena, che non indulge troppo in malinconie, pensa a vivere e a lasciare una traccia su carta delle emozioni e delle immagini che si porta appresso: che sia un viaggio, oppure il sapore di un’albicocca importa poco; importa piuttosto la volontà di divertirsi con le parole, con il loro suono e con le immagini che sanno evocare.
Dalla prefazione di Carlo Colombo.
ENTROPIA
Perdere
di vista
prove vecchie
e fallimenti,
scatole sfondate
dalle mode passate,
divorziare da poltrone,
famiglie e appartamenti
sono soltanto accidenti
di un universo in espansione
che ci allontana per costituzione
dai nostri oggetti e dalle persone.
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IN POLTRONA
Vissero infelici
perché costava meno
infilare turni identici
come perline per gioco
che dar valore al poco
del tempo che rimaneva
fra l’uscita e l’entrata
dell’ennesima giornata
fondata sul lavoro.
A VENEZIA FAREI IL GATTO
Ombroso nei sottoportici
oltre le porte
a rete dietro i retrobotteghe
c’e il dorso di Venezia.
Io lì farei il gatto.
Oppure fuori dai bàcari
ai piedi dei tavolini
a carezzare i sandali
delle ragazze che bevono.
Tra odori infilati
in mezzo ai sanpietrini
m’ingannerei per chilometri
in tutte le direzioni
soprattutto contro senso
come fluttua quel garzone
camminando sul barchino
sospeso sul canale.
LA LITURGIA DI CASA
Sono bianche
le schiume dall’aria voltate
sul campo a prato maggese,
le creste ondose del mare,
le bolle apparse nel secchio.
Sale fumo lisergico
di limone e aceto
e svela somiglianze
all’anima domestica
che sciolgono dal tempo
la regola monastica.
Da quel tempio al secondo piano
l’aspirapolvere espira l’om,
rumore bianco dall’effetto tantrico,
l’asciugatrice recita un mantra,
alto sulla pentola a pressione
dal minareto un muezzin canta.
QUESTI MURI
Senza eros
né pensiero
non li accarezza nemmeno il vento.
Non asciuga più i colori dei vestiti
stesi a spatolate,
stesi all’estate,
non penetra il vaso muschiato
abbandonato a settentrione,
ma sì le vele sbrindellate
dopo un naufragio di donna
e ragnatele polverose.
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L’AUTRICE
Elisa Malvoni è nata nel 1985 a Busto Arsizio, ha iniziato a scrivere i primi versi negli anni delle scuole medie, prima come esercizio di stile, poi prendendoci gusto, scrivendo per se
stessa.Le sue poesie sono state pubblicate in 30 antologie di poesia contemporanea, in riviste e blog letterari. Ha vinto anche numerosi concorsi e premi di riconoscimento, tra cui “Il Mistero delle cose” (Temperino Rosso), “La Pelle non dimentica” (Mezzelane), “Transiti poetici” (Circolo Letterario Anastasiano), a cui si aggiungono menzioni speciali ai concorsi “Ossi di Seppia” e “Scrivere donna”. Lo scorso anno si è classificata al terzo posto al concorso “I sette vizi capitali” (Gioant), ed è stata finalista al concorso “Surrealismo” (Tempra Edizioni). Ha pubblicato Generazioni (Temperino Rosso) e
C’è un sacco di spazio sul fondo (Edizioni Bette).