Estratto da “L’uso delle parole e delle nuvole” di Irene Marchi | L’Altrove
Dammi una parola
Dammi una parola
aperta
che faccia piovere
verità
dalle sue lettere
spezzate
che sporchi le mani
di pensiero
che colpisca il cuore
in pieno
se deve colpire.
Nulla
Nulla
ci appartiene
non il respiro
di chi ci dorme accanto
non le rose
rubate giù in giardino
non le parole
che ormai abbiamo detto
nulla
ci appartiene
se non il battito del cuore
che risponde – come vuole –
all’umore del tempo
in cui ci stiamo perdendo.
Potendo scegliere (un nuovo nome)
Se poi mi troverò
rinata
tra le fibre di un fiore
mi piacerebbe suggerire
piano, al vento:
nontiscordardime.
Fiorire
Vorrei parole, dalla pioggia
scritte sulla mia pelle
e fiorire a marzo,
seppure seme non cercato
dimenticato,
ma con la memoria dell’acqua
nelle vene.
Imparare
Saper andare via
è un’arte
che s’impara col tempo
oppure devi essere un gatto:
con un balzo
– elegantissimo e muto –
torni a essere randagio.
L’AUTRICE
Irene Marchi è nata a Firenze nel 1970, ma vive da sempre a Montebelluna, in provincia di Treviso.
Laureata in Lettere moderne con indirizzo storico-artistico a Padova, ha lavorato per quindici anni per conto della Provincia e dell’U.I.C. di Treviso come insegnante di sostegno. Attualmente si occupa di correzione/revisione di manoscritti e articoli di riviste di ricerca universitaria. Ha pubblicato nel 2015 Fiori, mine e alcune domande, Sillabe di Sale Editore; nel 2018 La parte in ombra, Edizioni Ensemble; nel 2020 L’uso delle parole e delle nuvole, da Cicorivolta Editore.
SUE poesie sono apparse su diversi siti.
Dal 2016 scrive di poesia e poeti nel blog La poesia non si mangia e collabora come autrice con la rivista di cultura e letteratura online CaffèBook