Recensione: “Il cuscino è il confessore” di Giulia Parin Zecchin | L’Altrove
Il cuscino è il confessore di Giulia Parin Zecchin (Eretica Edizioni, 2020) è una raccolta di immense suggestioni, sofferte e intense, in un ritmo serrato e stretto.
In questa sua raccolta di esordio, la Parin non si nasconde affatto. La sua giovane età non le impedisce di dimostrare al pubblico il peso poetico della sua scrittura. In questi suoi versi emerge una donna che fortemente vive ogni situazione della propria esistenza e la espone senza fronzoli, con quella acutezza che diviene sfrontatezza, ma non per questo poco lirica.
Una poesia in cui è possibile ascoltarne le frequenze, le sonorità. Parliamo di suoni interni, di battiti e battute, perché Giulia è anche una cantautrice e chitarrista, voce del progetto Julinko, gruppo indie-underground.
Così anche la poesia della Parin Zecchin si arricchisce di sperimentazioni dal sottosuolo, di miscugli di animi, di corpi, di terre.
Nelle sue composizioni, la poetessa si confessa, come da titolo, già dalla prima poesia ci pone davanti la sua infanzia e ci si aspetterebbe di trovare versi dai toni puerili, ricordi gioiosi, cantilene e filastrocche; invece Giulia colpisce nello stomaco e lo fa con una poesia cruda, dalle tonalità buie e dolorose.
Mi fosse stata raccontata la storia,
m’avessero detto del temporale…
giacevo spoglia su quel letto di paglia.
Avrei aperto gli occhi,
avrei bruciato tutto.
Quand’ero piccola mi mancava un occhio
quand’ero bimba io l’ho perso.
Lo ripescai sotto un grumo di fango e tagli
e niente fu più abbastanza feroce per me.
Sterminatamente desta
per vegliare su quel tempestare,
al di sopra della sua rabbia,
al di sopra del suo cadere,ero un seme che fluttuava
dentro ad un fienile
sentivo già il formicolìo
dei rami a venire.
In queste sue parole metalliche, taglienti, l’autrice inserisce frequenti richiami al quotidiano, uno studio sugli oggetti che circondano il pensiero, lo rendono reale, vero e tangibile. In questo modo Giulia riesce a rendere ben visibile il com’è che vanno le cose all’interno del suo corpo e all’esterno di esso. Il dentro è il fuori collidono, si battono, si mescolano. Il cuscino, oggetto materiale, diviene l’immateriale soggetto verso il quale dirigere ogni esperienza accaduta, ogni sogno immaginato.
Nella raccolta sono presenti anche composizioni che hanno come tema centrale l’amore, un amore che si presenta temporale, ombra come in questa:
Sei il temporale
scuoti tutto ciò che ti sta attorno
dove tu vai le cose si rompono
il tuo tocco è una spinta
il tuo respiro un pulsare
la tua luce, una scia
ed io non posso seguirti
prima di non essermi già perduta.
o in Arcaico:
Ti celi,
dietro a quel faggio.
A lungo ho studiato l’andatura.
Comprendo.
Quando incontrerò i tuoi occhi
diventerò specchio omertoso
di segreti che il bosco non può sognar
di schiuder con le sue gesta.
Ex voto.
Ti permetto di seminar con la mia lingua,
ti concedo l’esplorare dei miei bulbi,
ché ti possa perpetuare attraverso la mia ombra:
in cambio chiedo
il movente
della Storia.
Quell’amore trovato e perso troppo in fretta in Miraggio:
Il deserto è morto d’amore
quando abbiamo abbassato il mento
respirando insieme la sabbia
fino al punto in cui sono riuscita
a rubare l’immagine che tenevi celata all’orlo dell’iride:
ero io sottosopra
con un buco sul petto.
È questa la più triste delle notti,
/ quella in cui ti ho incontrato e detto addio.
Il deserto è morto d’amore a vederci.
Ma dentro queste poesie e dentro altre, è interessante notare quanto carne e sangue, nella loro accezione più feroce e brutale, siano presenti.
[…] La fine dell’esistenzialismo
è il tuo collo sanguinante
[…] Ritrovai le mie mani lorde di sangue e piume
… e tutti quegli aghi…
ci piaceva giocare.
[…] sangue e saliva
che ricopre i nostri sensi
– quasi sepolti –
Strofe tendenti all’orrido, per certi aspetti, barbari e romantici, con uno stile poco facile da dimenticare.
Il corpo dell’altro per la poetessa diventa quasi una vittima sacrificale. Le mani, la mente di Giulia scavano dentro il corpo altrui e il proprio. È una ricerca spasmodica, un rituale necessario e lento che riporta alla luce lamenti, sofferenze, fragilità.
Sentimenti drammatici e decadenti si stagliano violenti, innaturali, ma la raccolta non perde armonia, anzi.
La poesia de Il cuscino è il confessore è magnetica e mistica, è un talismano a due facce. È un percorso poetico ostico, indubbiamente, ma visionario e sensibile, provocatorio ed emozionale, un percorso consapevole che rivela, in crescendo, vita.
Il cuscino è il confessore
Le stanze che riempiamo
di sospiri e sbadigli
non sono che il preludio alle sfere
che ci porteranno in alto
in alto e al sicuro
in un luogo in cui non serve chiedere
in un’idea in cui non serve sperare.
I guanciali
che teneri sostengono le nostre teste
già bramano il sonno lungo
che placa le nostre febbri,
che placa i nostri sogni.
Abbiamo compreso
– il cuscino è il confessore –
quando una notte di pianto qualunque
ci ha bisbigliato
che in alto
– in alto –
c’è un sonno senza paura,
senza bisogno di speranza.
La brezza muschiata
dalle tue braccia piumate
ammorbidisce le pieghe della mia pelle lacera.
Il cuscino, il confessore,
mi ha sussurrato che senza cessazione sei stato qui…
ed io non ti riesco a vedere neppure ora,
mentre ti ascolto respirare.
In alto, in alto
credo vi sia la tua casa,
coi tuoi monti e forse qualche mulino.
Mi chiedo chi possa a sua volta vegliare su te;
sia tu sterminatore o serafino
il tuo riposo dev’essere puro nel fuoco
senza speranza
senza paura
senza affanno d’amore ardire.
L’AUTRICE
Giulia Parin Zecchin è nata a Castelfranco Veneto nel 1989. Per diversi anni ha abitato a Venezia e successivamente a Praga dove nel 2015 ha ottenuto la Laurea Magistrale in Teoria Critica e Culturale presso la Facoltà di Filosofia dell’ Università Carolina di Praga; attualmente vive nei boschi del trevigiano. Dal 2015 contribuisce alla scena musicale underground con lo pseudonimo di Julinko, esibendosi in Italia e all’estero. Il Cuscino è il Confessore è la sua prima raccolta di poesie.