Estratti ed Inediti

Inediti di Alessandro Barbato | L’Altrove

Finestate (L’ho riaffidata al mare)

L’ho riaffidata al mare la bottiglia
in cui hai racchiuso il mio destino
come fosse un vino dolce
per brindare in pochi amici.
La spingerà il grecale più lontano
dalla sponda in cui bruciamo vite
e amori in un anelito di voci
che ci chiamano a tentare
di non dare ascolto ai tuoni.
Le parleranno le onde adesso
e l’urlo del gabbiano che volava
tra i tuoi occhi e sparge ancora
qualche piuma tra i miei sogni
mattutini. Ritornerà d’inverno,
forse, e avremo pronti i canti
di cristallo per versarvi ancora
intatte le parole che non dici.


Periplo

Abbiamo completato adesso il periplo
dell’alba che hai disteso sui deserti
dei miei desideri d’acqua. Il Sole
delle estati in cui crudele
era l’attesa d’una melodia
di stelle divora i nostri sensi
come termiti che scavano
cunicoli di inabili pensieri.
A unirci questa brama d’orizzonte
che in eterno sarà il nostro
segno magico e in un porto
il chiacchierare di un anziano
marinaio che racconterà
leggende e che ha avvistato da lontano
ancora issata la tua vela.


Danza nomade

Svapora nell’estate ormai agli sgoccioli
anche l’alta tentazione
di ridare tempo al mondo. È questo
il solo lascito: sentirne sempre
il transito senza cercare scampo,
vederci come nuvole che danzano
per chi ha nel cuore il cielo e poi accettare
dell’autunno qualche scroscio
sulle piane che abitiamo,
ma da nomadi che seguono
la pioggia che fa verdi gli anni e i pascoli.


Solo l’aria che ci sfiori

Vogliamo solo l’aria che ci sfiori
quando stritola la notte
ogni pensiero e dia alla brace
che rimane nella mente il fiato
nuovo ora perduto nella gola.
Ci accarezzi un lampo inutile
di fiamme ancora vive per un attimo,
rimaste come un vizio, un bel ritardo
che non sai giustificare
in fondo al giorno che è trascorso
mentre il vento sparigliava
i tuoi diari e le bugie
dei miei bambini. Annuseremo
forse ancora il sale e il mare aperto
dalle vele che mi indicherai
lontane tra gli oceani di derrate
alimentari e di bollette
da pagare, oppure andremo
sottocosta in tutti i sogni
che faremo e non racconti più
da tempo per timore di affogare.


D’ogni brivido terrestre

Ci resta dentro gli occhi adesso l’eco
di lontani pomeriggi
di scintille e nubifragi,
come polvere, fuliggine
posata sulle mani mentre afferrano
i respiri e d’ogni brivido terrestre
il debolissimo richiamo.
E hanno anche i pensieri più segreti
dita lunghe, affusolate e unghie dure,
quando graffiano le notti
coi sopiti desideri
che racconta sottovoce
la tua ombra al mio fantasma.
Rimane e si dilata in universi
immaginari quel riverbero
di vita che tormenta ora le carni,
sferza e illude la memoria,
quasi fosse linfa pura
che ci bagna le radici.


L’AUTORE

Alessandro Barbato (Roma, 1975) dopo la laurea in lettere, ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in antropologia sociale presso l’EHESS di Parigi dedicandosi allo studio dei rapporti tra
nuove scienze umane e letteratura, in particolare nell’opera di Michel Leiris e Pier Paolo Pasolini.
Ha pubblicato su tale tematica diversi saggi, in lingua italiana e francese, e una monografia. Ha pubblicato anche poesie su rivista, blog letterari e nel 2019 la silloge Il fiore dell’attesa, confluita nel 2020 nella raccolta Solamente quando è inverno, pubblicata in formato ebook da Ali Ribelli Edizioni.
Attualmente insegna materie letterarie presso le Scuole Ebraiche di Roma

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