Recensione: “Ventagli lirici” di Marcella Mellea | L’Altrove
La poetessa Marcella Mellea con la pubblicazione di questa raccolta poetica apre il ventaglio dei suoi motivi lirici, spaziando nei vasti orizzonti di una problematica circolare che compie escursioni in diversi aspetti contenutistici, inerenti sia le dimensioni individuali che quelle universali del vivere odierno. Ci troviamo di fronte quindi ad una letteratura soggettiva quando l’autrice s’immerge nei meandri della memoria per rivivere situazioni del passato, dell’infanzia, delle radici; o quando dedica tributi al sentimento d’amore che ha visitato la sua vita, o quando ancora s’incammina verso riflessioni di tipo esistenziale e spirituale. La maggior parte delle liriche del libro occupano tali livelli d’ispirazione, offrendoci spunti autobiografici e squarci fotografici d’altri tempi. Tuttavia non mancano contemplazioni delle suggestioni naturalistiche e sensibilità sociali verso le sofferenze causate da eventi naturali o storici della realtà contemporanea. Il ventaglio dunque si apre e si chiude, senza un preciso ordine cronologico o tematico, secondo le libere associazioni del pensiero.
Nel cuore della poetessa è rimasto il paese natale: contravvenendo alla norma di uno stile metrico conciso, breve e ad una pagina fatta di poche immagini, qui la composizione Nei miei sogni, pur essendo monostrofica e dal verso contenuto, affastella suggestive rievocazioni del tempo dell’infanzia quando ancora tutto appariva magico e pieno di attese: rondini svolazzanti intorno al campanile; strade festose ed echeggianti di voci; zampilli argentati di una fontana; il profumo fragrante del pane che richiama gli antichi valori della famiglia, degli affetti, del lavoro … e poi «…sugli usci / giovani fanciulle al telaio…» che sa tanto di atmosfera leopardiana negli idilli del borgo. Le radici sono indimenticabili: «…Intatto nei miei sogni / paese mio sei! /…» e nulla, nemmeno il trascorrere del tempo, potrà cancellarle. Il viaggio nella memoria alla ricerca di scampoli di tempo perduto s’imbatte in vecchie fotografie e fogli sparsi che diventano fonte di emozioni, risvegliano ansie, paure, gioie e dolori e par che dicano alla poetessa di non affannarsi, poiché la vita lascerà solo un dolce ricordo (Memorie).
Nel ricordo appaiono poi, come sequenze filmiche, alcuni vissuti della sua esistenza trascorsa con gli studenti: dal carattere autobiografico e dal contenuto piuttosto idealistico, questo componimento rispecchia la tipica mentalità di una generazione di professori dediti all’insegnamento basato sui valori tradizionali, ma sempre validi, dell’educazione da tramandare alle nuove generazioni (Vecchia insegnante). Le dinamiche dei contrasti, dell’eracliteo panta rei e del virgiliano tempus fugit sono condensate emblematicamente nelle brevissime composizioni Rimpianti (ottava), Ricordi (quartina), Attesa (quartina), Tempo (strofa lunga): qui troviamo il logorio del tempo che con «aghi pungenti» fa sparire le speranze tra le «ombre della sera»; d’altro canto, invece, se i ricordi rimangono nell’anima il domani sarà migliore e non morirà la speranza; il tempo è come un calice dolce-amaro che quando «sarà colmo traboccherà». Contraddizioni che riflettono gli stati d’animo altalenanti dell’autrice, all’interno della tipica poetica dei chiaro-scuri, comune nell’ispirazione di tanta lirica memoriale.
La poesia amorosa esprime essenzialmente il sentimento intenso, profondo e duraturo che sostiene il legame matrimoniale della poetessa, del quale ella canta le qualità, i pregi, attribuendo a lui una presenza rocciosa e a sé stessa l’autenticità del sentire. Qui i suoi versi, meglio di ogni analisi critica, rendono l’idea di una relazione che continua a stupire: «Mio compagno, mio amico, / mio amore, mio sposo /…/ Pensiero del giorno e della sera, / diletto della giovinezza, / sostegno della maturità. / Inondi i giorni della mia esistenza!» (Amore); «…Ti amo come il giorno in cui / nella mia vita / ti ho accolto. / Non vi era inganno allora, / era un sì per sempre!» (Canto d’amore). Caratteristiche metriche e fonetiche precise possiede la lirica Se…, in cui il titolo diviene anafora dell’incipit di ognuna delle cinque quartine di cui è composta, mentre l’esclamazione «è Amore!» risulta essere l’ultimo verso di ognuna delle quartine, ad eccezione dell’ultima, dove si trasforma in «è vero Amore!». È un canto che celebra un amore che ha saputo sfidare l’usura del tempo se … tutto è rimasto come all’inizio. E la lirica La tua presenza è nello stesso tempo un ringraziamento infinito per l’esserci sempre stato da parte di lui e il riconoscimento verso sé stessa della insostituibilità nei diversi frangenti della vita del suo amore: «…Sei forza, speranza e sostegno vero / la cosa più bella / da custodire e nascondere / da occhio invidioso e malvagio». La visione della poetessa relativa all’amore supera poi i confini della coppia per approdare ad una dimensione di vita universale che contempla l’aiuto, la solidarietà, la fratellanza, ovvero il bisogno dell’altro nella prospettiva della carità come virtù teologale: «Forza che riempi il mondo /…/ Sei nel soffio della vita e / della speranza / che porta gioia per ricominciare. / Tu solo il mondo puoi cambiare, / e l’odio spazzare!» (Amore).
I Ventagli lirici ora s’aprono – sparsi qua e là tra i testi del libro – per ospitare riflessioni, meditazioni, considerazioni varie che abbiamo definito di tipo esistenzialistico, in quanto si soffermano sulla condizione umana, senza sistematicità di pensiero, ma come tasselli colorati di un mosaico realistico e metaforico. Per l’autrice vi sono componenti arcane, misteriose della vita che vanno accettate, ma verso le quali è necessario uno spirito di ricerca interiore: «Quel tremolio che agita il cuore / il male della vita vuol narrare /…/ Racchiude in sé il segreto della vita, / l’aspetto più remoto da svelare /…/ minuscola parte di un grande pulsare» (Moti del cuore). Il concetto di quest’ultimo verso, l’essere infinitamente piccolo e l’essere infinitamente grande, viene ripreso in Dolci acque, dove la poetessa può affermare: «…Eccomi / granello di sabbia / in un’immensità infinita, / minuscola presenza del Creato». Questo ‘Creato’ – sottolineato dall’iniziale maiuscola – prelude anche alla sua visione spirituale e religiosa.
La lirica Il circo è un microcosmo metafora dell’esistenza umana, dove accadono eventi altalenanti e si verificano fenomeni opposti come nel quotidiano di ognuno di noi. La vita in fondo è una battaglia da affrontare con una corazza «dura, compatta, impenetrabile» (Così…) e, nonostante ciò, può lasciare durature ferite.
La sublimazione e il superamento delle difficoltà e dei problemi avviene nella dimensione spirituale, altra dimensione del ventaglio tematico appartenente alla poetessa: «Fermarsi solo un attimo a pensare, / cercare nel silenzio l’Infinito, / varcare confini sconosciuti! / Annullare nell’Amore la paura / e nella Fede il tuo nome cercare» (Silenzio). La presenza divina è indispensabile per l’uomo anche nella ricerca e nel cammino interiore della propria anima: «Quando lasci un luogo / qualcosa rimane / sospesa, / lì nell’aria. / Tutto nell’esistenza / è segnato, / tutto permane! / Ogni battito e bisbiglio, / ogni respiro e sorriso, / ogni sogno e desiderio. / Tutto è custodito / nelle Mani di Dio» (Aria). Una visione provvidenziale quella della poetessa che richiama il disegno divino del Cristianesimo, magistralmente raffigurato nel capolavoro manzoniano. E nella sua religiosità c’è posto ovviamente per le atmosfere e il mistero natalizi: la memoria dei presepi e dei canti, la certezza della salvezza nell’amore e nella pace.
Lo sguardo sul mondo della Mellea passa attraverso gli incanti della natura, come in Pioggia d’autunno e Mattino d’estate, stupori resi con tonalità policromatiche e polifonetiche, ma soprattutto con una spiccata empatia verso il dolore altrui: dai Migranti periti in mare, alle tragedie provocate dal Terremoto. E con un appello alla donna moderna a non scimmiottare l’uomo nelle sue valenze negative, ma ad essere creatrice d’un mondo migliore come il Divino vorrebbe.
A cura di Enzo Concardi
L’AUTRICE
Marcella Mellea, nata a Montepaone (CZ), vive e lavora a Vibo Valentia, dove insegna Lingua e letteratura inglese presso il liceo linguistico “Vito Capialbi”. Da sempre impegnata nel campo della didattica e delle nuove metodologie per l’insegnamento della lingua inglese, ama la letteratura, l’arte, la musica e la poesia. Ha pubblicato: Social and Cultural Topics Through Contemporary Songs for ESL students (metodologia e didattica), 2018; Un uomo, una storia (racconto storico), 2008, volume presentato a RAI 2 e in diverse località; Ho camminato con te (racconto breve), 2010; L’immanenza dell’amore (silloge poetica), 2020. Ha ricevuto diversi riconoscimenti e premi letterari. Ha partecipato a diverse conferenze, seminari e presentazioni di libri in qualità di relatrice.