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Le “Distanze obliterate”. Intervista ad Alessandra Corbetta | L’Altrove

Il rapporto tra poesia e rete è sempre abbastanza difficile da delineare.
Si aprono, difatti, numerose possibilità. Questa relazione può portare varietà nei temi, nel linguaggio, nella forma, nella presentazione, promozione e diffusione dei testi.
È altresì vero che certa poesia lirica è restia alle nuove tecnologie, a lasciarsi permeare da esse, forse a causa della potenza che dimostra rete, in primis per l’immediatezza: pubblicare qualcosa in rete significa far sì che questa sia subito a disposizione di centinaia o migliaia di persone/utenti in pochi secondi/click, per non parlare dell’infinita accessibilità e riproducibilità del testo, della questione dell’autorialità, dell’io scrivente, del tu lettore, di tutto quel processo che porta a trascurare l’intera opera, o, peggio, l’oggetto libro e la sua materia: la carta.

Carta versus dati, che scontro! I due termini, così lontani, riescono a trovare, però, un punto di incontro. Carta e dati riescono a connettere.

Fin dalla sua creazione, la carta è riuscita a creare una connessione tra autore e lettore, tra mittente e ricevente; la rete ha rafforzato questo intento e lo ha reso maggiormente possibile, disponibile.
In questa prospettiva, rete e poesia, carta e dati dialogano, si legano. È bene considerare, quindi, che la rete non mette a repentaglio la poesia, che l’io lirico non è in pericolo. È bene anche sottolineare che la poesia non può lasciarsi mercificare, che l’arte è arte.

Dunque, la connessione diminuisce o, meglio, annulla la distanza. In un periodo in cui le distanze si sono fatte marcate, la rete ha permesso il dialogo, lo stare vicini. Allo stesso modo la poesia, con le sue proprie peculiarità, ha fatto interagire, esprimere, discorrere.
Ecco, le distanze si sono accorciate, obliterate.

Ed è proprio Distanze obliterate il titolo della raccolta, edita da Puntoacapo Editrice, curata del blog Alma Poesia. È un progetto articolato che indaga sul rapporto tra poesia e rete, in cui generazioni diverse di poeti si confrontano sul tema. Prende vita così un volume nuovo ed originale, capace di far riflettere anche il lettore, il quale lega il suo pensiero a quelli esposti dai poeti.
Tra le voci poetiche presenti possiamo leggere quelle di Maria Grazia Calandrone, Laura Pugno, Umberto Piersanti, Giovanna Rosadini.


I testi considerano l’importanza dell’uomo nell’era digitale:

Pensi. Parli. Scrivi.
Ci estrometti dall’io.
Conosci il nostro bene
il nostro male: agisci
per il meglio. Sai.
Linkaci tutti, coscienza
totale. Surrogaci.

(Alida Airaghi)

della parola che si muove nella rete, che rischia di perdersi:

ma le parole
oggi sono troppe,
quelle luci s’intrecciano
e confondono
e nel confuso cosmo
della rete,

(Umberto Piersanti)

o che non definisce più:

Tu vuoi trovare una parola che dica.

(Ottavio Rossani)

ma anche la necessità di stare insieme, corpo a corpo.

Le mura e lo schermo per quella voglia
di cercarsi tra i tasti, di sfiorare

(Fernando Lena).

Per saperne di più sulla raccolta e su come la rivoluzione digitale abbia influenzato la scrittura poetica e il suo linguaggio, abbiamo voluto intervistare la direttrice di Alma Poesia, Alessandra Corbetta.

Grazie Alessandra, è un piacere intervistarti. Raccontaci la genesi di “Distanze obliterate”.

Per festeggiare il primo compleanno di Alma Poesia, il blog che ho fondato il 4 aprile 2020 e che tutt’ora dirigo, costituito da una redazione di dieci persone (oltre a me: Valentina Demuro, Francesco Destro, Luca Gamberini, Emanuele Andrea Spano, Alessia Bronico, Giuseppe Cavaleri, Sara Serenelli, Martina Toppi, Sara Vergari) e per mantenere sempre attiva la connessione online/offline, abbiamo deciso di realizzare questo volume dedicato a Poesia & Rete, uno dei temi della mia ricerca accademica e di uno dei due editoriali che Alma Poesia porta avanti. Per Rete intendiamo gli effetti del mediashock sul linguaggio, sul modo di intendere le relazioni, sul senso dell’identità, il peso del frapporsi dello schermo tra noi e gli altri, il mutamento della percezione del tempo e dello spazio, i pericoli e le opportunità offerti dall’online e tutto ciò che, in senso lato, inerisce al Web.

L’idea guida è stata quella di raggruppare i versi di poeti di generazioni differenti per provare a tracciare un filo conduttore sul modo e sul linguaggio usato per parlare, in poesia, dell’argomento e, allo stesso tempo, per monitorare come la rivoluzione digitale abbia o meno impattato sulla scrittura poetica.

Attraverso una call è partito l’invito, per chiunque avesse compiuto il diciottesimo anno di età, a mandarci degli inediti inerenti al tema; i testi arrivati in redazione sono stati valutati da tutti i membri di Alma Poesia e quelli selezionati sono confluiti in questo volume, accanto a componimenti di poetesse e poeti scelti, invece, direttamente da noi. Per iniziare a indirizzare il percorso, abbiamo realizzato dei commenti critici di accompagnamento alle poesie; nella postfazione, invece, abbiamo provato a definire alcuni possibili percorsi di senso, derivati dall’analisi dei testi inclusi in questo lavoro.

Da quale esigenza nasce la raccolta?

Da diversi anni seguo il dibattito intorno a “Poesia & Rete” sia dal punto di vista della mia ricerca accademica, svolta nell’ambito della Sociologia della Comunicazione, sia come persona appassionata di poesia e attenta alla sua divulgazione. Quello di cui mi sono resa conto è che la suddetta questione viene perlopiù indagata da una prospettiva poetico-letteraria che, per quanto importante, non può essere sufficiente a spiegare un fenomeno così complesso che, da subito, si pone strutturalmente in una dimensione inter e multi disciplinare. L’idea, condivisa con tutti i membri di Alma Poesia, è stata quindi quella di costruire un volume che provasse a fotogrammare lo status quo, attraverso i contributi di poeti e poetesse appartenenti a gruppi anagrafici differenti, nell’ottica di fornire una panoramica transgenerazionale sul tema. Le autrici e gli autori di oggi come scrivono in versi della Rete? E la Rete, con il suo lessico, le sue promesse, le sue mutazioni indotte, che impatto ha avuto sull’arte poetica? Abbiamo ritenuto importante accorpare in un unico testo uno spaccato significativo di poesia che parla di Rete, in modo da costituire un solido tassello letterario a partire dal quale alimentare la ricerca futura su questo tema così centrale, in una prospettiva anche extra-letteraria.

Poesia e rete sono due termini che sembrano contrapporsi, allo stesso tempo, però, unirsi. Oggi la poesia può fare a meno della rete?

La poesia può fare a meno di tutto, eccetto che di qualcuno che la scriva e qualcuno che la legga perché, come sosteneva tempo fa Pier Paolo Pasolini, «la poesia è un bene inconsumabile». Tuttavia, essendo essa un fatto non solo letterario ma anche sociale è tenuta, in quanto arte, a confrontarsi con gli accadimenti di ogni tempo e, tra questi, la Rete è stata senz’altro un accadimento a forte impatto. Negarlo o invocare il ritorno a un tempo ante Rete è atteggiamento non solo improduttivo ma anche potenzialmente pericoloso, poiché comporta il non valutare criticamente ciò che la rivoluzione digitale è stata, è e sarà e quali cambiamenti ha portato e continua a perpetrare in ogni ambito, compreso quello poetico-letterario. Come sottolinea anche il Prof. Demichelis nella prefazione a Distanze obliterate, Rete e poesia si esprimono attraverso due linguaggi diversi, che richiedono facoltà e tempistiche di interpretazione e rielaborazione assai differenti; eppure è importante che l’una si metta al servizio dell’altra e viceversa, e che chiunque si occupi del loro studio e della loro divulgazione lo faccia scientemente, nella prospettiva di costruire ponti solidi e non muri invalicabili.

La raccolta si presenta come un intreccio tra voci mature e altre più giovani del panorama poetico italiano. Come è avvenuta la scelta dei poeti? È stata casuale o ti sei basata su qualcosa in particolare?

Come accennavo nella risposta alla prima domanda, a cui rimando per le modalità di selezione delle autrici e degli autori inclusi nel volume, l’idea è stata da subito quella di provare a costruire il testo in un’ottica transgenerazionale, poiché abbiamo ritenuto importante osservare, in un dato momento, in che modo poetesse e poeti, nati tra il 1940 e il 1999, scrivessero in versi della Rete. Alla base c’è stata sicuramente l’idea di tornare a osservare le generazioni non come compartimenti stagni reciprocamente chiusi, bensì come vasi comunicanti (i giovani di oggi saranno gli adulti di domani; gli adulti di oggi sono stati i giovani di ieri) e di sostenere la necessità, ribadita tra gli altri dal filosofo Bernard Stiegler, di prendersi cura delle generazioni.

Senza uno sguardo lungo è impossibile analizzare in profondità i fenomeni e fare previsioni sui possibili scenari futuri e noi abbiamo voluto provare, con questa scelta plurianagrafica, ad avere proprio quel tipo di sguardo.

La rete ha permesso, secondo te, una rivitalizzazione della poesia?

Il termine che tu hai scelto, “rivitalizzazione”, mi pare molto appropriato se vogliamo provare a indicare alcune delle possibili influenze che la Rete ha avuto sulla poesia. Più che sulla poesia, intesa come arte della parola e del linguaggio, mi verrebbe però da dire che il processo di nuova linfa sia da attribuire, in prima battuta, alla comunicazione della poesia; in altre parole, la Rete, con la sua multi e transmedialità, ha consentito di sfruttare nuovi canali o adoperare in modo innovativo quelli già esistenti, ampliando le possibilità della poesia di essere diffusa: pensiamo, ad esempio, ai siti web, alle pagine Facebook, ai blog, alle riviste online, ai profili Instagram, ai canali YouTube o alle piattaforme di podcast, giusto per citarne alcuni.

Dobbiamo però ricordarci sempre, e Marshall McLuhan il promemoria ce lo aveva scritto a caratteri cubitali, che «il medium è il messaggio» e, dunque, ogniqualvolta scegliamo di analizzare tutto ciò che di poesia o inerente alla poesia viene comunicato attraverso questi strumenti, non possiamo prescindere da essi e dalle loro affordance, altrimenti le nostre considerazioni e i nostri studi ci porterebbero a conclusioni mutilate. In secondo luogo, sulla base di quanto fin qui detto, è consequenziale che il linguaggio adoperato dalla poesia e i suoi contenuti finiscano con l’essere influenzati dalla Rete, la quale non è in un luogo altro da noi, ma proprio nello spazio che noi stessi abitiamo, in quella dimensione dell’«onlife», secondo la celebre definizione di Luciano Floridi, in cui il virtuale non si oppone al reale poiché ne è, insieme all’attuale, una delle sue possibili manifestazioni.

La Rete quindi, sia in qualità di elemento sociale sia come elemento mediale, impatta inevitabilmente sulla poesia, esattamente come sulle altre arti e, se non si è pronti a usare il termine “rivitalizzazione”, non si potrà negare quello di “influenza”.

I poeti della rete, gli Instantpoets, ad esempio, hanno realizzato una maggiore connessione col lettore rispetto a prima?

Una delle principali problematiche con le quali la società contemporanea si deve misurare è sicuramente la tensione tra assenza e abuso di parole: un proliferare di termini, come ad esempio quello di instapoet, che rimandano a significati non sempre chiari, associabili a orizzonti di senso che occorrerebbe ridefinire. Chi sono gli instapoets? Il vocabolario Treccani ne dà questa definizione: «Chi pubblica i propri componimenti poetici, di solito brevi e accompagnati da immagini, nei siti di relazione sociale in Rete, in particolare Instagram»; ora: bisognerebbe capire cosa dobbiamo intendere con “componimenti poetici” e se la brevità e l’associazione a immagini siano elementi definitori del testo poetico. In secondo luogo sarebbe utile discernere poesie precedentemente scritte (o parti di esse) e sulle quali la definizione di “poesia” è riconosciuta da gruppi ampi di soggetti, dalla critica e sulla base di uno spazio cronologico esteso, da un testo che strutturalmente potrebbe rievocare la forma poetica, ma sul quale il termine “poesia” non gode della stessa condivisione di cui sopra e che nasce come caption, ovvero con l’intento di colpire, attirare, emozionare e cioè con presupposti differenti da quelli che guidano chi scrive poesia. Bisognerebbe cioè capire oggi quanto sia estensibile l’iperonimo “poesia” e se non possa, invece, essere utile avvalersi di iponimi che possano, in maniera più precisa, chiamare fenomeni che presentano caratteristiche peculiari e solo in parte sovrapponibili al concetto di poesia che, in altra opzione, potrebbe essere ridefinito. Dunque, per rispondere alla tua domanda, credo che gli instapoets abbiano ripreso alcune delle caratteristiche riconducibili alla poesia, intesa in senso lato, per creare qualcosa di altro, per il quale mi piacerebbe si trovasse un nome diverso da quello di “poesia”, in modo da rendere più agevole la distinzione dei due fenomeni, qualora si voglia monitorare anche il discorso legato al pubblico o ai pubblici. L’Instapoetry non può e non deve essere letta come “la poesia al tempo della Rete” e i suoi lettori devono essere analizzati, per capirne comportamenti e connessioni, non come nuovi fruitori di poesia bensì come fruitori di un prodotto nuovo.

La tecnologia è stata un topos letterario frequente nella letteratura del Novecento.

Montale, nel discorso tenuto durante la cerimonia della premiazione del Premio Nobel, fece una domanda importante: «In tale paesaggio di esibizionismo isterico quale può essere il posto della più discreta delle arti, la poesia?». Sapresti trovare una risposta?

Molto spesso, purtroppo, si tende a ragionare per dualismi sterili, secondo i quali l’esistenza di una cosa tenderebbe a escludere quella di un’altra, soprattutto se dicotomica rispetto alla prima. Eppure la Rete ha permesso la co-esistenza simultanea di opposti, in quel processo più precisamente definibile come coalescenza, secondo la definizione fornita puntualmente da Giovanni Boccia Artieri; nello spazio Web coabitano online e offline, pubblico e privato, mondi vicini e mondi lontani, in rapporti con nuove caratteristiche e nuove modalità di evoluzione, che non possono essere indagate a partire da monolitici paradigmi precostituiti.

Questo per dire che Rete e poesia non si devono confrontare a duello e nessuna delle due è chiamata a soccombere all’altra; tutt’altro: la poesia può adoperare gli strumenti della Rete per uscire dalle nicchie e darsi voce; la Rete può dalla poesia apprendere la profondità della parola e il suo potere evocativo, entrambi aspetti centrali per le dinamiche del Web. La poesia, quindi, che più che discreta è un’arte esplosiva, tenuta purtroppo da molti, per interessi egotici, sotto una campana di vetro, può trovare al tempo della Rete un nuovo canale di diffusione che, se opportunamente utilizzato, può generare apertura, inclusione e fuoriuscita dalle periferie del sociale, senza per questo snaturarla.

L’antologia esce ad un anno dalla nascita di Alma Poesia. Un progetto nato in rete, una rivista online di cui sei fondatrice. Per il futuro che progetti hai?

Con Alma Poesia vogliamo innanzitutto portare avanti tutti i progetti già in corso e che tengo molto a riassumere: I Versi di Alma dedicati a poesie di grandi autori contemporanei e del passato che continuano senza sosta a parlarci in profondità, commentati e riletti dai membri del nostro team; Le Chicche di Alma per indagare le tendenze e le evoluzioni della poesia contemporanea, attraverso figure ed eventi che la riguardano; Le Interviste di Alma per instaurare un dialogo diretto con poeti contemporanei dei quali si vogliono mettere sempre più a fuoco il pensiero, le idee e il sentire poetico; Le Voci di Alma a partire dalle quali, attraverso note di lettura, commenti e recensioni a opere edite o inedite, provare a tracciare nuove traiettorie all’interno della poesia contemporanea esordiente o già affermata; Gli editoriali di Alma per esplorare questioni di fondamentale importanza legate, ovviamente, alla poesia e al suo esistere all’interno di un contesto socio-culturale, in una prospettiva di scambio aperto e corale, che si avvalga anche di contributi esterni e che faccia della condivisione del sapere competente lo strumento principe del sapere stesso; Le rubriche di Alma dedicate all’approfondimento monotematico di autori che hanno fatto la storia della poesia; Le antichità di Alma per ritornare nel passato classico della poesia e continuare a trarne insegnamento e Le case di Alma dove, attraverso interviste a editori contemporanei di poesia, provare a riflettere sugli scenari odierni con cui le case editrici devono confrontarsi, anche alla luce dei cambiamenti avvenuti a seguito della rivoluzione digitale.

Per la prossima stagione abbiamo già in serbo alcune novità che al momento non posso ancora svelare ma che comporteranno un’attenzione maggiore alla poesia straniera da una parte e, dall’altra, a ulteriori forme di linguaggio con le quali la poesia può entrare in sinergia.

Poi, nella nostra idea di continuare a mantenere attiva la connessione online/offline c’è tutta l’intenzione di creare un festival Alma Poesia. Ma di questo ne riparleremo a tempo debito.

Ecco una selezione di poesie da Distanze Obliterate:

Mi fa ribrezzo l’assenza di forma,
la pretesa irraggiungibilità
della bellezza attraverso i media
m’infuria, con la muscolatura
compatta, cela la mia sofferenza
senza rassegnarmi di essere
mortale nonostante il silenzio
delle stelle, sento il canto sublime
del cosmo.

Di Tomaso Kemeny.


Qui, dove il tuo nome è evocato
nella privazione del tuo corpo, ti scrivo
parole che prolungano la solitudine,
coltivo l’assenza come una pianta
che potrà dare fiori in mancanza di luce,
e frutti immateriali come ombre,
mentre il fantasma di un abbraccio
attraversa la mente e lo schermo.

*

La soglia vertebrale del possibile
si coniuga con l’immateriale,
sono voci in compresenza che dicono
un mondo di distanze obliterate,
Babele in cortocircuito temporale

Di Giovanna Rosadini.


un’esca. Sono entrata
in questa gabbia di specchi
– un riflesso
con gli occhi di un altro.
Polveri di pixel, ciò che siamo.

Di Franca Mancinelli.


Afasie

la notte sogno facebook il giorno
una luce bianchissima che esprima
il vuoto comprima delle discariche
le parole di persone che non vedo
non voglio più. niente resta di intoccato
un becero piagnisteo del mondo.
grinte folli che mi strappino spillerei
mentre tesso la tela, un tetto rotto
mangiando la mela con ragni dentro
guardo la rete fingo le tele bevo vuoti

mentre fai il piccolo pantofolaio il mondo muore
nel fondo della morte non ci frega se siamo vivi
e se non lo fossimo potremmo solo guardarci
in questa media città di media del mondo
su un piano rialzato ammirando
quel che digrada

Di Francesco Ottonello.

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