Non era previsto che sopravvivessimo

Prassilla di Sicione: la poetessa immortale | L’Altrove

Prassilla di Sicione, contemporanea di Telesilla, è stata una poetessa lirica greca antica vissuta nel V secolo a.C.

Anche Prassilla, come le sue contemporanee, viene inserita da Antipatro di Tessalonica fra le nove poetesse più importanti ed immortali, ponendola al primo posto. Prassilla fu notissima ai suoi tempi, lo dimostrano le numerose testimonianze giunte a noi, come le parodie dei suoi versi da parte di Aristofane o la statua bronzea dedicatele di Lisippo. La poetessa fu famosa per essere una compositrice di scholia (piccoli poemi lirici), considerati di fattura simile a quelli di Alceo ed Anacreonte.

Scrisse anche inni agli dei, ditirambi (canti in onore di Dioniso), carmi conviviali, genealogie e storie d’amore di dei ed eroi, basati principalmente su soggetti mistici e mitologici. Della sua produzione poetica ne sopravvivono solo 8 brevi frammenti su Achille, due frammenti di tipo proverbiale e tre versi di un Inno ad Adone. Nel frammento dell’Inno ad Adone (il giovanetto amato da Afrodite e morto per le ferite ricevute da un cinghiale), ritroviamo una risposta interpretativa di Prassilla, ove giunto nell’Ade dopo la morte, viene interrogato dagli Dei di laggiù i quali gli chiedono quale fosse la cosa più bella che andando nell’Ade avesse lasciato in terra:

“κάλλιστον μὲν ἐγὼ λείπω φάος ἠελίοιο,
δεύτερον ἄστρα φαεινὰ σεληναίης τε πρόσωπον
ἠδὲ καὶ ὡραίους σικύους καὶ μῆλα καὶ ὄγχνας”

Traduzione:

La cosa più bella che lascio è la luce del sole,
poi gli astri lucenti
e di Selene il volto
poi i fichi maturi
e i pomi e le pere.

Gli studiosi, da sempre ipotizzano che nello scrivere questo Inno, la stessa poetessa si sia compiaciuta nelbpresentarcene l’ingenuità infantile col far rimpiangere ad Adone la dolcezza delle frutta accanto al fulgore del sole e degli astri. Dai frammenti appare una buona maestria ed una versatilità non comune in più generi lirici, riscontrabile anche dal fatto che si dice che Prassilla inventò un metro, da lei detto “prassilleo”. Due versi di uno scholion, poi, a lei riconducibili sono stati rinvenuti su un vaso:

O vergine che guardi dolcemente attraverso le imposte,
(vergine) nel volto ma di sotto donna (sposa).

Questo verso è costituito da 3 dattili ed una coppia di trochei.
Ritroviamo anche un verso di un ditirambo dal titolo “Achille”, un esametro in cui si rimprovera ad Achille il carattere duro:

Giammai persuasi il tuo cuore nel petto.

Si rinvengono, anche, due scolii di carattere esortativo, contenenti:

  1. l’esortazione a guardarsi dalle persone vili e ad amare i buoni: O compagno, avendo appreso il racconto di Admeto, ama i buoni, ma tienti lontano dai vili, sapendo che i vili hanno poca riconoscenza.
  2. l’invito a stare in guardia perché: Sotto ogni pietra, amico, si cela uno scorpione.

Anche se non fu scopritrice di versi nuovi ed innovativi, certamente Prassilla si servì di alcuni versi che usò più di altri e che per questa ragione, gli studiosi di metrica hanno tramandato col suo nome e merita sicuramente di non essere all’ombra dei suoi contemporanei.

A cura di Giusy Accoti.

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