Recensione: “Cipango” di Francesco Costa | L’Altrove
Cipango è la prima silloge di Francesco Costa. Il titolo, già conosciuto da molti di voi, cerca di riassumere quello che in lingua tedesca viene chiamato sehnsucht ovvero struggimento, brama di cose difficilmente raggiungibili. Così può essere riassunto il lavoro del Costa, che riporta immagini, ricordi, sapori lontani, rievocandoli per dar loro una veste nuova, un significato rielaborato, interrogativi nuovi.
Marco Polo identificava Cipango come il lontano Giappone, il sogno di una nuova terra inesplorata, lontana, al quale il poeta Costa associa la stessa ricerca e lo stesso affanno.
È una memoria di tutto ciò che é andato perduto, eroso e consumato dal tempo. E’ il racconto della caparbietà di chi vuole trattenere l’instante che fugge: “sono un ladro di tempo | di fiato e sguardi | alle fermate della metro | dove la vita rallenta”.
Tra pagine, un viaggio interiore all’interno dei ricordi dove viene elaborata una realtà opaca e leggera, ricca di sgomento per la presapochezza di tutto, per la percezione di un vuoto spaventoso, per le macerie ignorate e calpestate, per la cecità che contraddistingue la nostra epoca e ci porta a perdere la partita con il tempo e con gli affetti. Il terrore della perdita, della caducità dei rapporti sociali provvisori ed illusori.
Rivisitando i ricordi si può creare una nuova consapevolezza, perché é solo guardando i passi già compiuti che si può capire non solo l’inciampo ma anche la vera ombra di noi stessi che non fa altro che sfuggirci. Cipango è qualcosa che tutti cerchiamo, ma non raggiungiamo mai.
Alcune poesie da Cipango:
Vuoto
Il muscolo aritmico
che pulsa nelle cose
come un rumore ovattato
o un’eco distante nelle pieghe
del primo pomeriggio
è la piccolezza di Dio
la fragilità dell’universo e la banalità
delle sue leggi,
il terrore di un vuoto
di cui il mondo è intriso
sul cui intreccio le cose
prendono forma.
Sto come un petalo che cade
lentamente
nel nero dell’acqua di lago
senza mai adagiarsi sul fondo.
Balene
Sento la vita gridare
come balene
in lontananza,
una lontananza
di ciliegi in fiore
che è quella che mi separa da me,
attutita come
dalla condensa che s’infila
tra i nostri nasi
che ci racchiude
quasi bara
in cui, un poco alla volta
mi seppellisco.
Frammento n. 27
Con corpo di nave
tolti gli ormeggi
ritorno all’oceano.
Notturno n. 3
La luna non è certo
uno spicchio
da inghiottire
soffocandosi
tossendo
ma una falce
che ho piantata
nella schiena.
Massacro
Poso lo sguardo
sul nostro massacro
con occhi di vetro,
appannati come
dall’alito freddo che hanno
d’inverno
le cose.
L’AUTORE
Francesco Costa (Belluno, 1992) nasce e cresce nell’isolamento delle Dolomiti per migrare poi verso est, a Gorizia, dove si spende nella scena musicale con progetti di musica elettronica e jazz. Ha vissuto in Belgio e in Francia, dove si è unito al movimento libertario lionese e ha lavorato come ricercatore presso il poeta e sociologo anarchico Mimmo Pucciarelli. Ora è a Venezia e si dedica alla fotografia e alla pittura, alla scrittura e al pugilato. I suoi lavori sono raccolti nel sito thisminimalshit.com e Cipango è la sua prima pubblicazione di poesia.