Estratto da “Dimensioni Aurorali” di Nicola Feruglio | L’Altrove
“C’è nelle parole del poeta, pervase di misticismo, la consapevolezza di una profonda missione a cui assolvere e l’invito ad un nuovo umanesimo per l’uomo, chiamato a ricucire lo strappo con il creato. A questo proposito, molto suggestivo è anche il titolo scelto per la raccolta, “Dimensioni aurorali”, che rimanda al bisogno di scoprire quella luce che è dentro ognuno di noi e all’urgenza di rispondere al richiamo di un cambiamento interiore. Questa di Feruglio è, infatti, una di quelle letture che può aiutarci a chiarirci chi siamo.”
Dalla prefazione di Giuseppe Aletti.
L’onomaturgo
Di un unico dio la mia coscienza vuol
contemplare le infinità,
quello che trabocca e irraggia da sé parole che
divengono mondi.
Parole nelle quali lo scibile umano sogna di
vivere
e nelle quali l’uomo s’illude d’esser parlante.
Parole come Logos, nella cui risonanza l’intera
storia della filosofia si intesse.
Parole come Ra, nella cui ieraticità s’irradia
tutto il misticismo delle faraoniche dinastie.
Parole come Tathàagata!, nella cui assoluta
indeterminatezza ogni sentiero di possibile
buddhità si fa largo nel mondo.
E chi volesse risalire all’origine o al significato
di una sola parola, vi rinunci subito.
Perché increata è la parola come increata è la
potenza che l’ha irradiata da sé.
L’intera nostra vita si dà e si esaurisce in una
sola parola.
Onomatopeico, onomantico e primissimo
onomaturgo è il dio che attende d’esser
cantato.
Il tempo sublimato
Perché ogni cosa che sarà è già stata.
Perché la percezione del tempo è credenza.
Perché se morire è illusione, il nascere lo è
ancor di più.
Perché l’unica cosa pensabile e concepibile è la
“non-cosa-infinita”
che auto-contemplandosi senza alcuno sforzo
sa esser sempre.
Epopteia.
Dimmi come devo chiamare gli alberi?
E ora dimmi, come devo chiamare un essere
millenario
che si nutre di fotoni, acqua e fango terrestre
che non ha bisogno di assistenza
che purifica l’aria che respiro
che partorisce i frutti di cui mi nutro
che mi dona materia da sacrificare per scaldare
il mio corpo.
Dimmi come devo chiamare una creatura che
non produce immondizia
che è tanto radicata in alto quanto in basso
che ha ispirato dottrine cosmologiche e
filosofie iniziatiche
che ogni bambino ha bisogno di disegnare.
Dimmi come devo chiamare un essere privo di
ego
che ha osservato senza alcun giudizio le
stagioni dell’umanità
e che sarà ancora lì dopo l’autodistruzione della
nostra civiltà.
Dimmi perché non posso declamare che quegli
alberi millenari scoperti in Svezia, sulle Ande,
in Florida, in Iran o nel Galles sono dei?
Come dimenticare le cinque divinità guardiane
che accompagnarono la mia giovinezza:
i due grandi pini posti dinnanzi alle finestre di
casa mia
i due melograni che come due colonne floreali
avvolgevano il portone metallico suscitando il
perenne stupore dei passanti
e infine il fico piantato nel lato occulto della
casa
protagonista dei miei giochi e dei miei sogni
premonitori.
Testimoni senzienti, pazienti ed evocanti sono
gli alberi.
Neppure tutte le scienze contemporanee
chiamate a convegno potrebbero mai reggere il
confronto con il sapere di un solo albero.
E ora dimmi, come devo chiamare gli alberi?
Vita bifronte
Indeterminabile è il dio.
Irrealizzabile è l’io.
E trai due un ostinato universo che parla
sempre doppio.
Solo una coscienza bifronte può reggere il
gorgonio confronto con entrambi.
Duplici e diluite, sovrapposte e intrecciate
sono le cose che si vorrebbero nominare,
isolare e conoscere.
Perché “Idem” e “alter” è l’uomo… quando
viene sbendato dinnanzi al luminoso specchio!
Solo un uomo dallo sfrontato bifrontismo
potrà far innamorare gli opposti,
facendosi possedere dal dio, mentre uccide il
proprio io.
Di tutte le cose la bifrontalità è la chiave.
Vertiginosi rovesciamenti di specularità: Seth
e Horus, Salomè e Maddalena, Aristippo e
Socrate.
Necessari quanto irrazionali mutamenti nel
cuore del proprio opposto,
per i quali si rendono identici e simultanei:
l’affermarsi, il negarsi, il discutersi e il farsi
sedurre.
Impensabile e improbabile, ma possibile.
L’infinito nel ventricolo sinistro
Di un uomo si può fare odioso scempio del
corpo e scientifica dannazione della memoria,
ma non si potrà mai annientare l’ospite sacro
che porta nel petto.
Perché come le inviolate Porte Scee e
l’inespugnabile masso di Cheope, quell’atomo
sidereo resiste all’assedio del tempo e dello
spazio, delle perturbazioni cosmiche e delle
precipitazioni nella dimenticanza.
Quella presenza indeterminabile, custodita
nel cuore di ogni animale dotato di logos, ha
il sorriso della kore, lo sguardo di Udjat, la
durata di Aion.
E senza alcun affanno, attraversa abissi e severi
setacci, nodi karmici e ogni inganno ordito
dalle percezioni.
Quell’atomo alfa è inscindibile matrice di dei,
uomini, bestie e universi apparenti.
Attorno a esso, nel corso del tempo, si fanno e
si disfanno i nostri molteplici corpi cellulari e
le nostre molteplici identità morali.
Quando di un uomo si fa alchemica sintesi,
oppure scempio, di egli comunque rimane quel
punto d’infinito, che dimorò nel suo ventricolo
sinistro.
Come un altare allestito in attesa
dell’officiante, l’atomo noetico che abbiamo
per nume, esercita la sua trasparente
contemplazione senza fine.
Nous, hanahat, cheded, ennoia.
L’AUTORE
Nicola Feruglio, nato a Como nel 1972 e residente a Roma. Fondatore e presidente dal 2008 dell’associazione Antropologia Terzo Millennio (A.T.M.). Nel 2015 pubblica il saggio “L’energetismo segreto della vita” (BookSprint Edizioni), edito in Argentina nel 2016 dalla rivista di relazioni internazionali Reconciliando Mundos. Nel 2017, sempre per la BookSprint pubblica il racconto “Un senatore in entanglement” (menzione d’onore al XII Premio Letterario Internazionale “Voci Città di Abano Terme 2017”) ed il saggio filosofico “Cosmoempatia”. Partecipa alla quindicesima edizione della collana di poesia “Ispirazioni” (2017) e alla collana poetica “Colori”72 (2018), entrambe a cura della casa editrice Pagine; partecipa inoltre al Concorso Il Federiciano X edizione con la poesia “Il demone di Shahrazad”, componimento che viene selezionato ed inserito nell’antologia del concorso con i testi più rappresentativi, curata da Aletti Editore. Sempre nel 2018 la casa editrice argentina Dunken ripubblica il suo primo saggio “L’energetismo segreto della vita”. Con il racconto “L’uomo nuovo sarà Mapuche” (BookSprint 2019), viene premiato alla VII Edizione del Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea ed inserito nell’antologia “Un pensiero di fine giornata” (a cura di Laura Capone Editore), con distribuzione scolastica attraverso il progetto Giuria Giovane all’interno dell’iniziativa Bookcity Milano.