Poesie tradotte di Mark Tarren | L’Altrove
GHOSTBIRDS
Their dance over the surface
of each wave
is an act of uncharted freedom.
The tender air beneath their wings
is the fallen intimacy of feather and water,
a movement of unrelenting grace.
Shearing the water from the sky
requiring nothing from us
yet still,
they ask us to lay down our will
and live
in the collective joy of being.
The cry at night over the cliff tops
is the sound of our former selves
perishing in the new found beauty
of the soul finding its home.
It is the tender air beneath our breath,
from wing, to beak to breast.
It is where we find things we had forgotten
in the careful retreat of our ghosts.
In the bones and holes
dug from the sea mist of memory.
As the white terns fly away,
coupled in their unknowing innocence,
I ask
that they will return
and remind us how to love,
before the last pine falls.
UCCELLI FANTASMA
La loro danza sullo specchio
d’ogni onda
è un atto d’inesplorata libertà.
L’aria tenera sotto le loro ali
è illecita intimità di piume e d’acqua,
una movenza di grazia inarrestabile.
Nello scindere l’acqua dal cielo
nulla da noi pretendono
e pure,
ci chiedono d’abdicare la volontà
e di vivere
nella gioia collettiva dell’essere.
Di notte, il grido sopra cime di falesie
è il suono dei nostri sé anteriori
perduti nel trovare la bellezza nuova
dell’anima che trova la sua casa.
È l’aria tenue sotto il nostro respiro,
dall’ala, al becco al petto.
È dove troviamo cose che avevamo scordato
nell’accorto ritiro dei nostri fantasmi.
Nelle ossa e nei buchi
scavati nella nebbia del mare del ricordo.
Mentre le sterne bianche volano via,
a coppie nella loro inconsapevole innocenza,
chiedo
che vogliano tornare
a ricordaci come si ama,
prima che l’ultimo pino cada.
SONG OF THE FANTAIL
Birthed from the womb
of spider silk,
of moss, bark and fibre,
a small plumed tenderness
descends from
The Sylvan Tabernacle
to dance
around my body
feathers humming over
forearm,
tail fanning a grey halo
to crown my longing.
This tiny minstrel trills
the tinkling song —
the sound of interiority,
one pure note that the river runs.
The singing blue green music
flowing forever forward to us
as the voice of starlight,
the harmonics of eternity.
A playful invitation
to drink from
the ancient
Wells of Innocence.
To place a memorial for
the birched
Abbey of Childhood.
My outstretched arm is the branch
you will not rest on.
My hand, the nest
where there are no young.
My finger, the twig,
the silent space between —
where the white oak trembles
in the breath that follows.
Shadows fall under wing
as I lower my arm
your goodness,
flying away from me
is the quiet air left to hold
in my hand.
CANTO DEL RHIPIDURA
Generato dall’utero
di seta di ragno,
di muschio, di corteccia e fibra,
una micro-tenerezza piumata
discende dal
Tabernacolo Silvano
per danzarmi
intorno al corpo
piume che ronzano sopra
l’avambraccio,
coda che sventola un alone grigio
per coronare la mia brama.
Quest’esile menestrello trilla
il canto tintinnante —
il suono dell’interiorità,
una singola nota pura che corre il fiume.
La musica canora verde-azzurra
che fluisce in eterno avanti, verso noi
come la voce della luce stellare,
le armoniche dell’eternità.
Un invito giocoso
a bere dagli
antichi
Pozzi d’Innocenza.
A porre un memoriale per
la sferzata
Abbazia d’Infanzia.
Il mio braccio teso è il ramo
su cui non riposerai.
La mia mano, il nido
dove non ci sono piccoli.
Il mio dito, il fuscello,
lo spazio silenzioso nel mezzo —
dove la quercia bianca trema
nel respiro che segue.
Ombre cadono sotto l’ala
mentre abbasso il braccio
la tua bontà,
che vola via da me
è l’aria quieta rimasta a ché la tenga
nella mano
THE BREATH OF OVID
Eurus, the east wind,
moves ever so bravely
across the watered edges.
For he has fallen from
the breath of Ovid.
There are gasps in the ocean
and unhindered ghosts in the air,
that meet the mist of the cliffs.
Roaring through the opera
of the singing pines,
between the cracks in our lives.
Where,
the leaves will always fall
away from the bark of a limb,
in the tender tides of forgetting.
Where,
the water that we possess
will inevitably pass between
another’s lips.
The beginning of the innocence
of one age
is the decadent fall of another.
Just below the winded rain
that rakes my face,
is the gaze that always falls away
from the eyes of Man.
For all such good things
forever fall away
in the malignant pursuits of Men.
In the weight of the air that we carry inside us.
Where we are invisible,
to the places in our heart.
IL RESPIRO DI OVIDIO
Euro, il vento dell’est,
si muove sempre così ardito
per i bordi acquosi
Ché è caduto dal
respiro di Ovidio.
Ansiti ci sono, nell’oceano,
e, nell’aria, spettri svincolati,
che sfidano la foschia delle falesie
Ruggendo nell’opera
dei pini canori,
tra le crepe nelle nostre vite.
Dove,
le foglie sempre cadranno
dalla scorza d’un ramo,
nelle molli maree dell’oblio.
Dove,
l’acqua che possediamo
inevitabilmente passerà tra
labbra d’un altro.
L’origine dell’innocenza
di un’era
è crollo e decadenza di un’altra.
Proprio sotto la pioggia a vento
che mi rastrella il volto,
è lo sguardo che sempre sfuma
dagli occhi dell’Uomo.
Ché tutte le cose buone
per sempre dileguano
nelle imprese malvage degli Uomini.
Nel peso dell’aria che in noi rechiamo.
Dove siamo invisibili,
ai luoghi nel nostro cuore.
Traduzione a cura di Angela D’Ambra.
L’AUTORE
Mark Tarren è un poeta e scrittore che vive nella lontana isola Norfolk nel sud dell’oceano Pacifico. Candidate al Pushcart, le sue poesie sono state pubblicate, e sono in attesa di pubblicazione, in varie riviste letterarie, fra cui The New Verse News, The Be Nib, Poets Reading The News, Street Light Press, Tuck Magazine e Inspired Magazine. Parte della propria dedizione verso il luogo in cui vive, la poesia di Mark Tarren rende omaggio alla vita sull’isola di Norfolk e ai legami dell’autore con le bellezze naturali, l’avifauna, la rigogliosa terra e mare, la storia turbolenta, la gente forte e la loro cultura viva.