Recensione: “I colori dell’arcobaleno” di Claudia Messelodi | L’Altrove
Il titolo I colori dell’arcobaleno della silloge antologica dell’opera poetica di Claudia Messelodi rinvia alla spiccata sensibilità cromatica dell’autrice attratta anche per questo dalla varietà del contesto naturale: “Delicati / fiori del limone / salutano il sole, / sul mio terrazzo, / lucentezza. – Tremanti / foglie ramate / dell’acero, / girano su se stesse incessantemente, / trottole (Delicati fiori, da Variazioni di cielo e anima, 2013, vv.1-10).
Questa propensione stilistico-letteraria non implica di certo il semplicismo manierato della raffigurazione idillica, giacché non è estranea ai suoi versi la focalizzazione pensosa della triste condizione esistenziale – avvilente e deiettiva – propria della moderna quotidianità “rinchiusa tra le quattro pareti del presente” (Dentro un riverbero, da Nonostante il vento, 2018, v.50) e angustiata da “questi aridi paesaggi dell’anima” (Liberatemi, da Intrecci, 2014, v.3), oppressa dai “fardelli del mio nulla” (ivi, v.8), afflitta dalla solitudine e dalla deprivazione ideale e morale, caratterizzate con un linguaggio efficacemente elaborato, essenziale e ben equilibrato: “Vuoto, / come le strade del cuore, / deserte aride abbandonate – / sole. / Incatenato, / come sogni sbiaditi, / desideri senza ali / schiacciati a terra / soffocati – / soli. / Duro, / come l’aria della notte, / che ghiaccia i cuori / fossilizza le emozioni, / pungente gelida – / sola” (Molto da dire, da Glicini azzurri, 2012, vv.5-20).
Però l’avvertimento della negatività non comprime e paralizza l’energia sentimentale e intellettuale, e quindi la fantasia creativa della scrittrice; infatti nel cuore di una lirica più recente un’avversativa, dall’evidente funzione strutturante, formalmente ordinativa, suscita un movimento antitetico, testimonia un acuto bisogno della positività dell’essere, che trova una felice concretizzazione nello “spirito” della natura, nel suo vitalismo stimolante e pervadente, carico di “colori”: “Fa freddo nel cuore. / Solitarie le piazze, / luci riflesse contro cigli di muretti / e margini di vicoli / vuoti (…) Ma una fiamma ancora arde, / nel buio il seme vive e anela / presto diverrà distesa / di smeraldi, turchini e vermigli. / Semi di speranza, / mai dimenticati, / accarezzati e nutriti / da miriadi di raggi d’amore… / E la primavera irromperà prepotente / ad accendere anime praterie. / E farà caldo nel cuore” (Nel cuore, da Luce, 2020, vv.1-5 e 17-27, cors. mio).
La palese organizzazione per antitesi del testo indica l’insopprimibile contraddittorietà della vita, la cui esperienza non può che rivelare un misto di gioia e di dolore, di delusioni amare e di coinvolgenti potenzialità (“Come granelli di sabbia / nell’ebbrezza del vento d’agosto / i desideri scivolano fra le dita e si disperdono / nell’argento di un orizzonte di specchi – increspature di pianto, / barlumi di lucciole / tra i sopiti paesaggi del cuore” (Dentro un riverbero, op.cit., vv.12-18), queste ultime in grado di generare “attimi” di intensa soddisfazione morale espressa tramite l’impiego della similitudine e della metafora naturistiche: “Brillano come lucciole impazzite, / ignari delle finte luci di un domani / ormai alle porte” (Bambini, da Luce, op.cit., vv.16-18); “Trasparenti / rinfrescanti cascate / creano giocosi vortici / tra cui i pesci gioiosamente si / nascondono, fiumi” (Insicura, da Variazioni di cielo e anima, op.cit., vv.6-10); “Correnti / Lunghe correnti nel profondo marino – / il nostro bacio; / sacralità oltre le / parole, solo il cuore” (Correnti, da Intrecci, op.cit., vv.1-6).
La poesia della Messelodi presenta interessanti affinità, mostra significative “attinenze” con quella di una scrittrice del primo Novecento, Anna de Noailles (Parigi, 1876 – ivi, 1933), aristocratica francese di origine rumena, amica molto stimata di Marcel Proust e di Jean Cocteau, fervida animatrice della vita culturale parigina della “belle époque” e autrice di romanzi, novelle, articoli di giornale e rivista, ma soprattutto di volumi di versi.
Il riferimento specifico è alla sua prima raccolta poetica che reca il titolo Le Coeur innombrable, pubblicata a Parigi da Calmann-Lévy nella primavera del 1901. Tale libro d’esordio, destinato a grande successo letterario e mondano, si articola in sei sezioni ed è contraddistinto da un vivo “sentimento della natura”, che ne risulta il motivo unificante, il momento aggregativo dei varî nuclei sentimentali e il principio formativo delle principali catene di immagini, nell’àmbito di una ricerca artistica dai tratti post-romantici, aperta altresì a suggestioni simbolistico-decadenti e neoclassiche.
Gli stati d’animo, le urgenze spirituali, le problematiche interiori sono resi – come d’altronde nelle liriche della poetessa italiana – attraverso spunti descrittivi ben determinati, e obiettivati tramite precise rappresentazioni ambientali-paesistiche.
Al solo fine esemplificativo mi piace riportare il componimento ventisettesimo della prima sezione, L’automne (L’autunno), un testo di venti versi a rima baciata (“Voici venu le froid radieux de septembre: / Le vent voudrait entrer et jouer dans les chambres; / Mais la maison a l’air sévère ce matin, / Et les laisse dehors qui sanglote au jardin”, vv.1-4), disposti in quartine, dei quali fornisco la traduzione italiana da me predisposta: “Ecco ch’è giunto il freddo luminoso di settembre: / il vento vorrebbe entrare e giocare nelle stanze; / ma la casa stamattina ha l’aria severa / e lo lascia fuori a singhiozzare in giardino. / Come si sono zittite le voci dell’estate / Perché non si mettono mantelli alle statue? / Intorno tutto è infreddolito, tremante e impaurito; credo / che la stessa tramontana abbia i brividi e anche l’acqua intirizzisca. / Le foglie corrono nel vento all’impazzata; / vorrebbero andare lì dove gli uccelli prendono il volo, / ma il vento le riafferra e taglia loro la strada: / domani andranno a morire sugli stagni. / Il silenzio è leggero e calmo; a tratti / il vento vi passa attraverso come fosse un suonatore di flauto, / dopo tutto ricade nel silenzio / e l’Amore che giocava sotto cieli migliori / se ne torna dinanzi al fuoco che arde a scaldarsi / le mani gelate e le gambe irrigidite, / e la vecchia abitazione che lui sta per cambiare / sussulta e s’intenerisce nel sentirlo rientrare”.
L’attenzione partecipe e affettuosa ai tanti aspetti dell’universo naturale valse alla Noailles l’epiteto di “muse des jardins” che presso la critica d’oltralpe ebbe talvolta un’accezione limitativa, ma che per lo più intese valorizzare le diffuse vibrazioni panteistiche, la ricorrente situazione di intima adesione che ancora oggi costituiscono il fascino delle sue poesie.
Prefazione di Floriano Romboli.
L’AUTRICE
Claudia Messelodi è nata nel 1972 ad Arco (Trento) dove attualmente risiede. Laureata in Lingua e Letteratura Inglese, è docente di lingua e cultura inglese presso i licei di Riva del Garda. Scrive poesie in italiano ed in inglese con predilezione per le forme liriche degli haiku, tanka ed elfje. Ha pubblicato le raccolte: Glicini azzurri. Un viaggio poetico (2012), Variazioni di Cielo e Anima (2013), Intrecci (2014), Sinuosità (2015), Blue moon (2016), Alternanze (2017, in Alcyone 2000. Quaderni di poesia e di studi letterari, n°10), Colori nel vento (2017), Nonostante il vento (2018), Porte socchiuse (2018), Luce (2020). La sua attività letteraria è trattata da Angela Grassi nella monografia Le vivide vibrazioni di Claudia Messelodi (2014), e da Floriano Romboli nel quarto volume dell’opera Contributi per la Storia della Letteratura Italiana. Dal secondo Novecento ai giorni nostri, terza edizione, Guido Miano Editore, Milano 2020.