Estratto da “La domanda della sete” di Chandra Livia Candiani | L’Altrove
«Qualcuno è bravo con i nomi | sa un nome per tutte le cose». Chandra Livia Candiani invece i nomi li confonde, li centrifuga, li riassegna dandogli piú forza. Essere in una stessa poesia cammello, seme di una mela, cane, fiamma e altre cose è rinominare il mondo con un’altra logica. La forte metaforicità di questa poetessa è tutt’uno con la ricerca di fermare in linguaggio il flusso incessante di sensazioni contrastanti ed entità che la attraversano, che ci attraversano. Se nell’atto del camminare dice di essere per metà uccello e per metà albero, non è solo un’analisi precisa della natura umana che tende contemporaneamente a staccarsi da terra e ad ancorarsi ad essa. Non è una semplice iperbole. È la condivisione della natura di uccello e di albero, che stanno dentro quella umana, perché tutte stanno insieme in un’«orchestra del mondo», fatta «di gridi e canti bisbigli e strepiti». Non sempre in perfetta armonia. I versi di Chandra, le sue parole, le sue metafore, vengono da quella partitura.
Poesie da “La domanda della sete”
Nella notte cercando il cuore di me
si affaccia una montagna smemorata
nessuna breccia nebbia serrata
di pensieri scuciti
nessuna breccia fino alla tua faccia
è lei a precipitarmi silenziosa lama
fino al luogo fulminante
di me dove si diramano
incendi fughe
anni luce tuffi. Tutto,
tuo.
Dove ti sei perduta
da quale dove non torni,
assediata
bruci senza origine.
Questo fuoco
deve trovare le sue parole
pronunciare condizioni
di smarrimento dire:
«Sei l’unica me che ho
torna a casa».
Che cosa vuoi corpo?
Piccolo cuore notturno
che mi tira per la manica
spella il sonno
dimmi di cosa manchi
parlami con una testa diversa:
qualcosa è sparito
tu
sei accaduto
all’insaputa di me
proseguendo.
Le stelle fisse
un cane vivo
le spalle alla distanza.
Avanzo verso di te
e non hai ancora deciso chi sono
scopro nei millimetri
che non lo deciderai, stai.
Le rive del tuo sguardo
incidono un’incrinatura nello spazio
uno spiraglio
in cui si acquatta la cascata minima
della mia deriva.
Non chiedermi come sto.
Che dolore mi zappi nel petto
senza farlo apposta,
è il vuoto della tua creazione:
ritirata in te
mi crepi per la prossima luce,
la tua schietta assenza.
Non.
L’AUTRICE
Chandra Livia Candiani è nata nel 1952 a Milano. Ha pubblicato: Io con vestito leggero (Campanotto 2005), La nave di nebbia. Ninnenanne per il mondo (Vivarium 2005), La porta (Vivarium 2006), Bevendo il tè con i morti (Viennepierre 2007, Interlinea 2015), La bambina pugile ovvero La precisione dell’amore (Einaudi 2014, Premio Camaiore), Fatti vivo (Einaudi 2017), Il silenzio è cosa viva. L’arte della meditazione (Einaudi 2018), Vista dalla luna (Salani 2019). Insieme ad Andrea Cirolla ha curato Ma dove sono le parole? Le poesie scritte dai bambini delle periferie multietniche di Milano (Effigie 2015).