Poesie ritrovate: Dina Ferri | L’Altrove
Dina Ferri è una di quelle poetesse sconosciutissime, con le quali però si riesce subito a simpatizzare.
Di lei non può non colpirci la sua vita, così diversa, quasi dissonante con quella che immagineremmo per una voce poetica.
Nata a Anqua di Radicondoli, in provincia di Siena nel settembre del 1908, da una famiglia di contadini, Dina frequentò solo poche classi delle elementari, poiché fu costretta ad abbandonare gli studi e a lavorare come guardiana di un gregge di pecore, per aiutare la sua famiglia. Ma la passione per lo studio non l’abbandonò; si mise infatti a studiare di nascosto con una sua amica. All’età di sedici anni ebbe un grave incidente mentre falciava l’erba e ciò fece sì che i genitori la mandassero nuovamente a scuola.
Dina si dimostrò una studentessa modello, già mentre pascolava le pecore, non conoscendo nemmeno la metrica, scriveva poesie, pensieri che annotava su un quaderno che portava sempre con sé. Notando il suo talento, un ispettore scolastico convinse i genitori a farle proseguire gli studi presso un istituto a Siena. In quegli anni continuò scrivere e fu scoperta dal critico Aldo Lusini, il quale pubblicò su La Diana un saggio riguardante le poesie da lei composte. Purtroppo la notorietà acquisita durò poco. Nell’inverno del ’29 una grave influenza la costrinse ad essere ricoverata. Dopo poco la situazione si aggravò, Dina rimase in ospedale per quattro mesi e lì morì il 18 giugno 1930, a soli 22 anni.
Il suo Quaderno del nulla, il libricino in cui appuntava le sue poesie, fu pubblicato postumo nel 1931 dalla casa editrice dei fratelli Treves, riscoperto e ristampato poi nel 1999.
A giugno di quest’anno è uscita per la casa editrice Le Lettere una nuova edizione del Quaderno del nulla.
La poesia di Dina Ferri è in linea, per tematiche e metodo compositivo, a quella degli anni in cui è vissuta. La poetessa si affida allo schema AABB, con la rima baciata, oppure a quello ABAB, usato, tra gli altri, anche da Pascoli.
Echi pascoliani si scorgono nella stesura delle composizioni stesse, nei temi naturali, in quelli quasi infantili, ma anche nei tratti semplici e quotidiani.
È infatti l’ambiente naturale il motivo più grande d’ispirazione, tra le campagne Dina trascorse tutta la sua infanzia e la sua adolescenza.
Al pascolo
Mugghiano ai venti
bianchi buoi pascenti
lungo i declivi,
tra i sonanti rivi.
E vanno lenti
ne’ chiaror silenti
de’ tramonti d’oro.
Sognan di lavoro.
Dicembre
Sotto vel di bianca brina
dorme squallida natura
non ha verde la collina
non ha messi la pianura.
Acqua, vento, neve, gelo,
densa nube copre il cielo.
Non più nidi tra le fronde;
non si perdono nel vento,
non echeggiano gioconde
le canzoni a cento a cento.
Acqua, vento, neve, gelo,
densa nube copre ‘l cielo.
La Ferri, infatti, non scriveva per sé o per gli altri. Spesso veniva vista come una ragazza taciturna, ma una grande sensibilità e dolcezza d’animo è visibile in ogni parola da lei scritta. La poesia della pastorella, così chiamata da molti, ha una limpidezza straordinaria. Nei suoi versi non vi è ricerca di aggettivi, di abbellimenti o di frasi ricercate. È una poesia viva e schietta quella che ci mostra, una poesia che è sì descrittiva, ma senza ridondanze. Ci ricorda in un certo modo i poeti del Trecento, con le quali condivise la terra natìa.
Un giornalista de La Nazione, dopo aver letto le sue poesie, scrisse: «Tutte le notazioni liriche di questa pastorella senese hanno la meraviglia della naturalezza e l’inimitabilità della forza». Un altro su La Tribuna osservò: «Con Dina Ferri è davvero una voce nuova che sorge a dare gioia agli assetati della più semplice poesia, che non ha regole o discipline di retori».
Nel Quaderno del nulla la poetessa riversava ogni suo pensiero. Non troviamo solo i suoi componimenti poetici, ma anche lettere, meditazioni, intime pagine di una giovinezza stroncata. Sebbene il male e il dolore provocato da esso, Dina non si scoraggiava. Con le ultime forze rimaste continuava a scrivere, ferma anche nella sua fede religiosa.
La morte prematura della poetessa ci lascia immaginare come la sua voce avrebbe potuto maturare negli anni, quanto avrebbe potuto dispiegarsi e sorprendere i lettori.
Proprio dal suo Quaderno del nulla vi proponiamo la lettura di alcune poesie.
Vorrei
Vorrei fuggire nella notte nera,
vorrei fuggire per ignota via,
per ascoltare il vento e la bufera,
per ricantare la canzone mia.
Vorrei mirare nella cupa volta
fise le stelle nella notte scura;
vorrei tremare ancor come una volta,
tremar vorrei, di freddo e di paura.
Vorrei passar l’incognito sentiero,
fuggir per valli, riposarmi a sera,
mentre ritorni, o giovinetto fiero,
chiamando i greggi, e piange la bufera.
Alla rondine
Dimmi di mare rondine bruna,
dimmi di mare, tu che lo sai;
quando ne’ cieli sale la luna,
cosa le stelle dicono mai?
Cosa ti dice l’onda turchina
quando la notte veglia sui mari?
Forse nel cuore di pellegrina
sogni la gronda de’ casolari?
Pace
Udivo nel piccolo fosso
sommesso gracchiare di rane;
passava tra i rami di bosso
sussurro di preci lontane.
Rideva nel cielo profondo
pensosa la pallida luna;
veniva, da lungi, giocondo
un cantico lieve di cuna.
L’ombra
Chiesi un giorno a le nubi lontane
quando l’ombra finisce quaggiù;
mi rispose vicino una voce,
una voce che disse: Mai più!
Alle stelle del cielo turchino,
a la notte vestita di nero,
io richiedo con timida voce,
come allora, lo stesso mistero.
Io richiedo ne l’ombra la via
e risogno la luce che fu;
ma risento la solita voce;
quella voce che dice: Mai più!