Nasceva oggi

Nasceva oggi: Vittorio Sereni | L’Altrove

Nasceva oggi il poeta Vittorio Sereni.

Nato a Luino nel 1913, Sereni fu una delle voci poetiche più importanti del Novecento italiano.

La poesia di Sereni si colloca nell’Ermetismo e Modernismo, ma con le dovute eccezioni. Nel poeta ritroviamo i temi tipici della poesia del tempo: le sofferenze, gli stati d’animo dell’umano. Ma la Seconda Guerra Mondiale cambiò radicalmente il suo modo di scrivere in versi. Sereni combattè il secondo conflitto mondiale e fu prigioniero per diverso tempo in Algeria; da questa esperienza la sua poesia divenne più realistica e ricca di drammaticità. Diario di Algeria (Valecchi) rappresenta, quindi, il distacco dalla corrente ermetica e il nuovo poetare di Sereni, fatto adesso dal narrare in forma diaristica quell’evento.

Nel 1965 pubblicò con Einaudi Gli strumenti umani, seguita da altre raccolte come Stella variabile, con cui vinse il Premio Viareggio per la poesia, e altre opere in prosa. Sereni fu anche traduttore di Apollinaire, Char e Valéry e lavorò come direttore editoriale per la Casa Editrice Mondadori.

Morì a Milano nel 1983.

Vogliamo ricordarlo con alcune sue poesie:

In me il tuo ricordo

In me il tuo ricordo è un fruscio
solo di velocipedi che vanno
quietamente là dove l’altezza
del meriggio discende
al più fiammante vespero
tra cancelli e case
e sospirosi declivi
di finestre riaperte sull’estate.
Solo, di me, distante
dura un lamento di treni,
d’anime che se ne vanno.

E là leggera te ne vai sul vento,
ti perdi nella sera.

Poesie e prose (Mondadori, 2013)


Algeria

Eri prima una pena
Che potevo guardarmi nelle mani
Sempre della tua polvere più arse
Per non sapere più d’altro soffrire.
Come mi frughi riaffiorata febbre
Che mi mancavi e nel perenne specchio
Ora di me baleni
Quali nel nero porto fanno il giorno
Indicibili segni delle navi

Da Diario di Algeria


Rinascono la valentia
e la grazia.
Non importa in che forme – una partita
di calcio tra prigionieri:
specie in quello
laggiù che gioca all’ala.
O tu così leggera e rapida sui prati
ombra che si dilunga
nel tramonto tenace.
Si torce, fiamma a lungo sul finire
un incolore giorno. E come sfuma
chimerica ormai la tua corsa
grandeggia in me
amaro nella scia

Da Diario di Algeria


Gli squali

Di noi che cosa fugge sul filo della corrente?
Oh, di noi una storia che non ebbe un seguito
stracci di luce, smorti volti, sperse
lampàre che un attimo ravviva
e lo sbrecciato cappello di paglia
che questa ultima estate ci abbandona.
Le nostre estati, lo vedi,
memoria che ancora hai desideri:
in te l’arco si tende dalla marina
ma non vola la punta più al mio cuore.
Odi nel mezzo sonno l’eguale
veglia del mare e dietro quella
certe voci di festa.

E presto delusi dalla preda
gli squali che laggiù solcano il golfo
presto tra loro si faranno a brani.

Tutte le poesie (Mondadori, 1995)

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