Estratto da “La Spoon River dei migranti” di Salvatore Romano | L’Altrove
Salvatore Romano reinterpreta in chiave personale il celebre capolavoro di Edgar Lee Masters per denunciare la tragedia più cogente e diffusa dei nostri tempi: la migrazione senza speranza di milioni di esseri umani in fuga dalla violenza e dalla povertà.
Romano fotografa gli ultimi momenti di vita o raccoglie gli ultimi pensieri delle vittime, rendendole quasi riconoscibili ai nostri occhi: madri e bambini si rivolgono litanie dolci e dolorose, gli uomini piangono la propria sorte. Protesi verso di noi – a volte rabbiosi, a volte rassegnati – impongono il loro grido alla nostra spesso sfuggente coscienza.
Ecco un estratto del libro:
LAPIDE DI NADIRA
Mamma!
Ho paura!
Mi rincorrono le grida e gli spari.
Cantami la ninna nanna e spegni queste luci abbaglianti.
LAPIDE DI KAREEMA
Il sorriso e la felicità sul mio volto.
Il mio sposo coglieva per me i fiori dal giardino fiorito
e mi dava tanti, sorprendenti e generosi baci.
Mentre la sua mano stava per carezzarmi
non esistemmo più.
LAPIDE DI ADEELA
Allah mi ha lasciata su questa terra pochi anni e non so il perché.
Nei miei sogni colorati ho viaggiato con le pagine di un libro di poesie
ma, nei versi, qualcuno ha versato il mio sangue
e Ismael non ha retto al dolore.
Ho tentato di fermarlo
ma la mia voce era più silenziosa di quella della pietra.
Non ha ascoltato il mio dolore perché non avevo più una voce.
Ismael,
amore mio, è stato tutto breve
finanche quel bacio
soffiato dal palmo della mano.
LAPIDE DI HALIMA, cinque anni
Cinque anni.
Solo cinque anni.
L’acqua mi è entrata negli occhi
nelle mani, nella gola.
Prima, però
ha ucciso il mio orsacchiotto.
Cinque anni.
Solo cinque anni.
Avevo tante parole da imparare
tanti giochi, tanti colori
ma qui
in queste fredde e buie acque
ho paura.
La mia mamma è stata trasportata da un’onda
e, per fortuna
ho imparato bene il suo nome
e lo grido qui
in questo silenzio cattivo.
Jala,
Jala, mamma
dove sei?
So che è qui che mi cerca.
Il mio cuore sente il suo cuore.
La vedo, lì
in quel lontano e genuflesso promontorio marino
che si agita e piange per un delitto non suo.
Mamma.
Mamma mia
bella che più bella non si può
ora tendi le tue grandi mani
e rincorri i misericordiosi e lenti movimenti dell’acqua.
Io attenderò che tu venga a riscaldarmi le mani
e a pizzicarmi le guance.
Ogni tuo bacio conserverò per gli anni a venire
e non importa se saranno baci insaporiti dal mare
o baci innaffiati dal sole.
Non importa che la vita si svolga qui o altrove.
L’unica armonia di Dio
sarà nel tuo abbraccio.
L’unica vita sarà nei nostri cuori.
Corri.
Corri senza inciampare.
Riportami te e, se puoi
anche l’orsacchiotto.
E percorri in fretta questo silenzioso prato colorato di nero.
Se questa è la morte ha gli occhi cattivi della tua assenza.
Cinque anni.
Solo cinque anni.
LAPIDE DI LEILA, poetessa
Raccolgo alghe sul fondale
così come raccoglievo fiori nel giardino.
Nei sogni coltivati
assieme a rose e gerani
c’erano frasi e baci d’amore.
Al chiarore della luna
cullavo le mie poesie.
I versi traboccavano come acqua
e le immagini, a mille e a mille
si sposavano coi versi
e dal loro amore nasceva e anche moriva l’emozione del cuore.
Raccolgo bestemmie e dolori sul fondale
così come raccoglievo fiori nel giardino.
Nessun verso
più trabocca
come acqua
perché l’universo intero è ricoperto dall’acqua.
Affondo
i piedi corrosi
con le dita mozzate
e la carne
quel che resta, a brandelli.
Affondo nel giardino di melma marina
là dove nessuna luce s’avventura
e nessun sonetto si adagia
e i versi che declamo
sono come vetri
frantumati dalla violenza di una collisione.
Affondo la rima baciata
qui
dove le labbra
non conoscono il sapore di altre labbra.
Affondo l’anima e la vedo annegare come l’insetto che
[atterrito attende la morte.
Raccolgo alghe sul fondale
Mentre sogno che siano rose e gerani.
L’AUTORE
Salvatore Romano è nato a Napoli nel 1957 e risiede a Verona. Ha esordito nel 2016 con il romanzo Etrom. Ha pubblicato la silloge poetica Anima gitana (2017) e le pièce teatrali Dialogo tra un libro e una candela e Ghigliottina a gogò. È Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.