Pierluigi Cappello, poeta-luce nelle ombre | L’Altrove
Pierluigi Cappello è stato un poeta friulano capace di donare un volto nuovo al dolore. Lui, che è stato costretto ad osservare la vita dalla sedia a rotelle sin dall’età di 16 anni, è riuscito a far sbocciare il suo tormento come una rosa profumata nel mese di maggio. Un “nonostante tutto” più forte di ogni cosa, il suo, più della sua fragilità fisica. Ci ha dimostrato che, nonostante le avversità che la vita ci pone, non si esce mai sconfitti ed ha cercato di abbattere i preconcetti sulla disabilità fisica.
Quelle di Pierluigi Cappello sono parole intrise di una malinconica tenerezza, di un ricordo evanescente prontamente intrappolato in un verso sempiterno. Con semplicità è riuscito a tirar fuori la sua interiorità mostrando delle sfumature che, in fondo, appartengono a tutti. Ha rappresentato sapientemente il vuoto, il margine e ci ha donato delle immagini visive nitide con colori, visioni, sfumature impercettibili. Leggendo i suoi versi, riconosciamo la nostra umanità.
Il cantante Jovanotti, nella prefazione della silloge Stato di quiete, ha scritto “che la poesia è proprio questo affermarsi esseri umani e a questo dare importanza. Ci si può incontrare nel bianco che circonda i versi, che è come il buio che circonda i due personaggi di Colore, e respirare la stessa aria”.
Da poco una selezione della sua produzione si può leggere in inglese. Go Tell It to the Emperor, (Mandate a dire all’imperatore come il titolo della raccolta pubblicata da Crocetti nel 2010) è uscito il primo ottobre per Spuyten Duyvil, tradotto da Todd Portnowitz.
Non possiamo che ringraziare Pierluigi Cappello per averci condotto nel suo mondo interiore, per averci mostrato l’essenzialità delle cose, in un secolo totalmente frantumato ed orientato all’autodistruzione individuale, collettiva, globale, la sua poesia tenta di ricomporre i pezzi di una società in decadenza partendo dal singolo lettore.
Lo ringraziamo incidendo nel cuore queste parole:
Costruire una capanna
di sassi, rami, foglie
un cuore di parole
qui, lontani dal mondo
al centro delle cose,
nel punto più profondo.
Condividiamo un mix di poesie:
LA PIOGGIA
Questa pioggia è da ascoltare,
è il concerto delle gocce:
fatto in battere o in levare
suona note dolci o chiocce.
Fruscian gocce sopra il prato,
tamburellano le foglie
ridon tutte sul selciato
piange il vetro che le accoglie.
Sembra quasi dire il cielo
sono triste e allora piango,
ma in compenso, in parallelo,
ogni goccia balla il tango,
molte scendon le grondaie
tristi alcune, alcune gaie.
SCRITTA DA UN MARGINE
Non si tratta di riempire,
si tratta di far parlare il vuoto. L’ortensia
si è piegata al frutto della luce
ma non c’è tensione oltre le siepi di lauro,
nella tenue foschia di mezza mattina. Sarà
il tremolare delle gemme di marzo, sarà
l’aria spartita dal raschio di un autocarro
e il ricomporsi del silenzio che chiude una scia.
Dalla testolina di un passero, la prospettiva
accompagna lo sguardo alle quinte di alberi alti
dove il cielo si rompe in turgore e il bianco
ha il sapore di un inno; si vive
appena sopra la superficie del sogno
e tutto accade a un passo da qui.
LE PAROLE
Annodammo la nostra infanzia ai capelli delle nuvole
e non fu la pioggia, fummo la pioggia;
la mano dell’uomo ci sradicò dall’aria
e lungo i canyon della nostra pelle
attecchì il pensiero;
le nuvole furono scrittura,
la nostra voce un nodo sciolto,
noi da una parte, da un’altra parte il cielo.
RISVEGLIO
Ci si risveglia un giorno e le cose sembrano le stesse
mentre invece dietro a noi si è aperto un vuoto
dopo che tutto è stato fatto per trattenere la vita
in mezzo a un panorama di pietre sparse e tegole rotte.
Allora uno mette il dentifricio sullo spazzolino
mescola lo zucchero al caffè
con l’attenzione che aveva da scolaro
quando ritagliava sulla carta
file di bambini che si tengono per mano,
piccoli pesci che baciano l’aria.
(Su Pierluigi Cappello è possibile guardare il documentario Parole Povere, qui il trailer)