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La guerra permanente, poesie dei poeti curdi | L’Altrove

Quest’oggi abbiamo raccolto le migliori poesie dei poeti curdi sulla guerra.

Esprimiamo la nostra totale vicinanza al popolo curdo, a tutti quelli che, ingiustamente, stanno perdendo la vita e stanno vivendo il dramma della guerra, ai dimenticati, a chi ha perso tutto e continua a perdere ogni pezzo di quotidianità ormai permeata dal terrore cieco e feroce.

Ci auguriamo che tutto questo finisca presto.


Dal buio alla luce resisistente

La storia è un simbolo della resistenza
La storia è una ribellione alla persecuzione
Noi possiamo cambiare la storia
Oppure la storia ci cambia
Noi possiamo riscrivere la storia
Oppure la storia ci può scrivere nel buio
Noi possiamo giudicare la storia
Oppure la storia giudica la falsa gente
E ogni storia è la fine di un dittatore
Ogni canzone è una sintesi della vita
ogni canzone aumenta la voce della gioia
In ogni canzone aumenta il grido di vittoria
Le canzoni distribuiscono la speranza in ogni luogo
E la storia scorre nei fiumi, nelle canzoni combattenti
Nascono gli eroi impavidi, le eroine impavide
Le leggende nascono con la storia scritta con le lettere d’oro
Le leggende infinite nascono dal buio alla luce
E ogni canzone è il continuo della storia scolpita
E ogni canzone è la storia vissuta.

Doğan Akcali – poeta curdo


LEGGE

Quando il cuore si acceca
anche il sole è notte buia.
Se il gatto diventa polizia
tutti i topi sono colpevoli.

di Latif Halmat poeta curdo.


Rabarbaro

Al sorgere del sole iniziava la gioia sui nostri visi
un sacco nelle mani, la prima colazione e un paio di cose.
Metà di marzo o inizio d’aprile.

Cresceva e si univa la felicità infantile nei nostri occhi
quasi come una gara tra di noi
Il terreno era bagnato e franava sotto i piedi
Le pietre rotolavano …

Nonostante tutto raccoglievamo i rabarbari

Ci incontravamo all’ombra dei platani, vicino alla fontana
Bevevamo la sua acqua ghiacciata
Eppure sapevo che il rabarbaro apparteneva ai curdi
Perché cresce in luoghi difficili, montuosi, rocciosi, come i curdi
Cresce come pelle esposta al sole
Non vive negli orti, nei giardini
È una pianta che ama vivere nelle difficoltà
Non si fa cibo col rabarbaro, da noi.
E più tardi ho saputo che vive come noi curdi, appartiene ai nostri monti
E più tardi ho capito che l’amore è bello quando si raccoglie
E l’amore ha un sapore acidulo, come il rabarbaro.

di Doğan Akçali


Io vado, madre.
Se non torno,
sarò fiore di questa montagna,
frammento di terra per un mondo
più grande di questo.
Io vado, madre.
Se non torno,
il corpo esploderà là dove si tortura
e lo spirito flagellerà, come
l’uragano, tutte le porte.
Io vado … Madre …
Se non torno,
la mia anima sarà parola …
per tutti i poeti.

Di Adbulla Goran – poeta curdo


Se dai miei versi
strappi le rose,
delle quattro stagioni della mia poesia
una ne morirà.
Se escludi l’amore,
due delle mie stagioni moriranno.
Se porti via il grano,
tre delle mie stagioni moriranno.
Se mi togli la libertà,
tutte e quattro le stagioni moriranno,
e io con loro.

Di Sherko Bekas


Gli ho chiesto tregua mentre mi invadevano
per tapparmi la bocca con le cinture di cuoio,
sicché l’urlo m’è tornato in gola
distruggendo quel che mi restava da dire.
Mi svegliano le braccia anchilosate,
per quanto ci avevo dormito sopra,
e vedo tutti quelli che mi fissavano, poc’anzi.
L’aria viene lacerata,
come la mia bocca, ma non sento niente.
Fisso un punto nel bianco sporco,
che poi si trasforma in un occhio che mi fissa,
e ovunque mi guardi mi vedo moltiplicare.
Gli sguardi mi divorano,
mentre di me non rimane
che una pelle così sottile che,
se solo la sfiorassi, sparirei.
Io sono il pane degli invisibili.
Quanto mi terrorizzano gli occhi degli atterriti!
Ogni spavento ne spaventa un altro.

Di Golan Hajipoeta curdo siriano

(foto in evidenza di Hassan Ammar, Ap/Ansa del 2018)

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