I War Poets della Prima Guerra Mondiale | L’Altrove
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale sono stati molti i giovani inglesi ad arruolarsi volontariamente per combattere una guerra che si credeva rapida e vittoriosa e che oggi è ricordata come una delle più grandi tragedie dell’umanità.
La sconcertante realtà di quegli anni vissuti nelle trincee, inimmaginabile per noi che non l’abbiamo vissuta, riecheggia nell’opera di un gruppo di giovanissimi soldati-poeti britannici, i War Poets, testimoni di orrori e speranze raccontati attraverso una poesia cruda e vivida.
La poesia dei War Poets
La novità di questa poesia consiste nel fatto che è prodotta da soldati che hanno sperimentato la guerra in prima persona non vedendone, nella maggior parte dei casi, la fine: Rupert Brooke e Wilfred Owen – il più celebre dei ‘War Poets’ -, ad esempio, morirono durante la Guerra; altri autori, come Siegfried Sassoon o Ivor Gurney, riuscirono a sopravvivere, ma rimasero inevitabilmente segnati.
Sul piano stilistico e tematico, la poesia dei War Poets è variegata ed eterogenea: essa si fa voce sia del sentimento patriottico, sia della denuncia degli orrori della guerra.
Il sentimento patriottico ed eroico è nitidamente espresso nei versi di The Soldier, di Rupert Brooke, scritta durante gli ultimi mesi del 1914, frutto di un ottimismo che ancora alimentava gli animi di questi giovani soldati:
If I should die, think only this of me:
That there’s some corner of a foreign field
That is for ever England. There shall be
In that rich earth a richer dust concealed;
A dust whom England bore, shaped, made aware,
Gave, once, her flowers to love, her ways to roam,
A body of England’s, breathing English air,
Washed by the rivers, blest by suns of home.
And think, this heart, all evil shed away,
A pulse in the eternal mind, no less
Gives somewhere back the thoughts by England given;
Her sights and sounds; dreams happy as her day;
And laughter, learnt of friends; and gentleness,
In hearts at peace, under an English heaven.
Di tutt’altro genere è la più celebre poesia di Wilfred Owen, Dulce et decorum est, il cui titolo riprende un verso di Orazio. La poesia, con il suo linguaggio brutale, mira a rappresentare realisticamente gli orrori della vita di trincea, denunciando, con l’amara ironia degli ultimi versi, l’insensatezza dell’idea di sacrificio onorevole reso alla patria:
Bent double, like old beggars under sacks,
Knock-kneed, coughing like hags, we cursed through sludge,
Till on the haunting flares we turned our backs
And towards our distant rest began to trudge.
[…]
Gas! GAS! Quick, boys!—An ecstasy of fumbling,
Fitting the clumsy helmets just in time;
[…]
Dim, through the misty panes and thick green light,
As under a green sea, I saw him drowning.
In all my dreams before my helpless sight,
He plunges at me, guttering, choking, drowning.
[…]
If in some smothering dreams you too could pace
Behind the wagon that we flung him in,
And watch the white eyes writhing in his face,
His hanging face, like a devil’s sick of sin;
If you could hear, at every jolt, the blood
Come gargling from the froth-corrupted lungs,
Obscene as cancer, bitter as the cud
Of vile, incurable sores on innocent tongues,—
My friend, you would not tell with such high zest
To children ardent for some desperate glory,
The old Lie: Dulce et decorum est
Pro patria mori.
Dato il contenuto forte di queste poesie e il grande valore di testimonianza che esse perpetuano, non possiamo non concludere con alcuni versi di Siegfried Sassoon che, sopravvissuto alla Guerra, si fece portavoce del dissenso; nella sua Aftermath, scritta nel 1919, il poeta esorta se stesso a non dimenticare le sofferenze della Guerra, pur “continuando a vivere”:
Have you forgotten yet?…
For the world’s events have rumbled on since those gagged days,
Like traffic checked while at the crossing of cityways:
And the haunted gap in your mind has filled with thoughts that flow
Like clouds in the lit heaven of life; and you’re a man reprieved to go,
Taking your peaceful share of Time, with joy to spare.
But the past is just the same-and War’s a bloody game…
Have you forgotten yet?…
Look down, and swear by the slain of the War that you’ll never forget.
[…]
Non hai ancora dimenticato?… / Gli eventi del mondo continuano a scorrere anche dopo quei giorni difficili da accettare / come il traffico bloccato ad un incrocio: / ed il vuoto della mente tormentata da spettri si è riempito di pensieri che scorrono / nel cielo illuminato dalla vita; / e tu sei un uomo a cui fu concesso di continuare a vivere, / e puoi prendere la tua parte di tempo e sperimentare la gioia. / Ma il passato rimane lo stesso – e la guerra è un gioco dannato… / Non hai ancora dimenticato? / Guarda giù e giura sugli uomini uccisi dalla guerra che non dimenticherai mai.
A cura di Irene Belfiore