Estratto da “Isola sono diventata” di Vivian Ley | L’Altrove
Senza poesia non c’è niente che abbia valore. In Isola sono diventata (Nulla Die, 2018) di Vivian Ley la parola poetica ha un corpo esibito e la sua energia sta proprio in questo. Ogni suono, ogni composizione, ogni scelta della scrittura rivela una forza intrinseca capace di comunicare direttamente con l’inconscio di chi la ode. È la potenza del canto, di una melodia che sgorga dall’interiorità del poeta, a disarmare e affascinare in modo perturbante l’uditore. La musicalità, insieme con la suggestione della parola, avvince come fosse una cura sacra, una cura senza tempo in grado di stravolgere e travolgere chi la ascolta.
Di seguito un estratto della raccolta:
Sono rimasta a guardare
Le lancette di un orologio
Sperando che il ticchettio
Diventasse mio amico
Speravo che man mano
I piccoli passi
Divenissero una corsa
Ma l’intensità del respiro
Non garantisce un arrivo
A volte mi fermo
Davanti a una salita
Mi intimorisce
Ma poi trovo
Una guida
A indicarmi un percorso
Un movimento
Un respiro
E avanzo
Senza chiedere
Dove mi porta
Senza paura
Avanzo
Perché avanzare
È già superare
La cima.
Dove mi nascondo?
Sotto la pelle non c’è spazio
C’è upupa.
Cerco le braccia
Di mia madre
E trovo lei.
Upupa.
Pupille giallo oro
Piume vistose
E occhi da sirena,
Upupa mi chiama
Per accogliermi
Nell’abbraccio
Dalle piume
Fatali.
Di cosa hai paura?
Della notte scura
Di cosa hai paura?
Dell’ombra della fortuna
Di cosa hai paura?
Del silenzio del cuore
E della mente
Del silenzio della gente.
Cosa sei tu?
La grande disperazione
Il pensiero nero
Il mare assoluto
Della menzogna.
Isola sono diventata
Nel mare dell’attesa
Si resta in silenzio
Afnché accada
Il rumore del mare
È il movimento
Che solo adagio
Riconosco.
L’AUTRICE
Vivian Ley è un nom de plume: la parola poetica è tutta la sua vita.