Estratto da “Uno studio sul niente” di Luca Buonaguidi | L’Altrove
Uno studio sul niente – viaggio in Giappone di Luca Buonaguidi (Italic Pequod, 2018) è il risultato di viaggi, di scene vissute, di versi scritti e ritrovati, di cartoline inviate.
Sfogliando il libro di Buonaguidi, non possiamo fare altro che stupirci. Si tratta di un lavoro certosino, quasi da cesellatore. I versi di Luca si sposano con le immagini e le immagini, a loro volta, con le citazioni di autori, monaci e filosofi giapponesi.
La cultura giapponese è una delle più affascinanti del mondo, le poesie giapponesi, gli Haiku, sono piccole perle che, raccolte, ricominciano a splendere della loro antica, ma attuale bellezza.
Il libro si apre con un’introduzione che riportiamo interamente di seguito:
Uno studio sul niente – viaggio in Giappone è il mio secondo taccuino di viaggio. Se in India comparsero appena trenta poesie in cinque mesi, in Giappone sono bastate poche settimane perché, come ha scritto Claudio Giunta, “in nessun altro paese del mondo la tentazione di dire la propria opinione è tanto forte”. Mosso dal mito del Giardino delle Quindici Pietre, da un apprendistato poetico allo Zen e da un’intera letteratura sul viaggio in Giappone, ho vagato da una parte all’altra dell’isola di Honshūcome un flâneur e sono tornato con un diario diverso, con i versi a raccontare un viaggio ordinario in un paese straordinario e corredando il mio studio con fotografie itineranti e citazioni di scrittori, fumettisti, filosofi, monaci e viaggiatori che hanno ispirato i miei passi. Il risultato è questo “studio sul niente” espresso in 21 cartoline geopoetiche devote alla tradizione giapponese di accompagnare parole a immagini perché, come scriveva Cesare Brandi, il Giappone “resta arcaico anche se è maestro di elettronica.
Il libro è irrorato di un un sentire noto con il nome di wabi sabi, una parola intraducibile e che anima la concezione estetica giapponese, fondata sull’accettazione dell’impermanenza e dell’imperfezione delle cose, oltre che della loro ininterrotta relazione col soggetto che le osserva. Questo sentire si rivela per esempio nel gusto delle poesie haiku e declina l’atto stesso del viaggiare in Giappone come un “essere vivo e morto/ insieme”.
A partire dal velo di significanze superficiali – tipico nel teatro del viaggiatore occidentale in Oriente – ho orientato il mio sguardo verso ciò che non appare eppure anima quest’isola enigmatica. Yukio Mishima soleva dire che “solo l’invisibile è giapponese” e quest’invisibile è la traccia che qui si testimonia del Giappone, di un viaggio e del niente.
A seguire, invece, alcune poesie intervallate da alcune cartoline-poetiche:
Pioggia nel tempio.
Lo spirito balugina,
il grande tamburo
riposa da tempo,
lo scolo dell’acqua
sul tetto richiama
più acqua a terra.
Itsukushima-jinja, Miyajima
Tokyo non ha l’odore
di una megalopoli
e per strada aspettavo
un rumore maggiore,
un orrore senza grazie
sparse, piccole e improvvise.
Ripenso a Trampling Tokyo
quel racconto di Alan Moore
in cui Godzilla appare:
“stanco di spaccare Tokyo
non c’è più alcun interesse
nel mangiare automobili…
Annoiato a morte
mentre respiro forte
e abbrustolisco il viale…
un tramonto radioattivo
sorseggiando raggi x
sotto il cielo color vino
le onde sono funghi atomici
e i pesci volano senza freno”.
Cammino in strade a tre piani
tra forme future nel ritmo
muto di luci epilettiche,
c’è una certa cura, un’idea
nell’orgia metallica
mi sento bene, mi sento male,
non capisco cosa siano
il bene e il male
dentro la pancia
del mostro morale e lucente.
È tutto un guardare d’essere
in essere boccheggiare
in un’armonia contrita e liscia,
tra pesci rossi che gonfiano
le branchie nei riflessi vitrei
dei bordi, il vuoto pneumatico
agita appena questo sogno
di luce artificiale.
Nuoto in questo acquario,
sono piccolo e lontano.
Fushimi Inari Taisha, Kyōto
Vuoto
senza forma
senza scopo.
Così si attraversa
il padiglione di legno
cercando la luce.
Ci provo. Intensamente.
Lo attraverso ma
niente illuminazione.
Se rinasco
sarò pensiero
senza un pensatore.
Sanmachi-Suji, Takayama
Voglio dedicare
la prossima vita
a sparire, al vento
e a farmi vuoto
dentro il tempo.
Sboccia il fiore
del ciliegio sul canale.
È così che studio il bene.
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L’AUTORE
Luca Buonaguidi (Pistoia, 1987) è laureato in Psicologia Clinica e di Comunità, lavoro presso una comunità terapeutica e conduco laboratori espressivi e progetti di Poetry Therapy.
Ha scritto libri di poesia I giorni del vino e delle rose (2010, Fermenti) e Ho parlato alle parole (2014, Oèdipus), i diari di viaggioINDIA – complice il silenzio (Italic Pequod) e Uno studio sul niente – Viaggio in Giappone (Italic Pequod, 2018), i saggi musicali Franti. Perché era lì – Antistorie da una band non classificata (Nautilus Autoproduzioni) con Cani Bastardi eAmbulance Songs – Non dimenticare le canzoni che ti hanno salvato la vita (Arcana, 2019) con Salvatore Setola. Compare nelle antologie La sagra è vicina (Beltempo, 2013) a cura di AsapFanzine, Blanc de ta nuque II (2016, Dot.com Press) a cura di Stefano Guglielmin, Affluenti. Nuova poesia fiorentina (2016, Ensemble) a cura di Edoardo Olmi e Marco Incardona. Ha partecipato al disco a cura di Girolamo De Simone Approdi. Avanguardie musicali a Napoli (KonSequenz, 2015), dedicato a Luciano Cilio e come autore di testi per la musica ha collaborato con Maisie, Elias Nardi Group e Vittorio Nistri (Deadburger). I suoi scritti sono stati commentati e/o rilanciati da centinaia tra riviste, blog e radio (Poesia, Rumore, Battiti – Radio Rai…), sono stati tradotti in inglese (Condo) e in tedesco (International Rilke Society). In passato ha scritto reportage, opinioni e approfondimenti di cultura e società nelle sue varie forme per decine di riviste (Comunità Provvisorie, KonSequenz,L’Altracittà…) ed in particolare di cinema e musica (Impatto Sonoro, CineFatti, MeMeCult…), oltre ad aver gestito il blog carusopascoski.com.