Giovani Poeti
Giovani Poeti

Giovani poeti: Gennaro Madera

Quest’oggi vi presentiamo i versi di Gennaro Madera, 19enne originario di Cariati un paese in provincia di Cosenza. La sua poesia è un fiume che trascina, avvolge e catapulta il lettore all’interno del suo flusso. Vicina, palpabile, emozionante, esige riflessione e silenzio.
Dietro ogni composizione c’è, nella sua immediatezza, un lavoro di perfezionamento costante. Madera non è, infatti, un nuovo arrivato e si è saputo distinguere grazie alla sua costruzione dei versi fatta di bravura emozionale e non. Nel 2016 ha pubblicato la silloge intitolata Come le onde del mare, edita da Edizioni Expressiva premiata con la Menzione d’onore al Premio Internazionale Città di Castrovillari ed ha vinto il primo premio del concorso di poesia “Antonio Sallustio”. Per quest’ultimo, la giuria si è così espressa: Poesia che coinvolge subito per il suo vivere a pieno il rapporto con la propria ispirazione, rendendola intima e personale, e per l’identificazione assoluta con la vita, nel confessarsi senza infingimenti, mettendo a nudo l’anima nelle sue illusioni e delusioni, affidandone le cure al dolce e malinconico canto della poesia. Nel caos con cui l’amore scompiglia le nostre vite mortificandole e vivificandole, secondo l’antico e mai sopito dissidio di Eros e Thanatos, tanto caro ai poeti, affiorano l’ostinazione di amare ad ogni costo per vivere, l’attesa simile a una fede messianica, capace nella similitudine finale di alimentarsi di speranza attingendo a “una lacrima quale reliquia perenne”.
Oltre Come le onde del mare, ha scritto anche un ebook intitolato Se io ti amo tu mi dici grazie, scaricabile gratuitamente nei social sotto in descrizione.

Grazie per aver partecipato. Puoi dirci com’è nata la passione per la poesia?

La mia passione per la poesia è nata grazie all’educazione familiare datami, dedita alla cultura. Si è sviluppata poi inconsciamente col tempo quando il mio migliore amico (anch’egli poeta e primo poeta che io abbia letto) di notte mi mandava i suoi scritti e io li aspettavo ansiosamente e commentavo descrivendo le emozioni che suscitavano in me. È andata così. Non avevo mai pensato a scrivere, forse anche perché vedevo gli scritti del mio migliore amico e li ritenevo di altissima fattura da me irraggiungibile; poi un giorno, durante una lezione di latino su Petronio, ho scritto la mia prima poesia su un pezzetto di carta:

«Come il Satyricon / sei tanto eterna / quanto / insufficiente».

Da lì non ho più smesso.
Ezra Pound disse: Non usate alcuna parola superflua, alcun aggettivo che non riveli qualcosa. Cosa ne pensi? Qual è la tua idea di superfluo in poesia?
Concordo con la poetica e il pensiero della Pound. Il superfluo non fa parte della mia scrittura ma può, farne parte: dipende ovviamente dallo stile di scrittura. Non lo prediligo ma non lo disprezzo neppure. La poesia è qualcosa di altissimo, un’arte eccelsa, che con parole semplici e dirette, a mio avviso, deve arrivare alla gente; scossando l’anima, curandola dalla troppa superficialità che già si vede e sente in giro e che ci colpisce ogni giorno.
Il superfluo, per definizione, é qualcosa di cui possiamo fare a meno: io prediligo un tipo di scrittura più diretto e senza fronzoli, ma apprezzo anche gli stili di scrittura più articolati e “barocchi”.
C’è una silloge che consiglieresti ai nostri lettori? O un poeta che vorresti consigliare?
Una silloge che consiglio ad ogni lettore é Cento poesie d’amore a Ladyhawke di Michele Mari. È la prima e unica raccolta scritta da un autore che predilige la narrativa; ma che è, e non mi sbilancio a dirlo, un autentico capolavoro. Una sintesi tra amore platonico e incondizionato e la volontà di non voler interrompere questa meravigliosa aura ideale ma che tratta di un vissuto, che si è creata intorno ad esso. Parole dirette, efficaci, che ti piombano addosso e ti cambiano la vita. Questa raccolta ha cambiato la mia di vita, e la mia scrittura. Posso considerare Michele Mari la mia più grande influenza letteraria. Sono tante le poesie che amo di questa raccolta ma dovendone scegliere una in particolare scelgo questo ermetico capolavoro:
«Tertium dabatur / e sarebbe stato vivere /sfiorandoci».
C’è una poesia che senti tua più delle altre?
Sono tanto le poesie che sento mie, ovviamente ogniqualvolta mi emoziono lo faccio perché quella poesia provoca in me un sentimento di appartenenza.
Una poesia che mi ha sempre colpito è “I lamenti di un Icaro” di Charles Baudelaire. Specificatamente I due versi “…Quanto a me, ho le braccia a pezzi/ a forza di abbracciare le nuvole.
Questi due versi mi trasmettono un sentimento di bontà incondizionata che però porta danni e delusioni. Le nuvole le vedo come qualcosa di buono, di sincero, pulito, puro; qualcosa di soffice, di innocuo, che però a lungo andare porta una distruzione fisica (ho le braccia a pezzi) e mentale. Credo che Baudelaire in questi due versi abbia descritto parte fondamentale della mia adolescenza e della mia crescita; e gliene sono umilmente grato.
Cos’è per te la poesia?
La poesia per me è un mezzo che mi permette di esprimermi liberamente, regala al mio io più puro una voce, e una penna. Definirla un mezzo però è, probabilmente, riduttivo. Poesia è tutto ciò che turba l’anima, le da attenzioni, la fa sentire importante, capita, mai sola. Poesia è tutto ciò che fa innamorare l’anima. Anima che a volte, si sente inadatta, inespresse, sola; tanto da voler scappare via :” Brivido/ è la tua anima/ che si ribella/ forse in attesa di essere salvata/“. Questa è una poesia tratta dalla mia prima raccolta di poesie Come le onde del mare e credo che descriva in maniera ottimale ciò che penso. La nostra anima si sente nervosa, sola, inadatta: ed è solo la poesia che riesce, con il suo meraviglioso fascino e la sue grandi capacità uditorie, a salvarla. Senza la poesia nel mondo saremmo, probabilmente, tutti un po’ meno umani.
Ecco alcune sue poesie:

Incubo

Confusionari pensieri onirici;
scene contorte, simboli biblici.
Mi sveglio da quest’incubo folle e senza senso,
cerco nel sonno te tra il fumo dell’incenso.
E nell’entropia e nel caos più totale
ti trovo a stento, e spero in un lieto finale.
Ma poi vengo catapultato giù nel buio più nero
e penso allora che non eri tu, il mio amore vero.

A volte penso

A volte penso

come ora lo sto pensando
proprio ora
in questo momento
in questo anno
in questo pianeta inquinato
in questo sistema solare indefinito
che ti avrei portato all’altare
chiesto la mano a tuo padre
che avrei voluto convolare a nozze
proprio con te
eh sì, proprio con te che non pensavi ti amassi
a volte ci penso
che avrei voluto una vita con te
due figli
una casa
un sistema antifurto
un conto condiviso
anche se poi penso
a tutte le tue
borse maglie vestiti collane mutande
e penso che un conto condiviso
lo avrei voluto lo stesso

a volte penso
che
sí è vero io non so amare
e
sì è vero tu non sai amare
ma io ci avevo provato
avevo seguito la striscia d’orientamento
lasciata a terra dal mio cuore
quando si perse nella selva
scura, quella dantesca
da solo senza
cibo acqua vino vestiti birra
io avevo seguito quella striscia d’orientamento
quella che si fa quando ci si perde
per ricordare dove si deve tornare
io l’avevo seguita
e mi aveva portato a te

E forse è per questo
che nulla sarà più come prima
che le case non saranno più gialle
e i tetti a capanna blu
la birra rossa ghiacciata
la lasagna calda bollente
le mutande rosa di pizzo
e i maglioni scollati grigio melange
che non saranno più gli stessi occhi
ad appannarmi la vista
e che non saranno più le stesse lacrime
a completare le mie
che io ci provo ci provo
ma non riesco più ad amare
non riesco a donarmi nemmeno un poco
senza fingere di farlo
come una puttana usata
finge palesemente un orgasmo
e non voglio credere alla possibilità
no, non ci voglio proprio pensare
che questa sia la condanna
regalatami dal Sommo
per non averti amato abbastanza

A volte,
penso.

Incapacità

Ci lasciamo
e ci prendiamo
ci lasciamo
e ci prendiamo

ma io non sono mai stato bravo a giocare con gli yo-yo.

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Per partecipare scrivici alla mail laltrovepoet@outlook.it

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