Muri di Versi 2017
Torna a Bologna, dal 20 al 21 maggio, Muri Di Versi.
Si tratta del Festival di poesia di strada che da due anni a questa parte anima le strade del capoluogo emiliano.
Il progetto nasce da un’idea di Anita Bianco e Francesca D’Agnano e prende vita grazie al supporto di Luigi Nardacchione e dei residenti della Social Street di via Fondazza, prima Social Street in Italia e nel mondo.
Infatti, dal 2015, via Fondazza si trasforma nel cuore poetico pulsante della città. E così che si forma una lunga galleria di versi in esposizione. Centinaia le poesie stampate su fogli e appese con le mollette dei panni e centinaia i volontari tra famiglie residenti in quelle zone, giovani e anziani che credono nella poesia e nella sua eccezionale capacità di unire le persone. Sì, perché Muri di Versi è soprattutto un validissimo esempio di come la poesia abbia in sé una visione autentica di socialità, di voglia di stare insieme. Per questo tutti gli interventi saranno gratuiti e saranno previsti inoltre spazi con fogli e pennarelli dedicati ai passanti e a chi vuole lasciare una propria impressione, un commento o il proprio verso preferito.
In più, quest’anno c’è un’importantissima novità: l’allestimento di un angolo dedicato alle poesie dei detenuti-partecipanti al corso di poesia e scrittura del carcere di massima sicurezza Opera di Milano.
Ma non solo poesia, spazio anche alla musica, alla danza, al teatro, alle performance, alla fotografia, alla pittura, all’arte e alle installazioni.
Abbiamo fatto alcune domande ad Anita Bianco e Francesca D’Agnano, le quali ci hanno gentilmente risposto.
Anzitutto vogliamo ringraziarvi. Come nasce Muri di Versi?
Muri di Versi nasce a Bologna, nel 2015, dall’incontro felice di persone, associazioni,
gruppi informali, realtà culturali, cittadini, studenti e tanti (tanti) giovani volontari che
credono nella bellezza della “socialità poetica”. Il progetto prende vita dall’intuizione di due pugliesi amanti della poesia, Anita Bianco e Francesca D’Agnano, e cresce grazie al supporto di Luigi Nardacchione e dei residenti della prima Social Street italiana,
quella di via Fondazza a Bologna.
Cosa si crea dall’unione tra poesia e pubblico?
Muri di versi propone, ogni anno, nuove maniere di sperimentazione della socialità
attraverso l’impiego di varie forme di espressione artistica (installazioni, musica e
cantautorato, reading e performance, pittura e proiezioni). La speranza è quella di un esito felice per tutti (organizzatori, artisti partecipanti, volontari, residenti della Social Street e cittadini), la necessità sociale è quella di ritrovare, in strada, la bellezza della condivisione, prima umana, poi poetica (e non solo).
In questi tre anni le aspettative sono state superate: da una parte i volontari e gli artisti (poeti – performer – pittori e illustratori – musicisti) si sono incontrati e apprezzati vicendevolmente dando vita a collaborazioni e progetti comuni; dall’altra i residenti hanno accolto l’estemporanea poetica con entusiasmo e curiosità considerando Muri di Versi una possibilità di crescita sociale, culturale e personale.
La strada è ancora posto in cui è possibile uno scambio poetico?
La strada, oggi come tre anni fa, ci sembra il luogo adatto allo scambio poetico perché
permette ai cittadini, ai passanti e a noi stessi, organizzatori e volontari, di confrontarci col verso senza pretesa alcuna se non quella della condivisione e dell’emozione. La strada ci permette di cambiare con essa, di vivere Muri Di Versi non solo come un festival di poesia, ma anche e soprattutto come un esperimento culturale e partecipativo in continua evoluzione perché, come ha scritto qualcuno in versi, “mai la felicità è il traguardo in fondo alla strada già fissato: è la strada stessa, il modo di passare ad essa sopra. E saperne godere il panorama e le mille opportunità di svolta” [B.
D’Agnano].
Ci stupisce il fatto che saranno presenti circa cento volontari proprio per dare una mano nella realizzazione del Festival.
Il numero dei volontari che partecipano al progetto stupisce sempre tutti!
La grande forza di Muri di Versi è nel viversi e nel raccontarsi non solo come festival di poesia di strada, ma soprattutto come festival di comunità: fatto dalla gente e per la gente. Anche quest’anno il numero dei volontari è altissimo: il gruppo è costituito da tantissimi giovani ragazzi (poeti e collettivi poetici, musicisti, artisti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, fotografi, artigiani, attori, organizzatori, volontari) e dal gruppo
dei residenti di via Fondazza – Social Street.
L’innovazione è una vostra peculiarità. Quanto è importante innovare in poesia?
L’innovazione che riconoscete al festival Muri Di Versi non è, per noi, da applicare alla poesia in sé, intesa come componimento in versi, ma alla maniera di approcciarsi ad essa. La poesia è innovativa di suo perché è della gente! Che piaccia o no, che rispetti i canoni o dialoghi con i grandi maestri del passato, che sia orale o scritta, solo letta ad alta voce o performata, clandestina o esibita, il suo valore è nel pubblico che la legge (rivendicando il diritto di dimenticarla) e, ancora, nella sua capacità di essereevocativa, cioè di riuscire a “chiamare fuori” un’immagine. La vera innovazione, socialee culturale, è nel ritrovarsi tutti (compresi noi stessi organizzatori e volontari) per strada a leggere poesia, ad emozionarsi, a fare pensieri prima d’allora mai pensati e soprattutto a farlo con gli altri.
Da dove arriva questa spinta creativa?
La spinta creativa del festival è figlia di un incontro casuale tra due studentesse della facoltà di italianistica dell’università di Bologna, del sostegno sempre forte del co-fondatore della Social Street di Fondazza e dalla volontà di riempire nuovi giorni e
Muri di Versi.
Ci sarà spazio per le “Poesie dal carcere”. Parlateci di questa esperienza.
Il progetto POESIA DAL CARCERE nasce quest’anno dalla volontà di provare ad abbattere il Muro, per davvero e ribadire il potere inclusivo della poesia. Lungo la&galleria a cielo aperto di via Fondazza ci sarà un allestimento di 100 poesie compostedai detenuti partecipanti al Laboratorio di scrittura e lettura creativa della Casa di reclusione di Milano-Opera da Alberto Figliolia e Silvana Ceruti.