Festival Internazionale di Poesia di Milano
Torna a Milano il 13 e il 14 maggio il Festival Internazionale di Poesia.
L’evento, giunto alla seconda edizione, si muove sulle orme lasciate l’anno precedente. Dalle ore 10.00 alle ore 24.00 presso il MUDEC – Museo delle Culture (Via Tortona 56), con ingresso gratuito, potrete immergervi nella poesia e in tutte le sue forme. Performance, reading, incontri e spettacoli di danza daranno vita ad un viaggio emozionante tra le arti.
In una città multiculturale come Milano, la poesia riuscirà a legare ogni uomo. Un Festival che si preannuncia per tutti, senza esclusioni e senza particolarità. Perché la poesia è nata proprio per questo: essere un ponte tra culture, tra genti; essere un linguaggio comprensibile a tutti. È arte universale, la poesia.
Tema di quest’anno lo Sguardo di donna, da sempre sottovalutato ma unico capace di cogliere anche i piccoli dettagli. All’interno della rassegna ci sarà spazio anche per tutti coloro che vorranno dire la propria o leggere una propria composizione. Ed ancora dialoghi tra poeti e pittori, Slam, laboratori per bambini, maratone poetiche. Particolare attenzione sarà posta verso la nostra lingua, l’italiano. Per finire la consegna del Premio Poesia città di Milano.
Il programma completo dei due giorni QUI
Abbiamo fatto alcune domande a Cristiana Zamparo, organizzatrice del Festival, la quale ci ha gentilmente risposto.
Anzitutto la ringraziamo. Come nasce il Festival Internazionale di Poesia di Milano?
Il FIPM è nato dalla sua stessa volontà di nascere, nello stesso modo in cui è nato, sei anni fa, il Festival della Letteratura di Milano.
Dalla volontà di riscoprire, dentro il nostro mondo, un altro Mondo, questa volta con la maiuscola. Riscoprirlo e dargli voce attraverso una serie di manifestazioni che hanno cominciato a susseguirsi negli anni, raggiungendo un numero di eventi veramente alto, circa 1500.
Con il Festival Internazionale di Poesia è stato lo stesso.
È nato dalla sua stessa volontà di nascere, ma anche dal nostro sforzo, dalla caparbietà di chi, come è successo per il Festival della Letteratura, non si è mai arreso davanti agli ostacoli.
È nato anche dalla nostra quasi necessità di occuparci di più della Poesia che è la Cenerentola del mondo editoriale ma, nello stesso tempo, uno dei linguaggi più vitali che ci siano.
La Poesia vive nonostante tutto, malgrado tutto, malgrado la poca visibilità degli stessi poeti. E abita in tutti i linguaggi che ci circondano, li conforma, li plasma, ci si fonde. È per questo che il nostro Festival di Poesia ne è una commistione. Poesia in forma di Arte, Musica, Danza, Scienza…
Queste le parole del Direttore Artistico, Milton Fernández, alle soglie del prossimo evento. Le prendo il prestito perché mi sembra rispondano perfettamente alla domanda.
“Circa un anno fa, ruga più ruga meno, nacque l’idea di un Festival Internazionale di Poesia a Milano. Una di quelle tentazioni alle quale uno cerca in principio di resistere, sapendo dall’inizio del gioco che finirà per cascarci dentro con tutto il corpo e, soprattutto, l’anima. Il perché ci troviamo, oggi, alle prese con un’impresa a dir poco titanica, appare come il più banale dei quesiti. Forse la risposta sta proprio lì, a portata di sguardo, ma rintracciarla vorrebbe dire avere a che fare con una successiva, e un’altra… e così via, a esaurimento scorte. Diciamo allora (questo almeno è il mio personalissimo alibi), che creare un evento del genere, oggi, a Milano, è il nostro personale modo di stare al mondo. Creando, persino quando tutto sembra protendere al disincanto; reinventandoci una realtà che spesso sentiamo stretta.
È fonderci in un abbraccio intimo e collettivo con l’infinità di mondi che compongono il nostro quotidiano divenire, che alle volte guardiamo senza vedere, immaginandoli, senza il coraggio di allungare la mano e constatare che sono proprio lì, alla portata di un respiro, uno sguardo, una parola più o meno accennata.
Poeti, scrittori, artisti, musicisti, video-maker di 38 diverse nazionalità compongono questo miracolo che aprirà le porte, puntuale, sabato 13 maggio, alle 10 del mattino al Mudec (Museo delle Culture).
Lì, quella domanda dell’inizio smetterà di avere un senso (ammesso che mai lo abbia avuto). Forse troverà in quell’incontro, quelle presenze, quelle voci… il perché di un qualcosa che nasce dalla sua propria vocazione di esserci: la sua caparbia, irrinunciabile, volontà di vita.
Ci sarà poi il resto dell’anno per continuare a parlare di quello che sta già accadendo. Quegli incontri, quei temi, quelle voci, quei diversi modi di ascoltare e di sentire.
“La pelle è di chi la fa rabbrividire”, diceva una scritta trovata un giorno su un muro, a Cartagena de Indias.
Io ne sono sempre più convinto.
Sarà un bellissimo viaggio, potete scommetterci.
Venite con noi?”
Questa edizione del Festival sarà dedicata allo “Sguardo di donna”, come mai questa scelta?
Perché siamo convinti che lo sguardo della donna, delle donne, che troppo spesso è passato nella storia in secondo piano, esprima una qualità del sentire speciale, irrinunciabile, senza la quale non sarebbe concepibile l’esistenza.
Inoltre, parlare di sguardo della donna è un modo per portare alla luce una serie di violenze che continuano a essere di scottante attualità. Saranno molti gli eventi organizzati su questi temi, ma mi preme parlare di uno in particolare, un’insurrezione poetica dedicata alle “Niñas de Guatemala”, le bambine morte lo scorso 8 Marzo in un incendio scoppiato in condizioni ancora poco chiare (o rese tali) nella Casa Hogar Virgen de la Asunción, nei pressi della capitale del Guatemala, nella casa d’accoglienza che doveva tutelarle. È un fatto che i maggiori mezzi d’informazione si sono “dimenticati” di raccontare. Ecco, lo faremo noi, a nostro modo. La Poesia è la nostra arma contro “gli sguardi distratti”, la “disinformazione”, contro chi nella vita resta in superficie, e lì rimane, miope e senza spina dorsale. “La nostra arma carica di futuro” come ama ricordare il nostro Direttore Artistico, citando a sua volta Gabriel Celaya.
Spazio anche alla nostra lingua, l’italiano, lingua che dovrebbe essere riscoperta?
L’associazione fra l’italiano e la bellezza ricorre da secoli, in tutto il mondo. Perlomeno in quel mondo un giorno lambito dalla bellezza. È la lingua in cui si è da sempre tradotta la magia del creato, quella dell’assenza e del ritorno, dell’amore e del disamore, del coraggio e della pena. La sostanza di cui sono fatti i sogni, per milioni di migranti costretti a lasciare la propria terra, in qualsiasi epoca, verso tutte le latitudini. Alla quale s’afferrano, come a una scialuppa che un giorno li riporterà a casa.
Nei secoli è stata definita melodiosa, soffice, dolce, elegante, gentile, piacevole, graziosa, musicale, seducente. Eppure, da parecchio tempo, una sorta di diffusa incuria verso un bene comune irrinunciabile ha portato diverse realtà culturali a lanciare un appello per la sua salvaguardia.
Siamo in una città che ne contiene mille altre, una Città Mondo, che parla molte lingue e si arricchisce di queste e di cultura, in uno scambio positivo, valorizzante e infatti è anche su questo che puntiamo nel nostro Festival, sulla presenza di voci internazionali con molti eventi in lingua madre.
Ma siamo anche nella città di Book City, di Piano City, in cui il cibo (invidiato da tutto il mondo) si deve chiamare food anche se poi è DOP o DOC, in altre parole apprezzato proprio per la provenienza da un determinato territorio. Quindi, pur avendo tra le mani un gioiello che Thomas Mann definiva “la lingua degli angeli”, ci serviamo di un’altra lingua per sembrare più… internazionali?
Cosa vi aspettate da questa edizione del Festival?
Il Festival sarà una vetrina delle cose più interessanti che si respirano in città, in Italia e nel Mondo… almeno quello che siamo riusciti a raggiungere.
Ci aspettiamo quindi di poter ascoltare voci e suoni diversi, giovani, vivi, di poter vivere la Poesia in tutti i suoi aspetti e di farlo in tanti. Di poter danzare al ritmo di parole sconosciute che nonostante questo riescano a farci rabbrividire.
Ecco, ci aspettiamo di scambiarci tanta pelle e di farla rabbrividire, per farla diventare di tutti e non di uno, come la Poesia secondo il poeta argentino Juan Gelman, che è di tutti come la terra, sole, l’amore, l’aria, la morte… e la vita/ che non ha padrone conosciuto.
Dalla prima edizione dello scorso anno è cambiato qualcosa?
È cambiato il numero degli eventi, che è raddoppiato, perché sono raddoppiate le giornate dedicate al Festival. Lo spirito, però, è lo stesso. Non è cambiata la nostra volontà di “diffondere Poesia, quindi bellezza” e, nello stesso tempo non è cambiato il nostro desiderio di agire sulla realtà per trasformarla. Perché, come diceva Eduardo Galeano, agire sulla realtà e trasformarla, anche in infima parte, è l’unica maniera di dimostrare che la realtà è trasformabile.
Nella serata finale ci sarà la consegna del Premio Poesia città di Milano. Ce ne può parlare.
Abbiamo pensato a questo Premio come a un concorso rivolto a chiunque abbia un rapporto “passionale” con la Lingua Italiana, ovunque sia nato, ovunque risieda, qualsiasi sia la sua storia. E sono arrivate opere da tutto il mondo. In particolare, l’abbiamo capito dai cognomi, abbiamo ricevuto proposte da molti “Italiani d’altrove”, quelle generazioni di emigrati che hanno voluto, caparbiamente, mantenere un legame con la propria lingua madre. Molti lavori validi che ci dimostrano quanto sia importante continuare a credere in quello che stiamo facendo. Il vincitore verrà proclamato a chiusura dei due giorni nell’Auditorium del Mudec e premiato con la pubblicazione da parte della casa editrice milanese Rayuela Edizioni e la diffusione su tutto il territorio nazionale e in diversi paesi esteri attraverso gli istituti di cultura italiana.
Dal programma possiamo notare la presenza di un impegno verso la tolleranza e il rispetto. Neruda diceva che la poesia è un atto di pace, quanto è vera questa affermazione nel periodo che stiamo vivendo oggi?
È quanto mai vera, al giorno d’oggi. La poesia con la caparbia vocazione di vita è quasi l’unica realtà che possiamo anteporre all’annientamento al quale siamo sottoposti giorno dopo giorno, annientamento della nostra capacità critica, della gestione ed espressione delle nostre sensazioni, del nostro modo di vedere e di guardare il mondo in cui viviamo, del tentativo di annullamento della parte più intima del nostro essere.
“Eccola lì, la Poesia, in piedi davanti alla morte”, diceva Juan Gelman. E noi aggiungiamo Eccola qua, la Poesia, in piedi dalla parte della vita.