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“La poesia cammina per le strade”, intervista ad Alessandra Racca 

La poesia tutto sommato è una cosa semplice. Essa ci accompagna, fa parte del nostro quotidiano, la troviamo ovunque. Eppure molti la pensano ancora come lontana anni luce da noi. 

Con questo presupposto, in Spagna, dall’1 marzo si è svolto un importante progetto poetico dal titolo La poesía anda por las calles, ovvero La poesia cammina per le strade. Esso è il risultato di una bella collaborazione tra il Seminario de Literatura Infantil y Juvenil di Guadalajara (Spagna), le Centre des Arts du Récit en Isère di Grenoble (Francia), il Museo Nacional de Arqueologia di Lisbona (Portogallo) e la Biblioteca civica di Cologno Monzese (Italia).

L’idea di base del progetto, finanziato dall’UE, era quella di unire poeti di diversa nazionalità e con le loro differenti caratteristiche affinché insieme creassero uno spettacolo poetico del tutto nuovo, amalgamando lingue, usi ed esperienze personali. Un progetto di aggregazione straordinario. I poeti partecipanti, Cristina Paiva, Giacommo Spica Capobianco, Jorge Serafim, Nathalie Thomas, Alexis Diaz-Pimienta, Estrella Ortiz e gli italiani Mario Bertasa ed Alessandra Racca, sono stati ospitati a Siguenza, un piccolo comune spagnolo e lì hanno convissuto per più di due settimane. Già dal titolo possiamo intuire che la poesia da loro proposta e messa in scena non è stata quella d’èlite che vuole ammaestrare, ma una poesia quotidiana, che fa riflettere e a contatto con noi. Lo spettacolo creato è stato presentato il 17 marzo al Teatro Auditorio Buero Vallejo di Guadalajara e ha riscosso un notevole successo. 

L’8 Aprile La poesia cammina per le strade andrà in scena a Cologno Monzese, presso il Cineteatro Peppino Impastato alle ore 20:30. 

Per l’occasione abbiamo fatto alcune domande ad Alessandra Racca così da capire meglio come si è svolto il progetto. 

Alessandra, anzitutto vogliamo ringraziarti. Sei stata coinvolta in un progetto europeo interessantissimo. Come si è svolto? Ce ne potresti parlare?


Il progetto nasce dalla sinergia di quattro biblioteche che hanno ottenuto dei fondi europei e coinvolto due artisti per ognuno di questi paesi: Italia, Francia, Spagna, Portogallo (insieme a me c’erano Mario Bertasa, Alexis Díaz Pimienta, Cristina Andante, Jorge Serafim,  Nathalie Thomas, Giacomo Spica Capobianco).
Per una quindicina di giorni, in Spagna, abbiamo lavorato nel bellissimo borgo di Siguenza con l’aiuto di Pépito Matéo, narratore francese e regista e Sarah Reis, portoghese, aiuto regista), alla creazione di uno spettacolo comune sul tema dei muri e della libertà di parola.
Ognuno di noi artisti coinvolti ha alcune caratteristiche: si occupa di poesia in generale e in particolare di poesia orale, lavora principalmente da solo, autodirigendosi, ha una sua specificità. Lo scopo era proprio quello di unire persone diverse, parlanti lingue diverse e far sì che dovessero superare le differenze lavorando insieme ad un progetto comune.
E così abbiamo fatto.
Abbiamo lavorato 8 ore al giorno per 20 giorni, ci siamo incontrati, scontrati, conosciuti, abbiamo vissuto in simbiosi, in un processo creativo costante e piuttosto entusiasmante.
Ne è venuto fuori uno spettacolo ricco e complesso, fatto di poesie, di lingue differenti, di ritmo, di sonorità e di differenze che sta facendo una replica in ognuno dei paesi coinvolti (l’8 Aprile saremo a Cologno Monzese, unica data italiana)

Il titolo del progetto è “La Poesia cammina per le strade”, è davvero così oggi?


Il titolo del progetto è ispirato a una frase di Lorca che disse appunto: La poesia è qualcosa che va per le strade. Che si muove, che passa al nostro fianco. (…) Per questo non concepisco la poesia come astrazione, ma come realmente esistente, che mi passa accanto.
Il discorso sulla poesia oggi è molto complesso, è chiaro che la poesia non viene percepita come un linguaggio “popolare”, tuttavia ci sono due cose a cui penso se rifletto sulla frase di Lorca e sul titolo del progetto.
La poesia è un linguaggio artistico con il quale l’essere umano da sempre rielabora e tramuta ciò che riguarda sé medesimo e la sua esperienza nel e del mondo. In questo senso la poesia non può che esistere nelle strade, qui, dove noi siamo.
Dall’altro lato, penso alle molte persone che agiscono affinché la poesia, pur nella sua eccezionalità, stia nelle strade, fra le persone, si occupano della divulgazione della poesia e soprattutto la “fanno” – e uso apposta questo verbo.

Sai se questo progetto si ripeterà in un prossimo futuro?


Sinceramente non lo so, credo che la volontà ci sia, ma molto dipenderà dai fondi. Ciò che so è che di questa esperienza verrà montato un documentario a cura di Ricardo Maciàn Arcas. Sarebbe poi bellissimo che si potessero fare altre repliche dello spettacolo oltre a quelle previste, so che si sta pensando anche a questo, ma chissà. 

Quanto è importante l’oralità nella poesia?


Anche questo è un discorso lungo e complesso da fare perché riguarda le origini della poesia e come si è evoluta ed è cambiata. A parte alcuni fenomeni, come la poesia improvvisata (alla quale nello spettacolo sono dedicati vari momenti, grazie alla presenza preziosissima di Alexìs Diaz Pimenta), parlare oggi di oralità in poesia implica per forza di cose la scrittura, dunque è necessario capire cosa intendiamo per “oralità” nel 2017. Al di là di queste analisi, nelle quali non mi addentrerò, comunque, rimane il fatto che la poesia contiene nel suo Dna un elemento ritmico e sonoro preponderante e che tutti i fenomeni (dalla lettura ad alta voce, alla recitazione, all’uso della poesia in teatro…) che portano la poesia fuori dalla pagina, la fanno esistere in forma di voce e suono, permettono di “sentire” la poesia, io credo, le diano rotondità, completezza e corpo.

Hai trascorso più di due settimane a contatto con poeti diversi e di diversa nazionalità, come ti sei trovata?

È stata un’esperienza creativa meravigliosa, complessa e anche difficile. Abbiamo lavorato tanto, davvero tanto. Ma è una delle cose più interessanti che io ho fatto, artisticamente e umanamente. Chi ha ideato questo progetto ha dato vita a qualcosa di molto complesso e interessante, sono felice che l’Unione Europea lo abbia finanziato. Io credo che permettere a un gruppo di lavoro tanto eterogeneo di lavorare insieme abbia piantato in ciascuno di noi dei semi che spero (e ne sono convinta) genereranno altro, in termini di riflessioni sui temi della diversità, di bagaglio artistico, di restituzione agli altri.

Cosa ricorderai di questa esperienza?

Molte, moltissime cose. Q
ualcosa di molto prezioso, che rigira nella mia mente, è la memoria sonora delle voci dei miei compagni di viaggio. Il loro ritmo di parlare, di dire i versi, la babele linguistica nella quale siamo stati immersi.
Ho dentro di me un tesoro di voci, un tesoro davvero prezioso che mi ha fatto pensare a quello che ognuno di noi ha. Siamo fatti anche di voci, ci pensate mai?

La poesia riesce ad essere linguaggio universale?


Bisognerebbe capire in che senso.
La poesia è chiaramente vincolata alla lingua nella quale è espressa. È in qualche modo intraducibile (anche se traducibile), molto più della prosa. In questo senso non è universale affatto. Tuttavia l’uomo ha usato questo strano linguaggio a tutte le latitudini ed epoche storiche, dunque sì, in questo senso è universale.

Noi de L’Altrove diamo la possibilità ai giovani poeti di pubblicare i loro versi nel nostro spazio. Cosa consiglieresti a questi scrittori emergenti?

Non sono brava nei consigli. Forse direi che se la poesia è qualcosa a cui tengono, allora il mio consiglio è di farne un giardino, uno spazio da curare, proteggere, da innaffiare, da dissodare, da seminare, nutrire (con il letame, con cose che sporchino, che siano vive), osservare, per vedere come si nutre di ciò che sta sopra e sotto, che vola, che arriva da chissà dove e che richiede un lavoro costante, paziente e anche faticoso. Direi di prendersi cura di questo spazio con curiosità e attenzione perché è uno spazio di libertà personale e di condivisione che ripaga con la sua stessa esistenza.

Infine vogliamo farvi leggere una poesia proprio di Alessandra Racca. 

Oh, per favore, smettetela
non parlate della poesia come se
come se dovesse
non parlatene così, come se lei non fosse qui
smettetela di portarla in carrozza
come se l’automobile non l’avessero inventata mai
negare che piscia e vomita
non fate finta, l’abbiamo vista tutti
anche ingrassare, darsi al primo che passava
rovinare le feste, carognare
essere insignificante, ridicola, goffa
e non mentite non è sempre stata gentile con voi
forse vi ha fatto fare una bella figura
sicuramente ingollerà spumante al buffet
accetterà assegni
e voi continuerete a trattarla così
come la prima della classe
come se non avesse più crolli e sorprese
come se nulla vi potesse accadere
e infatti nulla davvero vi accadrà
ma che sia maledetta
la vostra imbecillità

da Bastarde senza gloria (Edizioni Sartoria Utopia)


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