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Addio a Valentino Zeichen, poeta della provocazione | L’Altrove

Valentino Zeichen si è spento ieri all’età di settantotto anni.
Da sempre provocatore e pieno di contrasti, è stato uno dei poeti più rivoluzionari degli anni ’90.
Le sue poesie furono libere da ogni congettura, dal sentimentalismo. Di seguito ve ne facciamo leggere alcune.

La Poesia

Come un ricorrente duplicato di Big Bang
simula la nascita dell’universo
a sua differenza possibile figlia d’ignoti.
Ella ha madre sebbene svagata
espulsa in un baleno dall’ispirata origine e
subito estranea all’istantanea matrice creativa.
La poesia: annodate interiora.
Si dipana nella prosaicità della lingua
e lascia scorgere allettanti Aleph
dall’inafferrabile momentaneità
gli accostamenti accidentali
fra le lingue ancora brulicanti
l’apparentano agli invertebrati
i nodi vengono al pettine dello stile
e il poeta deve alla sua perizia di fisiologo
il taglio dei versi.
Senza offendere le sinapsi semantiche
riconduce a capo i misurati segmenti
comparabili agli esagrammi
delle divinazioni King.
Ogni volta che la mimesi creativa ricomincia
si ripropone il dilemma: il mondo
deve supporsi creato in versi
come ventilano le scritture oppure
si tratta di opera in prosa evoluzionistica?
Nel dubbio aporistico
applichiamo alla creazione
l’analisi stilistica.


Il Poeta

Presumibilmente,
sembro un poeta di alta rappresentanza
sebbene la mia insufficienza cardiaca
ha per virtù medica il libro «cuore».
Abito appena sopra il livello del mare
mentre la salute, la ricchezza, la purezza
e gli sport invernali
straziano oltre i mille metri.
Perciò mi ossigeno respirando l’aria
dei paradisi alpini
così arditamente fotografati
dagli scalatori sociali
nonostante la pericolosità dei dislivelli.


Saponette

Sguscianti saponette profumate,
guidate dalle mie mani,
insaponando il tuo nudo
schiumando piccole bolle d’aria,
che per equipaggio pilota
hanno “istanti” della bellezza in fuga.
Comparabili a tavolette di scriba
salvatesi nel naufragio dell’amore
dalle torbide acque del bagno.
Stanno in secca sul porta sapone,
con le diciture consunte;
le crepe che le corrugano
prefigurano quelle dei corpi.
Non oso manometterle,
come se mi vedessi osservato
dal custode d’un museo egizio,
ma vorrei lavarmi le mani.

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